Imprese vicentine e nuovi fabbisogni occupazionali
Domenica 13 Giugno 2010 alle 15:06 | 1 commenti
Assindustria Vicenza - Le aziende cercano personale competente, tecnico, organizzativo e commerciale, capace di esprimersi al 110 per cento. Non è il diploma o la laurea (e forse neanche un Master) a definire il talento che si sta cercando, ma una serie di competenze trasversali. Che in parole povere, secondo le aziende, appartengono alla persona capace, affidabile, scaltra e intelligente. E' quanto emerge dall'annuale indagine sui fabbisogni occupazionali delle imprese vicentine, realizzata dall'Associazione. Sono state 417 quest'anno le aziende che hanno risposto al sondaggio, un pianeta industriale che esprime quasi 27 mila dipendenti, per un totale di 514 posti di lavoro, suddivisi pressoché a metà tra impiegati e quadri (54 %) e mansioni operaie (46%).
"I risultati dell'indagine rispecchiano il quadro economico di una situazione di crisi, ma con alcuni tiepidi segnali di ripresa - sottolinea Giorgio Xoccato, consigliere delegato per le relazioni industriali -. Rispetto ai dati dell'anno scorso, si rileva che le nostre aziende ricercano più personale, quantitativamente e qualitativamente più specializzato. Già questo è un buon segnale per guardare oltre con moderato ottimismo. Significa che le eccellenze aziendali, cioè quelle più strutturate, hanno la capacità di competere e vedono vicina la strada della ripresa; investono in conoscenza, da qui la loro ricerca di personale qualificato. In un anno tribolato come questo, molte aziende stanno uscendo allo scoperto con la loro qualità produttiva. Ci sono realtà industriali che stanno facendo orari straordinari per sostenere gli ordinativi. Significa che il loro know how è valido e competitivo, ed è questa la strada che le nostre Pmi devono percorrere».
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Le "eccellenze aziendali" sono sempre state trainanti e sostanzialmente "prive di crisi". Analoga mancanza di crisi l'ha avuta il personale dotato di grande competenza, anche se magari non particolarmente supportato da titoli di studio blasonati. Il know-how ha sempre "pagato" e non c'e' mai stata inflazione di questo ingrediente essenziale.
Il forte distacco tra il mondo della formazione e le aziende, gia' da molto tempo impedisce una associazione "forte" tra titolo di studio "blasonato" ed effettiva "eccellenza" e competenza del personale.
Inoltre mediamente l'azienda preferisce risparmiare reperendo personale giovane (quindi privo per forza di cose di esperienze) piuttosto che acquisire risorse con una certa esperienza e visibilita'.
Oggi il mercato, con la crisi profonda che sta attraversando, ha semplicemente messo sotto i riflettori il fatto che per restare vivi non e' sufficiente cercare semplicemente di "far quadrare i conti" ma che si deve per forza di cose "eccellere" rispetto ai tanti concorrenti, nella speranza di emergere nella mischia...
La sfida e' quindi tutta nella revisione consistente delle logiche aziendali e dei meccanismi produttivi.
La "vecchia europa" non puo' piu' pensare di confrontarsi con il mercato globale (e sperare di vincere) senza investire nelle risorse umane. L'ultima delle nazioni emergenti, infatti, ha gia' dalla sua un livello di costi e di flessibilita' incomparabilmente migliori della nostra.
Pertanto si deve puntare sulla qualita', sull'eccellenza, sulla creativita', sul know-how.
Nulla di tutto questo e' affrontabile da parte delle aziende senza investimenti massivi nelle persone e nella loro professionalita.
Ecco perche' in questo momento di crisi e' importante che da una parte le aziende ragionino guardando al futuro ed investendo nei "punti giusti" ma che dall'altra anche la scuola sia il piu' "contigua" possibile rispetto alle necessita' del mondo del lavoro e alla creazione di eccellenze e know-how. Ecco perche' in questo momento non c'e' nulla di piu' sbagliato che ragionare in termini prioritari al contenimento dei costi rinunciando all'innovazione. Ecco perche' non c'e' nulla di piu' sbagliato oggi che "mettere al palo" con tagli drastici le capacita' produttive della scuola pubblica. Ecco perche' oggi invece che agevolare solo sterili "rottamazioni" di beni immobili, si dovrebbe agevolare i percorsi aziendali di miglioramento del know-how e delle risorse.