E se Amenduni acquistasse la Banca Popolare di Vicenza?
Venerdi 13 Marzo 2015 alle 23:56 | 0 commenti
Giovedì notte abbiamo raccontato la favola "Lo strappo di Tosi: la genesi tra faide, favole e storie" in cui Roberto Maroni fa fuori di fatto Umberto Bossi, che nel 1994 lo aveva graziato ma che aveva espulso nel suo lungo regno tra tanti altri i super legisti veneti Rocchetta e Comencini; poi Matteo Salvini, il delfino pro tempore, che però prende il potere reale in Lega contro le previsioni, e la volontà , di Bobo, fa fuori Flavio Tosi, che aveva fatto fuori anche lui un battaglione di oppositori... e che ora deve accontentarsi di sognare Passera per provare a volare di nuovo verso la leadership del centrodestra.
Stasera facciamo, invece, un gioco, anzi una mossa di un gioco da Monopoli bancario.
Da qualche tempo, dopo l'annuncio della volontà del governo di trasformare in Spa le dieci maggiori banche popolari (ma 7 sono già quotate in borsa), tra cui la nostra BPVi e la vicina Veneto Banca, e, soprattutto, di limitare il voto capitario (una testa un voto, a prescindere dalle azioni possedute) non si fa che parlare di possibili fusioni tra popolari, tra cui sempre anche la Popolare di Vicenza e quella di Montebelluna, e della costituzione di Fondazioni o di altri "vettori" o strumenti finanziari per evitare acquisizioni ostili o che allontanino non tanto le Banche popolari maggiori ma soprattutto le loro leve di comando da un territorio locale da cui da tempo quelle banche si sono mosse alla conquista di praterie più vaste e almeno nazionali.
A questo punto, prima di lanciare i due dadi per una mossa del Monopoli, vediamo di capire di che valori stiamo parlando per l'istituto presieduto da Gianni Zonin e di cui di recente Samuele Sorato è diventato Ad su designazione del re di quelle vigne a cui il presidente, particolarmente caustico verso i suoi detrattori, ha detto che comunque potrebbe tornare senza remore e timori.
Scusateci se non saremo precisi al centesimo ma questo è un gioco e valgano, quindi, gli ordini di grandezza tanto per capire le mosse dei giocatori.
Al 31 dicembre 2013 il capitale sociale della BPVi, si legge sul Documento di registrazione depositato presso la Consob in data 9 maggio 2014, «sottoscritto e interamente versato ammontava a euro 313.719.281313.719.281,25 ed era suddiviso in n. 83.658.475 azioni ordinarie del valore nominale di euro 3,75, interamente liberate».
Visto che il valore di ogni azione fissato dalla banca e su cui fanno affidamento gli oltre centomila soci era ed è di 62,50 euro la capitalizzazione (valore delle azioni) a quella data era, quindi, di euro 5.228.654.687,50 (cinque miliardi e 228 milioni, per semplificare)
Nel frattempo, e scusateci, come dicevamo, per un pizzico di approssimazione che non tocca, però, l'esito del gioco, l'Istituto di Zonin ha convertito obbligazioni o emesso azioni per circa un miliardo di euro, per cui la capitalizzazione oggi è di circa sei miliardi e 228 milioni. È questo il valore che Zonin e Sorato & c. vogliono, e devono, tutelare come e più del supporto della banca al territorio visto che è in mano ad azionisti risparmiatori per la stragrande maggioranza vicentini doc e/o acquisiti.
Fin qui abbiamo fatto conti, senza giocare, che evidenziano che il legame col territorio della BPVi (per la Veneto Banca i discorsi sono gli stessi con valori solo un po' più più bassi) è molteplicemente forte e influente: una grande masssa di risparmi è stata investita da vicentini nella "loro" banca, la BPVi, alla cui raccolta sul territorio hanno anche e ancora di più contribuito con decine di miliardi, miliardi poi riversati in misura notevole sotto forma di credito a imprese e privati.
E allora, vi chiederete se avete avuto la costanza di leggerci fin qui, quale è la mossa di gioco preannunciata?
Un po' di pazienza ancora, grazie.
La mossa è quella di un gioco, ricordiamolo, fantastico come la "favola" sulle faide di Maroni, Salvini e Tosi, ed è legata alle ipotesi di acquisizione della BPVi, magari ostili al territorio o foriere di un suo progressivo abbandono come scrivevamo in premessa e contro le quali si stanno muovendo i vertici delle popolari interessate dal decreto sul voto capitario emanato dal governo da cui è ora in arrivo una limitazione, sia pure provvisoria e solo per due anni, del diritto di voto al 5%: chi avrà più di questa soglia potrà votare per due anni solo in misura del 5%.
