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Almirante, Comunisti Italiani: "decisione indegna". E ricordano partigiano Traforti

Di Edoardo Pepe Domenica 18 Gennaio 2015 alle 19:10 | 1 commenti

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I Comunisti Italiani di Vicenza del PCd'I tramite Giorgio Langella ricordano il partigiano Quirino Traforti (foto), "mentre l'amministrazione del Comune di Vicenza (medaglia d'oro della Resistenza), con una decisione indegna, dà il proprio patrocinio alla "commemorazione" di un personaggio come Giorgio Almirante (fascista, aderente alla repubblica sociale di Salò, che firmò la condanna a morte per i "renitenti alla leva e i disertori" nel maggio 1944 - in un manifesto diffuso in provincia di Grosseto)".

"Noi comunisti italiani - spiega Langella - vogliamo ricordare un grande italiano che ci ha lasciato sei mesi fa, Quirino Traforti, il partigiano Carnera che ha combattuto tutta la vita per un paese migliore e più giusto dove fossero banditi per sempre il fascismo e il razzismo. Senza mai chiedere nulla in cambio".

Ecco il ricordo del PCd'I:

Domani, 19 gennaio, saranno passati sei mesi da quando, a Valdagno, celebrammo i funerali del compagno Quirino Traforti che aveva chiuso gli occhi il 13 luglio 2014. Quirino, scelse giovanissimo da che parte stare. Comunista e partigiano (nome di battaglia “Carnera”), fu fucilato dalla sbirraglia nazifascista durante il rastrellamento della Piana di Valdagno. Sopravvissuto anche dal colpo di grazia, tornò presto a combattere per liberare il nostro paese dalla dittatura. Finita la guerra, fu sempre in prima linea al fianco dei lavoratori come sindacalista e dirigente del Partito Comunista Italiano. Quirino Traforti, senza ombra di dubbio, fu uno dei veri padri nobili della democrazia italiana.

Chi ebbe la fortuna di conoscerlo non può dimenticare la sua rara capacità di capire e sapere interpretare la realtà. Non sappiamo se questo fosse un dono di natura oppure l'inesauribile sete di conoscenza che lo seguì in tutta la sua esistenza (quella determinazione che lo spingeva a studiare per approfondire cosa stava succedendo intorno a lui) certo è che, quando raccontava gli avvenimenti che aveva vissuto o quando ragionava di temi anche complessi della politica nazionale e internazionale, lo faceva con una facilità estrema. Parlare con lui era un'esperienza indimenticabile. Si finiva sempre per imparare qualcosa di nuovo, un punto di vista diverso, una interpretazione originale. Ascoltandolo non si smetteva di crescere. Per questo il compagno Quirino Traforti ci manca. Ci mancano i suoi sorrisi, la sua voce, la sua intelligenza, la sua lucidità. Ci manca la sua totale e infinita onestà.

Quirino ci ha certamente insegnato tante cose ma, in particolare, con il suo esempio, ci ha mostrato che bisogna lottare sempre, ogni giorno, ogni minuto, sempre. Bisogna farlo con tutte la forza e la determinazione necessarie per costruire una società migliore e più giusta. Bisogna farlo senza mai rassegnarsi, mai chinare la testa, mai piegare la schiena di fronte al padrone. E senza mai considerarsi “vinti”.

A un mese esatto dalla sentenza di primo grado del processo Marlane-Marzotto risulta spontaneo chiedersi come, il compagno Quirino, avrebbe commentato l'assoluzione di tutti gli imputati. Lui che aveva affrontato tante volte “paron” Marzotto e che lo aveva fatto viso aperto. Lui che aveva rifiutato di vendersi e che, per questo, era stato licenziato, sicuramente avrebbe pensato che poco è cambiato dai tempi di quando lui era giovane operaio.

Ci avrebbe spiegato di come, in una società ingiusta, sia sempre difficile, se non impossibile, vedere condannato chi porta un cognome illustre, mentre è sempre normale e facilissimo che ai lavoratori non venga data giustizia. Ci avrebbe detto che questa “abitudine alla diseguaglianza” è propria del sistema capitalista nel quale viviamo e che lui ha sempre combattuto. Una caratteristica spaventosa che deve essere cancellata. E, infine, ci avrebbe esortato a continuare la battaglia per la verità e la giustizia. Perché i diritti bisogna conquistarseli con fatica (“nessuno te li regala” ripeteva) e, parafrasando una famosa frase di Che Guevara, ci avrebbe ricordato che chi lotta potrà anche non vincere, ma gli indifferenti e quelli che si tolgono il cappello di fronte al padrone hanno sicuramente già perso.

