Aziende in crisi, Cgil: soffre il metalmeccanico, da lunedì presidio alla Ceccato
Venerdi 15 Giugno 2012 alle 18:03 | 0 commenti
Cgil Vicenza - Nel primo quadrimestre del 2012 si sono aperti 47 nuovi casi di crisi aziendali nel vicentino, che coinvolgono 660 lavoratori e lavoratrici. La crisi ha colpito 25 imprese operanti nel settore metalmeccanico (più della metà del totale), con una percentuale di ore di cassa integrazione pari al 40%. A maggio, è ripresa la cassa integrazione guadagni, in particolare quella ordinaria e quella in deroga, mentre quella straordinaria si mantiene al di sotto dei livelli dello stesso periodo dello scorso anno.
Si è registrata, inoltre, una diminuzione generalizzata del fatturato di produzione industriale. Tra le aziende più di recente interessate dalla crisi ci sono la Ceccato Lavaggi Spa, la Soga Spa e la Sincro di Montecchio Maggiore, la Unic di Breganze, la SCM di Thiene, la Dalmed e la Faral di Orgiano, la Scortegagna di Piovene Rocchette, la Costa Levigatrici e la Smit di Schio. Gli ultimi accordi stipulati hanno permesso di ricorrere ai contratti di solidarietà - anche nel settore metalmeccanico che fino a qualche anno fa aveva difficoltà ad impiegarli - e alla Cigs. Questi dati vanno ad aggiungersi ai 201 casi di crisi aziendali aperti nella provincia berica nel corso del 2011. Ben 89, tra queste aziende, hanno chiuso per cessata attività , per ristrutturazione, per concordato o per riduzione del personale, attraverso la cassa integrazione o la mobilità . Allargando lo sguardo a tutto il Veneto, si scopre che dal primo aprile 2011 al 31 marzo 2012 si sono persi circa 20 mila posti di lavoro. E soprattutto emerge come la provincia di Vicenza sia la più colpita dal fenomeno, assieme a quella di Treviso. Sono venuti meno, infatti, 4100 posti di lavoro e il 25% di ore nel settore metalmeccanico. Negli ultimi tre anni e mezzo, nella nostra regione si sono perduti 60 mila posti di lavoro, di cui 20 mila nel comparto metalmeccanico. Le aziende che reggono meglio alla crisi sono quelle che investono sui prodotti e sulla presenza nei mercati internazionali. Il loro fatturato cresce grazie all'export ma il numero degli occupati diminuisce. Sono in difficoltà , invece, le aziende che hanno sbocchi sul mercato interno. Esse risentono di problemi di liquidità e faticano a pagare gli stipendi e i fornitori. Hanno, dunque, serie difficoltà produttive poiché il fatturato e la produzione si sono ridotti. Infine, risentono della crisi le piccole imprese e il comparto dell'artigianato, in particolare quanti fungono da sub-fornitori delle aziende medio-grandi, che oramai abbandonano i fornitori locali per rivolgersi all'estero. "Ciò che manca è una politica industriale, sia a livello nazionale che regionale, che tuteli i nostri settori produttivi e immagini nuove linee di sviluppo, che, grazie al sostegno agli investimenti, possano permetterci di competere a livello internazionale - afferma Maurizio Ferron, segretario generale di FIOM Vicenza -. La politica sta intervenendo in maniera pesante e sbagliata sulla riforma del mercato del lavoro e sull'articolo 18. Sta aumentando per esempio la precarietà , con il ricorso al contratto a termine, e riducendo la copertura degli ammortizzatori sociali. C'è poi il tema degli esodati. La Cgil concorda con i dati forniti dall'Inps, ma, indipendentemente dal loro numero, è necessario capire se queste persone vedranno riconosciuti i loro diritti". Ferron pone l'attenzione anche su un altro tema, quello dell'elezione dei rappresentanti sindacali nelle fabbriche. "In provincia di Vicenza, Fim e Uilm negano circa un terzo delle elezioni delle RSU alla Fiom, a seguito di una disposizione di Federmeccanica - dice il sindacalista -. In questo modo viene meno il diritto dei lavoratori di eleggere i propri rappresentanti. Chiediamo pertanto una legge o delle regole sulla rappresentanza, che diano certezza al diritto democratico dei lavoratori di eleggere i propri rappresentanti". Marina Bergamin, segretaria generale della CGIL berica, rivolge un appello al governo e alle istituzioni da un lato, e alle imprese dall'altro, affinché operino in una direzione diversa per risollevare le sorti del Paese. In particolare, la sindacalista sprona le aziende ad intraprendere due strade per salvaguardare l'occupazione in quei territori che hanno dato molto al settore manifatturiero, spina dorsale della produzione vicentina. "Anzitutto è indispensabile una nuova responsabilità sociale. Ciò significa tutelare il lavoro, attraverso l'utilizzo di tutti gli ammortizzatori sociali per non espellere i lavoratori dai loro posti di lavoro. Al contempo, le aziende devono guardare al futuro e fare un salto. Vicenza ha una produzione media che risente, da sotto, della concorrenza dei Paesi che si stanno affacciando sul mercato e, dall'alto, dell'influenza di nazioni altamente tecnologiche come la Germania. Per essere competitivi e affrontare la concorrenza, bisogna investire e migliorare la qualità del lavoro, attraverso la tutela dell'occupazione e dei diritti dei lavoratori".
IL CASO CECCATO
Stamane i lavoratori della Ceccato Lavaggi Spa, assieme ai delegati Fiom della provincia, hanno organizzato un presidio davanti all'azienda. Per poco più 130 dipendenti è stato sottoscritto, nei giorni scorsi, un accordo che prevede la cassa integrazione straordinaria per un periodo di dodici mesi. I rappresentanti sindacali di Fiom, Fim e Uilm si sono detti soddisfatti, ma annunciano che la partita non è ancora chiusa. "Ieri, nel corso di un'assemblea, abbiamo deciso che chiederemo il piano industriale ai vertici della Ceccato - afferma Morgan Prebianca, segretario della Fiom Cgil -. L'azienda, in passato, ci ha presentato il suo debito, il concordato e gli esuberi, ma non ci ha riferito quali investimenti intenda fare in futuro". Per tenere alta l'attenzione su questo argomento, "a partire da lunedì prossimo, i lavoratori istituiranno e gestiranno un presidio ad oltranza davanti allo stabilimento. L'obiettivo è far sì che venga aperto il tavolo delle trattative sul piano industriale. Vogliamo capire come l'azienda intenda ripartire, su quali mercati, con quali investimenti e con quanti dipendenti. Attualmente, con 48 lavoratori, di cui solo 19 sono operai, c'è il rischio che la fabbrica possa chiudere", conclude Prebianca.
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