I primi 40 anni dello Statuto dei Lavoratori
Venerdi 21 Maggio 2010 alle 02:09 | 0 commenti
Ciro Asproso, Sel - 40 anni fa l'Italia era percorsa da forti sommovimenti politico-sociali e nel pieno di una crisi economica gravissima: i moti studenteschi del '68, l'autunno caldo del '69, la "strategia della tensione", originata dalle stragi alla Banca Nazionale dell'Agricoltura e di Piazza Fontana.
Le condizioni di vita degli operai, molti dei quali emigranti che vivevamo nei ghetti dell'hinterland torinese o di Milano, erano drammatiche e intollerabili. Nelle fabbriche non esisteva libertà di parola, minacce e vessazioni erano all'ordine del giorno, il licenziamento poteva colpire senza giustificato motivo.
La legge 300 del 20 maggio 1970: "Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento", rappresentò una delle più grandi conquiste del nostro Paese e determinò un cambiamento epocale.
Per la prima volta, i diritti civili sanciti dalla Costituzione repubblicana, vennero riconosciuti e applicati anche all'interno delle fabbriche o nelle proprietà terriere.
In quegli anni, il costo della vita raggiunse livelli insostenibili, ma i durissimi scontri sindacali e la sorprendente unità della base operaia, fecero sì che le rivendicazioni non fossero confinate ai soli aumenti salariali. Casa, Scuola, Salute, Fiscalità , questi i temi al centro della lotta operaia, che divennero oggetto di una grande stagione di riforme economiche e sociali.
Celebrare i 40 anni dello Statuto dei diritti dei lavoratori, significa innanzitutto, riconoscerne la grande attualità e l'implicito valore politico, ma esprime anche un'esigenza di autodifesa, dagli attacchi sempre più manifesti dei fautori della controriforma.
Il progetto del Governo, di passare dallo Statuto dei lavoratori ad un più edulcorato "Statuto dei Lavori", basato essenzialmente sulla frammentazione contrattuale, sulla precarietà lavorativa, sul licenziamento facile e - per usare le parole del ministro Sacconi - su "lavoratori umili" - sempre più assoggettati alle esigenze del padronato - è la dimostrazione più evidente di quali minacce si prospettino per gli anni a venire.
Certo, le norme vanno rinnovate ed adeguate ai mutamenti sopravvenuti. Già ora, oltre il 40% dei lavoratori dipendenti non rientra nel novero delle tutele previste dallo "Statuto", ma questo non può giustificare un'ulteriore compressione dei diritti, oltretutto, attuata in maniera unilaterale e in conflitto con le parti sociali, come vorrebbe il Governo.
Proprio in questi giorni si è tornati a discutere di arbitrato nella risoluzione delle controversie di lavoro, dopo che il Presidente Napolitano aveva rinviato alle Camere il DDL in materia, a causa delle pesanti modifiche apportate a parti fondamentali della Legge 300.
Il traguardo raggiunto in quel 20 maggio del 1970, lungi dall'essere casuale, fu il frutto di anni di lotte, di enormi sacrifici e di morti ammazzati, ma anche di una ritrovata unità sindacale e di una cospicua presenza della Sinistra nel Paese. Oggi, tutto viene rimesso in discussione, anche a causa dell'inconsistenza dei Partiti di Sinistra, oltre che, naturalmente, delle lacerazioni tra CGIL, CISL e UIL.
Difendere i diritti conquistati estendendo le tutele: ai giovani precari, alle donne, ai lavoratori migranti; ecco il modo meno retorico e più efficace per celebrare degnamente questi primi 40 anni!
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