Dopo quella del Banco Popolare con Bpm la Bce vuole altre fusioni: matrimoni combinati in vista per le "piccole" BPVi e Veneto Banca
Giovedi 24 Marzo 2016 alle 09:07 | 0 commenti
"Andate e fondetevi: si parte con Bpm-Banco", così titola oggi Il Fatto Quotidiano un articolo di Marco Palombi che vi proponiamo a seguire e che annuncia l'ok dela Bce, sia pure condizionato a un nuovo aumento di capitale e a radicali cambiamenti nella governance, alla formazione del terzo gruppo bancario italiano, preludio ad altre aggregazioni in cui non è difficile immaginare coinvolte le altre due, popolari venete, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, realtà "mini" rispetto alle due grandi ora promesse spose, quella con testa a Verona e l'altra Milano, e, quindi, destinate, presumibilmente ad accettare matrimoni combinati e non certo d'amore.
Infine, siccome il Vangelo deve vivere nella realtaÌ€, Daniele Nouy ha buttato liÌ€ pure un paio di parole sulla prima delle fusioni bancarie italiane: quella tra Banco Popolare e Banca Popolare di Milano. “Da quel che capisco le condizioni che abbiamo posto sono state comprese dalle autoritaÌ€ bancarie e saranno realizzate. Dunque sembra che ci muoveremo velocementeâ€.
E, dunque, ieri il consiglio di gestione di Bpm e il cda di BPop, terminati all’ora di cena, sono stati un cantico nuziale: niente di definitivo, per caritaÌ€, ma tanto ottimismo, tanta buona volontaÌ€. In accordo con lo spirito dei tempi, il primo commento ufficiale eÌ€ arrivato via Twitter. Ha cinguettato il presidente del Banco, Carlo Fratta Pasini: “Felici di varare un’operazione straordinaria cosiÌ€ significativa dopo un processo competitivo e in un contesto di mercato severoâ€. Segue Pier Carlo Padoan: “Le riforme funzionano, le popolari cambiano: piuÌ€ grandi, piuÌ€ forti, piuÌ€ trasparentiâ€.
Tutto è bene quel che finisce bene, dunque. Cioè, più o meno. Le nozze tra Milano e la Popolare che ha già unito Lodi e Verona magari saranno d’amore, ma l’interesse non è chiarissimo. Partiamo dai conti. Il Banco ha crediti deteriorati (prestiti che faticano a tornare indietro) pari al 18,4% del totale dei prestiti, coperti con accantonamenti al 43,7% (Mps, per dire, ha coperture al 48,5%): le sofferen- ze nette sono 6,5 miliardi, cifra quasi pari al patrimonio netto (capitale più riserve). Pop Milano, invece, è messa bene: sofferenze per 3,2 miliardi e un rapporto tra crediti deteriorati (6 miliardi) e prestiti all’8%. Solo che Bpm è troppo piccola per diluire i problemi del Banco: ha la metà della raccolta diretta e il 30% delle filiali.
È il motivo per cui la Bce, in queste settimane, oltre a chiedere modifiche della governance - cioè, tra le altre cose, meno poltrone - ha imposto azioni anche sul capitale. In sostanza, serve un miliardo e mezzo per portare a un livello accettabile (non ottimale) la quota dei crediti malmessi rispetto al totale dei prestiti. La banca che nasce è un piccolo colosso: il terzo o quarto in Italia con 2.500 sportelli e uno stock di crediti alla clientela di 112 miliardi (il 6% del totale).
Un miliardo arriverà dal Banco con un aumento di capitale (l’avevano smentito e non tutti i soci saranno contenti) e i 500 milioni restanti potranno arrivare da cessioni di asset e sofferenze di Milano: alla fine Bpop avrà il 54%. L’amministratore delegato, però, sarà il “milanese†Giuseppe Castagna, un modo per convincere i lavoratori Bpm (e pure i soci pensionati) che sono tra i più scettici sull’operazione. Non resisteranno: il governo s’è schierato per le nozze insieme a Bankitalia convincendo al dietrofront pure l’azionista più rilevante di Milano, Andrea Bonomi, altro scettico.
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