GdF: operazione Mastrotto - Twin trust
Venerdi 26 Agosto 2011 alle 16:03 | 0 commenti
Guardia di finanza - Scoperta colossale evasione internazionale da oltre 100 milioni di euro. Tonnellate di pellame vendute in nero. Individuati capitali all'estero non dichiarati per oltre 1300 milioni di euro. 800 lavoratori dipendenti irregolari all'anno retribuiti "in nero" con oltre 9 milioni di euro.
La Guardia di Finanza di Vicenza (qui il nostro lancio e qui il nostro servizio, qui il nostro servizio video, qui il video della GdF e qui la difesa del Gruppo Mastrotto) ha concluso un'articolata attività di indagine volta al contrasto dei fenomeni evasivi realizzati in ambito internazionale e della detenzione occulta di capitali all'estero nei confronti di uno dei principali gruppi imprenditoriali conciari della Valle del Chiampo, individuando un'evasione colossale, pari complessivamente ad oltre 106 milioni di euro di redditi sottratti a tassazione.
Responsabili due fratelli, fondatori del predetto gruppo conciario, amministratori e proprietari "di fatto" di una galassia societaria retrostante alla struttura imprenditoriale attiva in Italia, formalmente costituita all'estero allo scopo di beneficiare indebitamente di legislazioni fiscali più favorevoli, a danno dell'Erario.
I due fratelli, infatti, avevano costruito, nel tempo, un castello di società , ubicate nel Granducato del Lussemburgo, allo scopo di "spossessarsi", almeno formalmente, della proprietà del gruppo: pur rimanendo amministratori delle società italiane, i due fratelli, in sostanza, non ne risultavano più i proprietari.
Gli interessi economici dei due imprenditori sono stati, peraltro, fatti apparire segregati all'interno di due trust, appositamente costituiti nel paradiso fiscale dell'Isola di Man. Tali strutture, che avrebbero dovuto sviluppare una gestione autonoma, sono, invece, rimaste continuativamente sotto il rigido controllo dei "disponenti" italiani che, per il loro tramite, hanno perdurato il pieno possesso e l'esclusiva gestione dell'intero impero economico sottostante.
Oltre a rimanere sotto il controllo italiano, le imprese estere interposte - si tratta di 4 società di capitali ubicate, come detto, in Lussemburgo - sono risultate essere anch'esse amministrate in Italia, in maniera del tutto funzionale alle esigenze di pianificazione fiscale dei due fratelli imprenditori.
Il fatto che l'intera struttura formalmente costituita all'estero fosse, invece, gestita in toto in Italia ha determinato due effetti sostanziali: da un lato, le società artificiosamente allocate in Lussemburgo sono state ricondotte a tassazione nel territorio italiano e considerate "evasori totali"; dall'altro, le due persone fisiche di riferimento sono risultate detenere un rilevantissimo patrimonio, costituito dalle partecipazioni di controllo (solo) formalmente segregate nei trust esteri, che, in quanto loro riconducibili, avrebbero dovuto essere inserite nelle dichiarazioni fiscali annuali in virtù degli obblighi di monitoraggio fiscale delle attività finanziarie detenute all'estero.
La ricostruzione operata dai finanzieri ha, dunque, consentito di far emergere un'evasione complessiva di oltre 106 milioni di euro, corrispondente ai redditi occultati dalle società di capitali coinvolte e, ancor più rilevante, l'esistenza di attività di natura finanziaria detenute all'estero (nonché trasferimenti sull'estero relativi alle medesime attività di natura finanziaria) mai inserite nelle dichiarazioni dei due imprenditori: tale occultamento, reiterato per tutte le annualità sottoposte a verifica, ha determinato la constatazione di violazioni alla disciplina sul "monitoraggio fiscale" per oltre 1,3 miliardi di euro.
