Quali e quanti danni sono rimborsabili dalla KPMG, l'ex società di revisione della BPVi? Sono improbabili e pochi i milioni aggredibili
Giovedi 4 Maggio 2017 alle 23:49 | 0 commenti
Dopo la votazione dell'assemblea degli azionisti BPVi che ha dato il via libera ad un'azione di responsabilità generalizzata verso gli eventuali responsabili della sua mala gestio nell'era di Gianni Zonin, la Banca Popolare di Vicenza si è solo riservata di avviarla nei confronti della KPMG spa, la sua precedente società di revisione ora "sostituita" da PricewaterhouseCoopers spa /alias PwC spa) la società di revisione "ingaggiata" da Veneto Banca all'epoca di Vincenzo Consoli, confermata da Cristiano Carrus e anch'essa probabilmente e a maggior ragione, vista la conferma a Montebelluna e la promozione a Vicenza, non toccata ad oggi da azioni legali dall'istituto trevigiano.
Se, nel caso più a rischio della ex Popolare vicentina, come dimostrano anche le ultime, tardive, sanzioni della Consob nei suoi confronti per il periodo dal 2011 al 2015, può essere più probabile la responsabilità della società di revisione KPMG, affinchè gli azionisti possano avviare una procedura devono attendere (i) o che la procura di Vicenza renda disponibile la documentazione acquisita nel corso della propria indagine (ii) o che BPVi avvii la suddetta azione.
Infatti, per avviare l'azione di responsabilità nei confronti del revisore, non è sufficente dimostrare che il bilancio è falso ma è necessario provare che la società di revisione non ha correttamente svolto il proprio dovere, il che comporta un passaggio aggiuntivo.
Ad esempio, ci esemplifica Riccardo Federico Rocca dell'omonimo studio associato milanese, «nel caso di Banca del Monte dei Paschi di Siena, nonostante sia stato pacificamente accertato e riconosciuto che i bilanci 2008, 2009 e 2010 fossero falsi, la società di revisione è stata ritenuta indenne da responsabilità poichè i contratti in derivati che sono alla base delle perdite sofferte da MPS sarebbero stati stipulati direttamente dal presidente Mussari e dal direttore generale Vigni e tenuti nascosti in una cassaforte, impedendo pertanto alla società di revisione di poterne accertare l'esistenza".
Per KPMG la motivazione della mancata azione nei suoi confronti dataci dalla BPVi è che "nei confronti delle società di revisione non si fa un'azione di responsabilità ma una richiesta di risarcimento danni. Per ora completiamo l'azione di responsabilità intrapresa e in parallelo si analizzerà , al più presto, l'eventualità di una richiesta di danni che dunque al momento non va esclusa".
Richiesta di risarcimento danni che, dopo una verifica fatta in Camera di Commercio, troverebbe ben poco capiente la KPMG, assicurazioni a parte.
Se i soci sono tutti italiani, visto che il marchio è solo un brand internazionale e la KPMG paga un fee alla KPMG internazionale, dall'ultimo bilancio disponibile si rileva, infatti, che il capitale netto della società è di soli 31 milioni, che gli utili al 30 settembre 2016 (la società chiude il bilancio proprio a settembre) sono stati pari a 18 milioni, tipicamente distribuiti, su un fatturato di 227 milioni e che a fondo rischi sono appostati 23 milioni, importo invariato rispetto all'anno precedente. Nessun cenno si trova sull'eventuale questione Banca Popolare di Vicenza, per la quale appunto nulla è stato accantonato, da ottobre 2015 a settembre 2016. Se quantomeno ottimistici appaiono questi revisori, sul quanto potrà essere rimborsato a seguito di una trattattiva con la banca o della futuribile azione di responsabilità non si va oltre i 40 miloni, tra patrimonio netto e fondo rischi.
Per PwC, che, come anticipato, è in una posizione di maggiore tranquillità essendo stata confermata in Veneto Banca e "promossa" in BPVi, il che convaliderebbe l'ipotesi di "distrazioni" vicentine della KPMG, la situazione "numerica" non cambia sostanzialmente.
