Feste rock, quell'inutile crociata anti-alcol
Martedi 1 Giugno 2010 alle 14:30 | 0 commenti
So già che mi tirerò addosso critiche feroci, ma a me le campagne terroristiche contro l'abuso dell'alcol danno l'impressione di essere una messinscena a cui a non credere per primi sono proprio gli animatori.
Quest'anno la quattro superstiti feste di quartiere in città (chiamate "rock" anche se nei loro concerti il rock è raro) sono all'insegna dello slogan "The end of the driving monkeys", parafrasi del progetto "Scimmia al volante pericolo costante".
L'assessore alle politiche giovanili Alessandra Moretti ha presentato così l'iniziativa anti-sbronze: «I concerti, grazie alla collaborazione con l'Ulss e con Blu Runner (operatori del settore, ndr), acquistano ora un valore aggiunto perché diventano veicolo di un messaggio educativo forte contro la guida in stato di ebbrezza. Un pensiero non calato dall'alto, ma promosso e proposto dagli stessi ragazzi che organizzano gli eventi».
Che sia calato o no, possiamo accettare qualsiasi scommessa che il pensiero di un giovane che a parole si dichiara per un uso ponderato dell'alcol o addirittura si schiera, come fosse una scelta di campo, per gli analcolici, o è tipica ipocrisia o è banale ignoranza, magari per pregiudizio ideologico. Chiunque si sia fatto un giro a queste feste può vedere come le spillatrici di birra e i capannelli con vini e grappe siano letteralmente presi d'assalto. Così come chiunque abbia una minima conoscenza di questi ritrovi sa benissimo che una parte consistente dei suoi frequentatori, dai ragazzini di 14 anni ai più attempati 30-40enni, vi si danno "la punta" per darci dentro con gli eccitanti liquidi - e non solo liquidi. Con questo non vogliamo certo dire che i giovani vicentini siano una massa, come dice la canzone biancorossa, di "gran bevitori", cioè in pratica di ubriaconi. Se cadessimo in una tale generalizzazione faremmo, tra l'altro, cattiva pubblicità ad eventi che sono da salvaguardare come i panda in via d'estinzione.
No, il fatto è che il "messaggio" anti-alcol non passa, non ha appeal in sé e per sé, perché, semplicemente, ai ragazzi piace bere. I fan dell'analcolico sono già più o meno astemi, mentre a chi piace farsi più d'un bicchiere la conversione ai succhi di frutta resterà comunque indigesta. Tutti questi artifici di marketing giovanilista, questo continuo tambureggiare di slogan salutisti, questo paternalismo inibitorio e straccione, ad un ventenne di gomito mediamente alzato entrano in un orecchio ed escono nell'altro. In gergo: sono stronzate.
L'unico vero ed efficace freno all'alcolismo di massa è rappresentato dal pugno di ferro sulla patente. La paura di perderla è il solo vero antidoto, come dimostra la soddisfazione con cui la polstrada locale ha commentato gli ultimi dati sulla repressione degli ubriachi al volante (comandante Ermanno Pianegonda: «Vediamo sempre più giovani che si organizzano quando trascorrono serate di divertimento in discoteca, bar e locali, a turno uno di loro guida e sa che, per quella serata, dovrà rimanere sobrio. A breve disporremo di tutti i dati relativi al 2009 ma, da una prima analisi, sembra si possa già dire che sono diminuiti i ritiri delle patenti per guida in stato di ebbrezza», Giornale di Vicenza, 31 maggio 2010).
Ora, che ci siano meno morti sulle strade, non può che far piacere. E ben venga l'importazione dell'uso, di origine anglosassone, del "guidatore sobrio". Ma che si pretenda che basti un'astratta e un po' menagrama "prevenzione", con degustazioni di analcolici (più gusto? ma per favore) e contorno di inviati del Sert per convincere i ragazzi, la specie più conformista dell'umanità , a non imitare i coetanei che bevono senza neanche più sapere perché, è un'ipocrisia assoluta. Per invertire l'andazzo, secondo noi, bisognerebbe fare due cose. La prima, di lungo periodo e di portata sociologica, è chiedersi appunto il perché si beva così tanto. Quando un fenomeno assume dimensioni così diffuse, la risposta repressiva non può essere l'unica davvero efficace. Né, come abbiamo detto, servono le promozioni del succo d'arancia, le paternali e le lezioncine sanitarie. Abbozziamo un motivo? I ragazzi sono infelici. Soffrono in misura più evidente, data la fragilità psicologica dovuta alla giovane età , l'ansia, la depressione, il senso d'inadeguatezza, il malessere esistenziale di una società che offre molto, troppo in termini materiali e poco anzi niente sul piano umano, etico, ideale. Piaccia o meno, una bottiglia di whisky riempie il vuoto più d'uno stupido analcolico. Il guaio è che nessuno sa dire ai ragazzi con che cosa sostituire quella bottiglia, e se anche glielo dice non è credibile, perché ognuno, del resto coerentemente col modello di vita comunemente introiettato, fa come gli pare. La seconda cosa è più pratica, ed è quello che si vede già da tempo in molti paesi occidentali: finanziare, invece che certe inutili "campagne", un sistema minimo ma efficiente di trasporti pubblici notturni. Costano di più certo. Ma sono una soluzione realistica e immediata, che toglierebbe ogni alibi sia agli automobilisti brilli che ai politici moralizzatori. Ed è proprio per questo che non si farà mai.
Accedi per inserire un commento
Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.