L'indagine, condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria di Vicenza sotto il coordinamento del Sostituto Procuratore della Repubblica di Vicenza Dott. Marco Peraro, trae origine da investigazioni svolte dallo stesso Reparto che avevano portato a rilevare responsabilità penali, per il delitto di corruzione, in capo al vice-presidente del c.d.a. (uno dei due fratelli) ed al direttore finanziario del gruppo conciario: è stato, infatti, riscontrato che i predetti due indagati avevano consegnato, nel 2008, per il tramite di un noto commercialista, a dirigenti/funzionari dell'Agenzia delle Entrate, la somma complessiva di € 300.000,00 in contanti, al fine di ridimensionare l'accertamento conseguente ad una verifica intrapresa dalla Guardia di Finanza di Venezia. Nell'ambito del citato contesto investigativo, peraltro, è stato riscontrato anche un ulteriore, precedente episodio corruttivo riferito ad un'altra impresa operativa appartenente al medesimo gruppo societario: in particolare, è stata appurata la dazione di una tangente, nel 2006, pari a € 60.000,00, consegnata, anche in questo caso per il tramite del predetto commercialista, al fine di concludere un'attività ispettiva intrapresa dall'Agenzia delle Entrate in maniera parziale, senza la constatazione di tutti gli illeciti tributari riscontrati o riscontrabili.
Le stesse società , in ragione delle condotte penali commesse dagli amministratori indagati per corruzione, sono state deferite all'A.G. anche per le responsabilità amministrative ricadenti in capo agli enti nel cui interesse o a vantaggio dei quali i reati di corruzione risultano essere stati commessi. Al riguardo, appare opportuno evidenziare che a seguito dell'approfondimento investigativo condotto dalla Guardia di Finanza, il gruppo imprenditoriale ha inteso dotarsi di un proprio modello organizzativo, conforme alla normativa che disciplina la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche di cui al D.Lgs. 231/2001.
Nel corso delle indagini, sono state, inoltre, constatate, in capo all'impresa conciaria italiana, ritenute non operate e non versate a fronte di sistematiche ed ingentissime corresponsioni "fuori busta", per l'importo complessivo di circa 9 milioni di euro, erogate alla manodopera impiegata.
Sono stati individuati in questo modo circa 800 lavoratori irregolarmente retribuiti l'anno.
Tali posizioni soggettive - corrispondenti, in alcuni casi, anche a dipendenti percettori di compensi "fuori busta" pari ad oltre € 50.000,00 annui - sono state segnalate alle competenti articolazioni dell'Amministrazione finanziaria al fine di recuperare l'I.R.Pe.F. evasa sui redditi occultati.
Al riguardo, la genuinità e completezza del quadro probatorio ricostruito dai militari operanti hanno indotto la società verificata alla sostanziale ammissione delle proprie responsabilità , consentendo alle competenti articolazioni ispettive in materia di lavoro, specificamente attivate dalla Guardia di Finanza, di procedere agevolmente alla formulazione dei rilievi ed irrogare, conseguentemente, sanzioni amministrative pecuniarie per l'importo complessivo di oltre 3,6 milioni di euro, in ragione delle circa 1.850 posizioni lavorative irregolari individuate (considerando le varie annualità d'imposta).
Peraltro, prima ancora che i predetti organi ispettivi in materia di lavoro procedessero alla propria verbalizzazione e sulla base, unicamente, di quanto constatato dalla Nucleo di Polizia Tributaria di Vicenza, la società ispezionata ha inteso provvedere spontaneamente al versamento nei confronti dell'I.N.P.S. di oltre 800.000 euro, a titolo di ritenute previdenziali non operate e non versate a fronte degli ingenti corrispettivi irregolarmente elargiti, "fuori busta", al personale dipendente.
Per garantirsi le provviste "fuori bilancio" utilizzate, tra l'altro, per remunerare i dipendenti irregolari, l'impresa è risultata aver effettuato cessioni non fatturate per oltre 10 milioni di euro: la minuziosa analisi della contabilità industriale della società , gestita in remoto attraverso una rete informatica ubicata nei pressi del capoluogo lombardo, ha consentito di individuare tonnellate di pellame che, nei passaggi di carico tra i vari reparti di lavorazione della conceria, risultavano "sparire" dalla contabilità ufficiale per essere, invece, vendute "in nero" a clienti compiacenti, a loro volta operanti nell'economia sommersa, realizzando un'evasione IVA pari ad oltre 2 milioni di euro.
Le molteplici condotte irregolari riscontrate dalle Fiamme Gialle hanno determinato, oltre alla constatazione delle violazioni amministrative di natura fiscale, la denuncia dei due imprenditori all'Autorità giudiziaria per il reato di dichiarazione infedele, riferito agli illeciti commessi attraverso l'impresa operativa italiana oltre che in ragione delle posizioni soggettive specifiche dei due fratelli, nonché per il reato di dichiarazione omessa, in conseguenza della falsa ubicazione in Lussemburgo delle quattro società interposte nella catena di controllo, risultate essere "evasori totali".
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