Giudice da 7 anni è pagato per non lavorare, Il Giornale di Vicenza
Martedi 8 Febbraio 2011 alle 11:20 | 0 commenti
CASO. I supremi magistrati danno di nuovo ragione a Eugenio Polcari. Il Csm per due volte l'ha rimosso, ma per la Cassazione è un errore
Vicenza. Da sette anni Eugenio Polcari, per sedici magistrato a Vicenza e provincia, è pagato per non lavorare perché per due volte il Csm gli ha sbattuto la toga in faccia. «Indegno - a suo dire - di continuare a fare il giudice».
Ma per due volte la Cassazione gliel'ha restituita (l'ultima giovedì scorso), sebbene non sia ancora sufficiente al magistrato per tornare a scrivere sentenze, il suo mestiere, anziché ricorsi ai supremi giudici com'è impegnato da tempo. Anche se stavolta, dopo sette anni, pare essere la volta buona per rientrare nei ranghi.
Nel frattempo, dal 2004 percepisce due terzi dello stipendio (alcune migliaia di euro al mese) perché così prevede la legge. Ma il magistrato deve essere reintegrato in magistratura perché, come scrive la Cassazione, «il quadro disciplinare a carico del dott. Polcari è oggettivamente inferiore e meno rilevante rispetto alla decisione assunta dal Csm». Nonostante questo attestato di sproporzionalità tra la sanzione irrogata - la destituzione da magistrato - e gli eventuali comportamenti illegittimi commessi (peraltro da dimostrare perché in penale è stato assolto), Polcari da sette anni è sospeso dalla funzione di giudice. Avvenne quando l'allora toga del tribunale di Vicenza - sede distaccata di Schio - venne rinviato a giudizio davanti al tribunale di Trento per risponde di reati obiettivamente pesanti: concussione e abuso d'ufficio per l'acquisto di alcune macchine e l'affidamento di numerose consulenze a consulenti ritenuti suoi amici.
Tuttavia, e questo è l'elemento decisivo che spiega perché la Cassazione gli ha fin qui dato ragione, Polcari è stato assolto su tutta la linea da tutte le accuse con la formula più ampia del "fatto non sussiste" dal tribunale collegiale trentino. Nonostante l'assoluzione sia diventata tombale nel 2007 quando è passata in giudicato, il 50enne giudice di origine napoletana è al centro di una tira e molla disciplinare che pare non abbia precedenti nella storia del Csm.
«È ovvio che sono soddisfatto per la decisione della Cassazione - si limita a dichiarare il magistrato raggiunto al telefono-, del resto non ho mai dubitato di questo risultato perché io non ho commesso alcun reato, anche se questa sentenza non risolve il caso perché non sono ancora riammesso in servizio, nonostante i supremi giudici abbiano detto che la sentenza disciplinare che mi è stata inflitta sia ingiusta».
In poche parole, Polcari dovrebbe tutt'al più essere sanzionato con un provvedimento disciplinare di minore entità «per renderlo proporzionato» al quadro che è emerso dal suo comportamento. Ma il punto della questione, dal quale non riesce a sbrogliarsi nemmeno il Csm, è che Polcari non ha violato la legge per i comportamenti che gli sono contestati, al massimo è stato imprudente. In pratica ha assunto comportamenti che sono leciti per un normale cittadino, tant'è che non è stato censurato dai magistrati penali, ma che per un giudice rappresentano una scorrettezza. Che di per sè, però, non prevede l'espulsione dall'ordine giudiziario. Come per due volte ha ribadito la Cassazione.
E per dire come vanno le cose in Italia, di recente un altro giudice che è stato condannato penalmente con sentenza passata in giudicato a 14 mesi di reclusione per falso ideologico, ha invece ottenuto di essere riammesso in servizio. Per Polcari sono due pesi e due misure. E il salasso
Eugenio Polcari è vittima di un'ingiustizia che si perpetua da 4 anni, da quando è stato assolto. Il giudice finì nella bufera 11 anni fa quando la procura di Trieste gli perquisì la casa a Sarcedo. Il procedimento disciplinare si è concretizzato col rinvio a giudizio nel 2004, quando è stato sospeso e gli è stato ridotto lo stipendio di un terzo. Da allora è pagato per non lavorare. Nel 2007, poi, è stato assolto a Trento da tutte le accuse. Dopo, per due volte, il Csm l'ha espulso e per due volte la Cassazione ha stabilito che non può essere radiato perché non basta «la mera spendita della qualifica di magistrato per determinare di per sè una sanzione disciplinare». Lo Stato ora dovrà ricostruirgli la carriera e versargli la differenza di quanto non ha percepito dal 2004. Un salasso per le case pubbliche.
Ivano Tolettini
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