CorVeneto: ora Zonin cita in tribunale Bpvi
Mercoledi 7 Dicembre 2016 alle 09:22 | 1 commenti
 
				
		Gianni Zonin cita in giudizio la Banca Popolare di Vicenza. No, non è un equivoco: l’ex presidente (per quasi vent’anni) dell’istituto di credito, ha reagito immediatamente alla decisione con cui l’attuale Cda, in vista dell’assemblea convocata per il 13 dicembre, ha deliberato l’azione di responsabilità nei confronti dei vecchi amministratori, per «gravi irregolarità » che avrebbero causato danni per «diverse centinaia di milioni di euro». E lo ha fatto passando alla controffensiva sul piano giudiziario, con il deposito di un atto di citazione contro la sua ex banca davanti al Tribunale di Venezia, sezione specializzata in materia di impresa.
Sessanta pagine, preparate da Zonin con  l’assistenza legale del professor Francesco Benatti di Milano e  dell’avvocato Lamberto Lambertini di Verona, che da ieri costituiscono  materia di causa davanti ai giudici civili specializzati nel dirimere le  controversie relative alle imprese. C’è già, sia pure indicativa, una  data per la prima udienza del caso: il 24 maggio dell’anno prossimo. L’ex  presidente, che oggi si trova nella duplice e scomoda posizione di  essere a sua volta citato in giudizio per danni con l’azione di  responsabilità nonché di essere indagato sul versante penale con le  accuse di aggiottaggio e ostacolo all’attività di vigilanza, ha deciso  di reagire con questa azione legale essenzialmente per un motivo: Zonin,  in buona sostanza, chiede ai magistrati del Tribunale delle imprese di  accertare attraverso una sentenza il comportamento diligente da lui  tenuto durante i 19 anni di presidenza della Bpvi. E siccome, per  ottenere il pronunciamento del tribunale, c’è bisogno di una causa e  perciò di un avversario, Zonin ha citato in giudizio la banca stessa.  Non per rivalersi su di essa ed eventualmente, in caso di giudizio a lui  favorevole, per pretendere il riconoscimento di un danno economico.  Niente di tutto questo: l’ex presidente, per replicare all’azione di  responsabilità - che lo vede naturalmente tra i principali accusati, per  il ruolo di assoluta preminenza esercitato nel corso di un ventennio -,  chiede ai giudici veneziani una sorta di «certificato di buona  condotta» rispetto ai comportamenti tenuti quando era alla guida  dell’istituto di credito. In quelle sessanta pagine, depositate  ieri al Tribunale delle imprese, è condensata insomma la difesa di  Gianni Zonin rispetto alle gravi e pesanti accuse che gli sono state  mosse sulla conduzione della banca, dopo che il valore delle azioni è  crollato da 62,5 euro a 10 centesimi, spazzando via i risparmi di decine  di migliaia di piccoli e grandi soci-azionisti e mettendo a rischio la  sopravvivenza della banca stessa, salvata dall’intervento del Fondo  Atlante che oggi ne è il proprietario. Le tesi di Zonin,  riportate dagli avvocati Benatti e Lambertini nell’atto di citazione,  sono suddivise in 9 capitoli. In estrema sintesi, l’ex presidente  rivendica i risultati ottenuti alla guida della banca fino al  sopravvenire della crisi economico-finanziaria apertasi nel 2008, che a  parere di Zonin sarebbe stata la vera responsabile del dissesto  successivo di Bpvi come di altre banche del sistema creditizio italiano,  rivelatosi particolarmente fragile e bisognoso di aiuti esterni. Ma  c’è di più. Rispetto alle  irregolarità di gestione che si sarebbero  comunque verificate in Bpvi sotto la sua presidenza, la difesa di Zonin  punta il dito contro i due principali manager che avevano operato  in  banca fino al maggio del 2015: l’ex direttore generale Samuele Sorato e  il suo vice Emanuele Giustini (entrambi, come Zonin, sono indagati dalla  procura di Vicenza e citati nell’azione di responsabilità avviata  dall’attuale Cda). In particolare, con riferimento ad alcune operazioni  finite nel mirino degli organi di vigilanza, sembra che gli ispettori di  Bankitalia abbiamo avuto accesso ad alcune mail riservate dell’ex dg,  nelle quali il top manager di Bpvi avrebbe scritto di procedere con le  indicazioni da lui stesso impartite, purché il Consiglio di  amministrazione presieduto da Zonin non ne venisse messo a conoscenza.  Nella sua ricostruzione, che fa parte integrante dell’atto di citazione,  l’ex presidente avrebbe anche rievocato l’episodio di una sua  convocazione da parte della Consob: in quell’occasione, avvenuta poco  prima del maggio 2015, Zonin sarebbe stato avvisato dagli ispettori  della vigilanza che qualcosa non quadrava nelle operazioni condotte da  Sorato. Di ritorno a Vicenza, l’allora numero uno della banca ne avrebbe  parlato con il diretto interessato, il quale, di lì a poco, avrebbe  dato le sue «volontarie» dimissioni. Sotto questo aspetto, anche   la relazione che accompagna l’azione di responsabilità era giunta alla  conclusione che, da parte della direzione generale, c’erano stati  «comportamenti connotati da colpa grave se non addirittura da dolo».  Ma  «gravi profili di responsabilità» erano stati attribuiti dalla medesima  relazione anche ai componenti del Cda, «rimasti colpevolmente inerti».
Di Alessandro Zuin e Antonio Spadaccino, da Corriere del Veneto 
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