 

Ditegli pure, al conte,

che lu' el se tegna i so' schei, che mi me tegno le me idee

 

Ogni lunedì matina la comission interna se riuniva coi dirigenti. Con Destro e Fabbri …

 

E 'lora semo in riunion e a un serto momento vien zò do guardie e le me fa: «Ciò Traforti, che zé el conte Gaetano che te voe de sora en diression». «Ostia» go dito «ecola, ghe gò fato el contraditorio al toso e queo ze el motivo». No son miga stupido. A gò capío de colpo che 'l ga da dirme qualcosa, no ... va bé, e 'lora fasso con Grifani: «Vien su anca ti, ze mejo che semo in du».

 

Son 'nda su. Fa conto che fuse sta' alto come là … tuti i dirigenti li gaveva tuti attorno. Ghe gera, Dallara, ghe gera Rausse, quel da Trissino, l'ingegnere che 'l ga messo su 'na fabrica che fa mosaico, ale Alte … si, Bisazza.

 

Mi vo' dentro. Tuti de fronte a mi. Mi gavevo za discusso con Gaetano, parché, qualche volta, quando ghe gera problemi duri, vegneva el “vecio”.

 

E 'lora el me fa: «Zeo lu' Traforti?». «Si, son mi» ghe digo. «A gero amico, mi, de to' papà». «Lo so che gera amico de me papà» digo. «El gera del '94 come lu'». Quando che 'l conte faseva la festa de la clase, ogni ano, me papà vegneva “a palasso” e, in più, me papà el ghe portava le beccacce, che 'l faseva anca quel lavoro là …

 

E 'lora el me fa: «I me dirigenti i gà da parlarte». E po' el scominsia: «Te cori en bicicleta, no?». «Si» ghe digo «coro in bicicleta». E lu': «I me gà dito che i te paga anca le giornate che ti te va a corere, anca quando che te vé in trasferta». «Si» digo «ze vero. Però signor Gaetano, mi, da Roma in su …  Roma, Trieste e Torino» ghe digo «a parte Milano e altre città a gò el so' nome, “Marzotto”, qua davanti, de drio e sule braghete». Ciò come dirghe “si, te me paghi, ma te fasso publicità”.

 

El gà sentio quea risposta lì e 'lora el me fa: «Comunque» el me gà dito «adesso, poi, i miei dirigenti i gà da parlarte».

 

El se gaveva incanà. Ze sta, forse, na bruta frase che gò dito, ma l'è scatà. «Si» ghe gò dito  «ze vero che 'l gera amico de me papà, tanto ze vero che nel '21 ...» digo. Sicome nel '21 i gà fato uno sciopero de sie mesi a Valdagno e che dirigeva el sciopero ghe gera anca me papà. E quei sete o oto che i gà direto el sciopero i li gà mandà a casa tuti. Me papà che 'l faseva el tintore, Zordan e i altri … Dopo i sie mesi … Me papà ze dovù 'ndare in Argentina e 'l ze tornà nel '26. El se gà sposà e, dopo, so' nato mi. El me diseva  sempre de sto' fato …

 

Te racomando. Co 'l gà sentio cusì, ze sta' come se ghe gavese dà na pugnalà. El se gà alsà el gà dito: «Adesso, qua, ti metti d'accordo con i miei dirigenti». E el ze 'nda via.

 

E 'lora, lì, i me fa le solite proposte, de corrussion, insomma … Se vojo 'ndare a Manerbio, Brugherio, Pisa, Mortara … dove ca voleva mi, insomma … Portogruaro … dove ca voleva. Pagato. E basta lavorare, solo corare. Ma no a Valdagno. I me gà dito: «A Valdagno el gà da rinunciare al sindacato e anca al Partito». E co' un stipendio che gnanca te lo digo. Capísito?

 

E 'lora a ghe gò dito a quei dirigenti lì: «Ditegli pure, al conte, che lu' el se tegna i so' schei, che mi me tegno le me idee». E so 'nda fora da la porta.

 

Questo nel '53. E dopo, nel '54, el licensiamento come conseguensa, gera chiaro, no. Ghe voleva un motivo. E queo gera el motivo. Ma nel '53 gera in carica come comissario interno. E nel '54, anca se no gero più ne la comission interna, gavevo el stesso diritto parché, par un ano dopo l'incarico, se mantegneva le stesse tutele come sindacalista. No gero licensiabile. I podeva licensiarme solo nel '55. Ma gnanca 'lora, se no ghe gera motivo …

 

… e, dopo, i me ga cavà anca el tesserin par corare en bicicleta.