La PricewaterhouseCoopers spa ha chiuso l'ultimo bilancio al 30 giugno 2016 con un fatturato di 275 milioni e utili pari a 35 milioni, anche qui prevalentemente distribuiti ai soci, quasi tutti persone fisiche italiane. Il patrimonio netto contabile dopo la distribuzione degli utili è 13 milioni e il fondo rischi, non meglio specificato, risulta in riduzione nel 2016 rispetto al 2015 da 11,3 a 10,7 milioni
Anche qui, il patrimonio è del tutto insufficiente a garantire danni da responsabilità , anche se, ovviamente, anche in questo caso ci sono le coperture assicurative: dalla società si possono trarre al massimo 23 milioni. Oltre quest'importo la società fallirebbe. Â
Ora che le società di revisione siano poco capitalizzate è nella natura stessa del loro busines. Infatti si tratta sostanzialmente di società di professionisti, che non necessitano di investimenti materiali, e che distribuiscono gli utili realizzati annualmente ai partner come emolumenti e premi produzione.
«Le singole società nazionali (ovvero ad esempio KPMG in Italia, in Francia, in UK etc) -ci conferma il dr. Rocca - sono legate da un accordo assimilabile a un franchising con l'effettivo proprietario del marchio che, in genere, è una società situata in una giurisdizione "amica" (ad esempio la Svizzera), che, in tutta sicurezza, incassa annualmente le royalty dalle società nazionali. Tale struttura fa sì che in caso di grandi disastri, sia coinvolta solo la società locale, come ad esempio è successo alla Gran Thorton Italia che era il revisore di Parmalat».
In ogni caso, nel caso in esame, la KPMG (come pure la PwC) ha di certo una rilevante copertura assicurativa più che adeguata per gli obiettivi perseguibili da gruppi di soci o da soci singoli di peso anche se sarà difficile sostanziare presupposti giuridici che consentano direttamente a Banca Popolare di Vicenza di avviare un'azione risarcitoria nei confronti di KPMG alla quale può solo imputare di non avere rilevato che i dati che la medesima BPVi le aveva fornito erano falsi.
Le azioni di responsabilità nei confronti di una società di revisione sono, poi, in genere avviate solo dai curatori fallimentari, nell'interesse dei creditori sociali, sulla base dell'assunto che, se la società di revisione avesse adempiuto compiutamente al proprio dovere, il fallimento sarebbe stato dichiarato prima e il buco di bilancio sarebbe risultato inferiore. Se non vi è fallimento, è difficile che il soggetto che ha fornito false informazioni possa chiedere un risarcimento a chi non lo ha rilevato.
«Ben diversa, però - osserva Rocca - è la situazione degli azionisti che, se lamentano il danno subito dalle false informazioni diffuse dall'emittente delle azioni, hanno sì titolo per chiamare in responsabilità la società di revisione che quei danni ha contribuito a produrre avvalorando un bilancio falso».
Se si ipotizza, però, che il danno specifico attribuibile alla società di revisione sia pari tipicamene al 20% dell'importo investito in un ambito doloso, con i mezzi propri (diciamo 40 milioni) la società di revisione potrebbe "soddisfare" per la parte di sua competenza eventuali azionisti danneggiati che abbiamo investito 200 miloni in tutto. Si capisce che, anche sommando importi analoghi di certo coperti dalle polizze assicurative, gli azionisti che dovessero agire direttamente nei confronti della società di revisione potrebbero essere "rimborsati" del 20% di un importo complessivo investito che si può ipotizzare in un multiplo non troppo esteso dei predetti 200 milioni di euro.
Poco? Molto?
Certo è che, a parte studi particolarmente qualificati ed esperti (e con costi adeguati), avviare contenziosi di questo tipo con KPMG o PwC sarebbe estremamente complesso, per le questioni tecniche da affrontare, e si giustificherebbe solo se l'ammontare della richiesta risarcitoria fosse davvero consistente.
«Chi ha investito un milione di euro in BPVi - conclude il dr. Riccardo Federico Rocca - non avvierà mai un'azione di richiesta danni nei confronti di KPMG per ottenere 200.000 euro. Finirebbe tipicamente soccombente e tenuto anche a rimborsare le spese legali a controparte».
Insomma, al solito, ai piccoli non resterebbe che piangere, per lo meno con le società di revisione... le cui regole sembrano scritte solo a vantaggio del loro business e, quindi, sono da rivedere insieme a tutto il sistema che sovrasta la crisi delle banche perchèse non hanno vigilato per tempo organi di garanzia che dovrebbero essere indipendenti come Banca d'Italia e Consob cosa volete che "controllino" società ingaggiate dalla banche e da queste pagate perchè mettano un timbro sui loro bilanci...?
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