Fiat, metalmeccanici e Fiom
Venerdi 10 Settembre 2010 alle 00:34 | 0 commenti
Riceviamo da Fulcio Rebesani e pubblichiamo.
Da tempo le parole sinistra e destra, lotta di classe non avevano un significato così evidente per i fatti sociali che oggi le richiamano. Marchionne ed i vertici della Confindustria hanno una priorità , sganciata dalle esigenze produttive, nonostante le loro mendaci dichiarazioni in fatto di concorrenza, competitività , ecc.
Prima della produzione e della produttività c'è la volontà di imporre la assoluta e totale gerarchizzazione delle persone che lavorano nelle loro aziende. Questi lavoratori, con tutele affievolite e diritti neutralizzati -come vogliono "lor signori"- non potranno che subire qualunque ordine padronale,
Forse non è chiaro ma non si tratta di turni pesanti, che anche per Pomigliano la Fiom Cgil ha accettato, né di rimedi contro l'assenteismo. Non si tratta nemmeno di ridurre il costo del lavoro che alla Fiat incide solo per il 7-8% sul costo del prodotto.
La Fiat e Confindustria pretendono di non pagare i primi tre giorni di malattia nel caso di assenze superiori alla media aziendale, secondo il calcolo inappellabile dell'azienda. In questo modo non si prevengono le assenze brevi che si collocano al di sotto di quei limiti. Invece si penalizzano le malattie vere il cui corso va oltre quei termini.
Anche il diritto di sciopero -secondo le pretese di Fiat e Confindustria- non si può esercitare liberamente perché l'accordo di Pomigliano lo vieta quanto va contro i programmi ed i porgetti aziendali. Lo sciopero consiste in un reciproco svantaggio: l'azienda perde produzione, vede scompaginati i suoi piani ed i lavoratori rimettono quote di salario. Applicando gli accordi di Pomigliano si può scioperare solo alla scadenza del contratto: se nel periodo intermedio l'azienda fa abusi (la Fiat lo fa spesso), se qualcuno muore da lavoro non resterebbe che mettersi un nastro al braccio o scioperare di domenica, quando non si é di turno!
Cisl ed Uil hanno accettato il taglio delle pause nel corso dei turni: da mezz'ora alla metà . Ora, provi chi mi legge ad immaginare come si lavora in un ambiente rumoroso, otto ore sempre in piedi facendo una attività faticosa con un ritmo costante e veloce e con solo tre pause di soli dieci minuti, erano venti, solo collettiva: si piscia solo in compagnia, sempreché ce ne sia il tempo in dieci minuti. La mensa non é nel corso delle otto ore, come era prima, ma alla fine così di lavora a digiuno, salvo sbocconcellare un panino tra una operazione e l'altra. Qualcuno ha bisogno di fantasia per immaginare l'inferno?
Sanzioni varie sono previste per il sindacato o per le rappresentanze sindacali "disobbedienti".
La gerarchizzazione alla Marchionne, ed ora secondo al Confindustria, strappa le relazioni sindacali basate, almeno finora, sul dialogo e sul confronto, sulla ricerca di soluzioni concordate dei conflitti per imporre la supremazia della volontà aziendale.. Ne è prova il fatto che Cisl ed Uil hanno accettato sostanzialmente senza discutere....
In questo quadro di disumanizzazione del lavoro e dell'uomo stesso un sindacato che, come la Fiom, volesse esser tale, non mollare sui diritti fondamentali e costituzionali, sul mantenimento delle prerogative di cittadinanza anche in fabbrica, non poteva accettare. Anche perché si tratta anzitutto di difendere condizioni di sopravvivenza umana per gli operai. I turni, secondo Fiat Cisl Uil, saranno su sei giorni lavorativi fino alle sei di mattina di domenica. Una persona così spremuta che marito, che innamorato, che padre di famiglia potrà essere? Diventerà solo l'appendice della macchina,
Per ottenere il consenso a trasformare le fabbriche in lager, questo padronato é ricorso ad un vile ricatto: o accettate la mia volontà e rinunciate ai diritti ed alla dignità di persone in fabbrica o si mette in discussione il posto di lavoro.
