Dopo il caso Boscolo Hotel con le "solite" BPVi e Veneto Banca ecco quello Stefanel con altre banche vigilate da "solita" Banca d'Italia: stop al comodo "tana di due, libera gli altri!"
Martedi 18 Aprile 2017 alle 08:30 | 0 commenti
Pubblicato il 16 aprile, aggiornato il 18 alle 8.30. Gli alberghi della catena padovana Boscolo Hotel, ma non il suo marchio, diventeranno di proprietà del fondo internazionale Varde che il brand Boscolo lo userà in franchising, grazie a un'operazione, assistita da Mediobanca, che consente alla famiglia Boscolo di riscuotere 150 milioni di euro dopo che Varde aveva affrontato nei mesi scorsi anche l'acquisto del debito di Boscolo con Unicredit e Banco Popolare, due delle banche verso cui il gruppo era esposto pagandolo 210 milioni su 240 nominali. Tra le banche c'erano (ci sono?) anche Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca (l'abbiamo scritto recentemente qui per BPVi e in passato anche per Veneto Banca), a cui erano state date in pegno dai Boscolo tutte le proprie azioni e che speriamo siano rientrate almeno in parte dell'esposizione.
Una storia già vista e addirittura spesso con finali peggiori per i crediti, direte? Sì, ma anche no.
Dopo tante peripezie, infatti, anche uno degli storici grandi marchi del nord-est, Stefanel, che fu la locomotiva d'Italia, sembra, alla fine, avercela fatta.
Anche qui i fondi d'investimento (in questo caso Attestor Capital e Oxy Capital), con il sostegno delle banche creditrici che hanno trasformato parte dei propri crediti in capitale e che hanno inoltre concesso nuove linee di credito per la gestione, si apprestano a prendere il comando dell'azienda con un nuovo piano di rilancio.Â
Giuseppe Stefanel, leader storico dell'omonimo gruppo, manterrà la presidenza, che però, sembra, sarà solo di rappresentanza. Un grosso sforzo per il salvataggio è stato fatto dalle maggiori banche creditrici, ovvero Intesa, Montepaschi, Unicredit e la "francese" BNL ma questa volta non figurano tra le banche più esposte né Banca Popolare di Vicenza né Veneto Banca.
Eppure ci saremmo aspettati di trovarle anche questa volta tra i creditori più significativi visto che l'accusa per loro più frequente è quella di aver erogato credito soltanto agli "amici degli amici". Dobbiamo dedurre che Stefanel non avesse alcuna relazione né con Gianni Zonin né con Vincenzo Consoli?
Eppure ci risulta che Zonin sia stato più volte ospite nella tenuta di caccia di Stefanel. Evidentemente l'ex Presidente della Banca Popolare di Vicenza, almeno in questo caso, ha saputo tenere ben distinto il rapporto amicale dal rapporto di lavoro. Così sembra aver fatto anche Consoli che, fra l'altro, fu invitato anche al matrimonio della figlia del patron Stefanel.
Questo è un caso che, come altri casi, e possiamo ben dirlo noi dopo aver riferito nel passato anche di Boscolo e dopo che dal 2010 abbiamo denunciato da soli le deviazioni, quando c'erano, delle due ex Popolari (cfr. "Vicenza. La città sbancata"), smentisce la semplicistica teoria che abbiano condizionato le modalità e quindi la qualità del credito erogato solo le relazioni territoriali e amicali.
Tipiche della "natura" dalle Popolari, le prime, se ben valutate, e più delicate da gestire con equità , le seconde, anche se vorremmo trovare uno solo tra i maggiori manager delle grandi banche (oggi impropriamente definiti banchieri) che con gli Istituti diretti non abbia finanziato amici, imprenditori o Ad o direttori generali che siano, di aziende pubbliche o private.
È giusto, allora, ricordare che lo stock degli NPL in Italia tocca i 350 miliardi di euro (in Europa supera i 1.000 miliardi di euro) e non è certo uno stock creato da Banca Popolare di Vicenza, da Veneto Banca e dalle banche di territorio ma è uno stock che è drammaticamente presente nei bilanci di tutto il sistema bancario italiano ed europeo proprio come conseguenza della lunga e profonda crisi che ha colpito - dal 2007 - l'economia reale e che dall'economia reale si è "trasferita" al sistema bancario tutto. Allora non crediamo si possa parlare semplicisticamente di "colpe relazionali/amicali" ma piuttosto di scarsa visione strategica a tutti i livelli, di una incapacità di "interpretazione", politica e tecnica, della crisi e delle ferite che questa avrebbe e poi ha inferto al tessuto produttivo italiano, di una incapacità di intervento immediato, efficace che evitasse l'incancrenirsi degli NPL.