 

Ditegli pure, al conte,

che lui si può tenere i suoi soldi, che io mi tengo le mie idee

 

Ogni lunedì mattina, la commissione interna si riuniva con i dirigenti. Con Destro e Fabbri …

 

E mentre siamo in riunione, arrivano due guardiani che mi dicono: «Ciò, Traforti, c'è il conte Gaetano che ti vuole di sopra in direzione». «Ostia, ecco,» dico «ho contraddetto il giovane e questo è il motivo». Non sono stupido. Ho capito che deve dirmi qualcosa … allora dico a Grifani: «vieni su anche tu, è meglio essere in due».

 

Sono andato su. Fa conto che fosse alto come là … i dirigenti gli sono tutti attorno. C'era Dallara, c'era Rausse, quello di Trissino, l'ingegnere che ha messo su la fabbrica che fa mosaici alle Alte … si, Bisazza.

 

Vado dentro, tutti di fronte a me. Avevo già discusso con gaetano, perché, qualche volta, quando c'erano problemi grossi, veniva il “vecchio”.

 

Allora mi fa: «è lei Traforti?». «Si, sono io» rispondo. «Io ero amico di tuo papà». «Lo so che era amico di mio papà» dico. «Era del '94 come lui». Quando il conte faceva la cena della classe, ogni anno, mio padre andava “a palazzo” e, poi, mio papà gli portava le beccacce, perché faceva anche quel lavoro lì …

 

E, allora, mi fa: «I miei dirigenti ti devono parlare». Quindi inizia: «Corri in bicicletta, no?». «Si» rispondo «corro in bicicletta». E lui: «Mi hanno detto che ti pagano i giorni quando vai a correre, anche quando vai in trasferta». «Si» dico  io «è vero. Però, signor Gaetano, io, da Roma in su … a Roma, Trieste e Torino, a parte Milano e altre città ho il suo nome, “Marzotto”, qua davanti, dietro e sui pantaloncini». Questo come per dirgli “si, mi paghi, ma ti faccio pubblicità”.

 

Lui ha sentito quella risposta e, allora, mi dice: «Comunque, adesso, i miei dirigenti ti devono parlare».

 

Si era arrabbiato. Forse è stata una brutta frase che ho detto, ma è scattato. Gli ho detto: «Si, è vero che era amico di mio papà, così vero che nel '21 …». Nel '21 avevano fatto, a Valdagno, uno sciopero di sei mesi e mio papà era uno di quelli che lo dirigevano. Quei sette o otto che diressero lo sciopero furono tutti mandati a casa. Mio papà che faceva il tintore, poi Zordan e gli altri … Dopo i sei mesi … Mio padre è dovuto andare in Argentina da dove è tornato nel '26. Si è sposato e, dopo, sono nato io. Mi raccontava sempre di questo fatto …

 

“Ti raccomando”. Quando (il conte Gaetano) ha sentito questo, è stato come se lo avessi pugnalato. Si è alzato e ha detto: «Adesso, qua, ti metti d'accordo con i miei dirigenti». Ed è andato via.

 

E, allora, lì, cominciano a farmi le solite proposte, si, insomma, di corruzione … Se volevo andare a Manerbio, Brugherio, Pisa, Mortara … dove volevo io … Portogruaro … dove volevo. Pagato. E basta lavorare, solo le corse. Ma non a Valdagno. Mi dissero: «A Valdagno deve rinunciare al sindacato e anche al Partito». E con uno stipendio che neanche ti dico. Capisci?

 

E, allora, io ho detto a quei dirigenti lì: «Ditegli pure, al conte, che lui si può tenere i suoi soldi, che io mi tengo le mie idee». E sono uscito dalla porta.

 

Questo successe nel '53. Dopo, nel '54, mi licenziarono come conseguenza, mi sembra chiaro. O no? Ci voleva un motivo. E quello era il motivo. Ma nel '53 avevo l'incarico di commissario interno. E nel '54, anche se non ero più nella commissione interna, avevo lo stesso il diritto (di non essere licenziato) perché per un anno, dopo l'incarico, si mantenevano le stesse tutele di sindacalista. Non ero licenziabile. Avrebbero potuto licenziarmi nel '55. Ma neanche allora, se non ci fosse stato motivo …

 

… e, dopo, mi hanno tolto anche il tesserino per correre in bicicletta.

 


Commenti

Inviato Lunedi 19 Gennaio 2015 alle 16:06

Mi dicono che hanno dim,enticato Mario Dal Pra, ma forse essendo del Partito d'Azione non era dalla loro parte. e poi fanno tanto can can per la libertà di espressione!
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Commenti degli utenti

Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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