Rimanendo a casa nostra facciamo giocare e lanciare i dadi agli Amenduni, la famiglia degli esclusi (espulsi anche loro?) dal "sistema Banca Popolare e Confindustria" e questo anche per farne capire la reale potenza di fuoco a chi, non conoscendone o dimenticandone tanti altri mega investimenti come quelli in Aedes, una delle più grandi immobiliari italiane, ancora la limita alle sue acciaierie tra cui quella in zona Ovest di Vicenza, là dove nascerà la famosa stazione del TAC con tanto di espropri da emirati... vicentini.
La finanziaria vicentina Ferak, di cui proprio l'amenduniana Valbruna è la maggiore azionista (dati a fine 2014, ndr) seguita dalla Finint di Enrico Marchi e Andrea de Vido, dalla Palladio Finanziaria e anche da Veneto Banca e dalla famiglia Zoppas, possedeva sempre a fine 2014 azioni per l'1,938% del capitale di Assicurazioni Generali.
Per far capire quanto sarebbe non così complesso per il grande mondo finanziario acquisire il controllo o un peso determinante nella BPVi (o ancora più facilmente nella Veneto Banca) arriviamo al gioco e facciamo lanciare a loro, agli Amenduni tramite la loro Ferak, sul tabellone di gioco i due dadi del Monopoli.
Senza tener conto di altre quote di Generali eventualmente e direttamente in mano agli Amenduni, se questi lanciassero i dadi della loro cessione e considerando che la capitalizzazione della compagnia triestina ammonta oggi a 28 miliardi di euro, l'1,938% in mano a Ferak si tramuterebbe in circa 542 milioni di euro: oltre l'8,7% della capitalizzazione della BPVi se le sue azioni dopo la trasformazione in Spa il mercato (di borsa o di contrattazione aperta) le valutasse veramente 62,50 euro, di meno se il valore risultasse superiore e addirittura di più se non andassero in porto le azioni in studio per non farne scendere la consistenza.
Chiaramente, come abbiamo detto all'inizio, questa parte delle nostre considerazioni fa parte di un gioco che gli Amenduni non giocherebbero per diventare soci di riferimento della Banca solo per "vendicarsi" dell'epurazione subita pochi anni fa nella fase post Massimo Calearo che è sfociata nel duo Zuccato & Zigliotto perchè la caratura di uomini come Zonin e Amenduni, non si offendano i politici della Lega o i politici in genere, è ben superiore a quella di alcuni o molti di loro.
Ma, questa è la morale del nostro gioco, i valori enormi per dei comuni mortali della capitalizzazione della BPVi, se rimarrà almeno quella che deriva dai 62,50 euro ad azione come tutti o quasi tutti si augurano, non sono poi così difficili da mettere su un tavolo da gioco finanziario per i potenti dell'economia e della finanza, locale, nazionale e internazionale.
Stavolta, quindi, Gianni Zonin e Samuele Sorato dovranno giocare duro e da duri per raccogliere intorno alla banca vicentina e alla sua possibile Fondazione di riferimento (altro che i Fari tosiani di Ricostruiamo il paese!) imprenditori locali che abbiano possibilità finanziarie e, soprattutto, visione strategica tali da poterla difendere per tutelare il territorio degli azionisti. E se stessi.
Zonin e Amenduni sono, comunque, uomini pratici e di affari e forse ora è il caso di rivolgere un appello proprio a loro due per "salvare" la vicentinità della BPVi e per non perdere l'ultimo, veramente super veloce treno che passerà da una Vicenza che per il suo storico provincialismo diventerà , altrimenti, meno di una provincia di un impero altrui.
Si chiami questo impero Banco Popolare di Verona o Cariverona, una volta Cassa di Risparmio anche di Vicenza ora una delle madri della più potente ma molto lontana Unicredit.
Fatto, quest'ultimo sì, che potrebbe far felice Tosi e anche lanciare il sistema politico bannacrio Tosi - Passera tramite lo sponsor (e sponsorizzato) del sindaco Paolo Biasi, presidente della Cassa veronese anche grazie al voto di Tosi e in uscita dalla Fondazione per raggiunti limiti di età ma pronto a diventare vice presidente di Unicredit... lasciando la sua carega a un uomo dell'aspirante leader del centrodestra espulso dal concorrente Salvini.
(nella foto VicenzaPiù Gianni Zonin e Nicola Amenduni)
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