Se, poi, tra quei 350 miliardi ce ne sono di imputabili a mala gestio, e ce ne sono, e di inadeguati controlli da parte degli organismi centrali di vigilanza, e ce sono eccome, bene, anzi male, si perseguano i responsabili, piccoli e grandi, ma non si faccia di tutt'erba un fascio.
Incentrare sulla mala gestio locale l'attenzione dei cittadini e dei soci danneggiati è un gioco che fa "tana libera tutti" e libera anche Banca d'Italia, il poliziotto che non ha vigilato né punito per tempo e che oggi non può cavarsela col non aver capito quello che succedeva.
Se il non capire sia stato tecnico o doloso non lo sappiamo, ma una condanna certa da emettere è quella contro chi non ha saputo, male, o non ha voluto, peggio, controllare efficacemnte e tempestivamente le anomalie (oggi è Pasqua e siamo buoni con le terminologie) l'altro ieri di Etruria & c., ieri dei presidenti delle due ex Popolari Venete, oggi e domani di chi altro non si sa anche se lo si può immaginare.
Ad oggi Gianni Zonin, sia pure da sempre a piede libero e senza beni sequestrati, con altri 31 tra membri del Cda, sindaci e dirigenti è al centro di un'azione di responsabilità da parte della BPVi per circa 2 miliardi di euro e il ben più "tartassato" Vincenzo Consoli, sottoposto agli arresti domiciliari, al divieto di espatrio e a un sequestro cautelare milionario, ancora non sappiamo di quali importi di danno lo accusi la banca di Montebelluna, delegata a intraprendere l'azione di responsabilità dalla sua assemblea ben prima di quando poi la decise l'omologa assise di Vicenza.
Ma valutati gli 11 miliardi dei possibili danni "diretti" dei vertici delle due banche (il valore finale delle loro azioni) e gestiti i circa 20 miliardi di NPL di BPVi e Veneto Banca, rimane da capire il perché dei molti più miliardi persi in Borsa dalle altre nostre banche e a cosa si devono gli altri 330 miliardi di NPL presenti nei conti del sistema.
Il perché è nella crisi o nella cattiva gestione o in una combinazione variabile dei due fattori?
Lo si dica, caso per caso, e si intervenga con azioni di risanamento, ove possibili, o di individuazione e punizione delle responsabilità interne alle banche o in capo al "sistema" o si attivi il giusto mix delle due azioni.
Se, quindi, Zonin e Consoli sono colpevoli in tutto o in parte, non si perda altro tempo in schermaglie e/o in azioni che fanno supporre pesi diversi e, soprattutto, "depistaggi" per colpire chi è scomodo per il sistema e salvare localmente gli amici e ai vertici nazionali gli "amici degli amici".
Stefanel, se si guardano i finanziamenti ricevuti dai vertici di Intesa, Montepaschi, Unicredit e BNL e non erogati da Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, non è stato, finanziariamente, né amico né amico degli amici di Zonin e Consoli.
Ma chi erano, e sono, gli amici di Zonin e i nemici di Consoli? Su queste pagine ci è sempre venuto il dubbio che fossero gli uomini di Banca d'Italia.
Lo sono? Non lo sono?
Ce lo dicano fatti documentati e un'indagine seria ma non mediatica, basata su veline pro o contro qualcuno, come par di capire dall'orientamento sistematico di certi media, che sembrano allineati con Ignazio Visco e Carmelo Barbagallo.
Ce lo dica, ad esempio, una seria e non dilatoria Commissione di indagine sulle banche, già approvata dal Senato e in attesa del via libera dalla Camera, prima che ce lo dicano gli organi, magari interessati, della BCE e della UE a trazione germanica.
Ma ce lo dica qualcuno credibile altrimenti oggi possiamo mettere tappi provvisori su buchi bancari e responsabilità locali, ma questi tappi, se non accompagnati da una pulizia radicale del sistema a partire dai suoi vertici fin da novembre 2017, quando si andrà al rinnovo delle carche in Bankitalia, rinvieranno solo e moltiplicheranno a dismisura i danni nazionali per poi rendere le nostre residue banche un facile boccone di interessi extranazionali replicando il film già visto delle maggiori ex aziende italiane.
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