In tal modo Marchionne e Confindustria fanno una precisa scelta di classe. Le loro pretese significano che la classe padronale intende imporsi sui lavoratori, cioé sulla classe operaia, stabilendo condizioni di lavoro da sfruttamento ottocentesco. Sono cioè loro a suscitare, praticare la lotta di classe. Lo ha scritto chiaramente perfino Romiti (ex amministratore delegato Fiat e avversario deciso dei sindacati) sul Corriere del 28/VIII che il conflitto fra capitale e lavoro è intrinseco a tale rapporto e che è velleitario e miope pensare di eliminarlo.
E' lecito dunque attendersi una risposta ("ad ogni azione corrisponde sempre una reazione uguale e contraria" dice il terzo principio della dinamica secondo Newton). Appare dunque irresponsabile, nella attuale situazione di difficoltà economica e produttiva, attizzare la lotta di classe invece di considerare consolidati i diritti dei lavoratori e cercare soluzioni condivise da tutti i sindacati in fatto di produzione e produttività . La Fiom aveva fatto delle proposte su questi temi ma fu ignorata perchè esse conciliavano produzione e diritti mentre L'uomo Fiat ed i vertici confindustriali vogliono solo la gerarchizzazione e la produzione, a scapito dei diritti e della tutela della condizione umana anche un fabbrica.
Dov'è dunque la destra economico.politica? I ministri del PDL e della Lega che vanno ai convegni confindustriali schierandosi apertamente con il padronato, il ministro del lavoro Sacconi (ex Cisl) impegnato a dividere i sindacati e marginalizzare la CGIL (prima che con la Fiat l'ha tentato con il pubblico impiego), il padronato che chiede al Governo -a tutto il Governo, Lega compresa- di andare avanti con il suo programma e così ricambia l'appoggio alla sua lotta di classe contro i diritti fondamentali e la vivibilità in fabbrica, contro la CGIL. E' questa la destra economica e politica: gli operai aprano gli occhi una buona volta!
E la sinistra? Sinistra vo cercando ch'è sì cara...." potremmo dire parafrasando il padre Dante.
Resta la CGIL, che non è un partito ma porta avanti idee ed ideali che hanno fatto grande il sindacato e la classe operaia negli ultimi due secoli.
In queste settimane si è molto parlato di imprenditori e sindacati tedeschi. In Germania nessun capitano d'industria farebbe mai quanto sta cercando di imporre Marchionne con l'appoggio di Confindustria. Oltralpe le aziende non si pongono l'obbiettivo di demolire il sindacato, di ridurli, direbbe il Foscolo dei Sepolcri, ad "evirati cantori", come in parte sono riusciti a fare. Le aziende tedesche non mettono in discussione il trattamento di malattia né i dritti di sciopero e sindacali, né altri diritti acquisiti.
Anche per questa lungimiranza padronale, che fa sentire gli operai parte della fabbrica e non un limone da spremere, la produzione in Germania sta decisamente decollando. Invece in Italia, dove sembra prevalere la miopia che guarda alle arretrate economie dell'Est europeo, siamo ancora al palo e rischiamo di restarci perchè gli operai italiani non sono nè quelli di Polonia domati da decenni di stalinismo, né quelli di Serbia vinti dalla fame e dalla guerra della NATO. Gli operai italiani, almeno molti di essi, hanno conservato una loro dignità , la volontà di non mollare sui diritti fondamentali.
E se si vuole averli tutti impegnati nella produzione bisogna motivarli, coinvolgerli e rispettarli, come persone. L'uso della frusta non solo è inutile ma alla lunga otterrà l'effetto contrario come già successo negli anni '80 porprio alla Fiat.
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