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Caso Marlane Marzotto: la parola ai senza voce

Di Maria Rosaria Baldin Domenica 26 Febbraio 2012 alle 01:12 | 1 commenti

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Riflettendo a freddo sull'assemblea pubblica di venerdì sera all'Alfa Hotel di Vicenza sul caso Marlane-Marzotto, non si può non notare il grandissimo pregio che ha avuto: dare voce ai piccoli, raccontare storie che non hanno trovato spazio sui media normali(zzati). Storie scomode che nessuno era disposto a difendere e che, per tanti, sono da nascondere sotto il tappeto di una coscienza che ormai non esiste più. Perché le storie ascoltate venerdì sono piccole solo in quanto appartengono a persone comuni, umili lavoratori sconosciuti.

Sono però agghiaccianti per la loro drammaticità. Diventa quindi un dovere diffonderle, lasciando nell'ombra la parola dei "grandi" della politica e dell'informazione, che hanno trovato posto in scritti precedenti.

La fabbrica Marlane-Marzotto a Praia a Mare (CZ) è stata costruita dal Conte Rivetti grazie a finanziamenti pubblici della Cassa Depositi e Prestiti e, successivamente, venduta prima alla Lanerossi e poi alla Marzotto.
Gli operai dovevano sotterrare gli scarti della lavorazione nei terreni vicini: dovevano, pena il licenziamento. E, per chi si trovava a lavorare nell'unica fabbrica della zona, era giocoforza cedere al ricatto. L'altro aspetto sconvolgente della vicenda è scoprire che i dirigenti facevano firmare ai lavoratori (che nel frattempo si erano ammalati di tumore, a causa della tossicità dell'ambiente di lavoro) il licenziamento il giorno prima della morte, raccontando alle mogli che, se i mariti non avessero firmato, non avrebbero avuto accesso alla pensione di reversibilità e non sarebbe stato neppure possibile assumere il figlio al posto del padre. Questo è quello che è successo nell'indifferenza generale e con la complicità degli amministratori locali. Quasi tutti i sindaci che si sono succeduti a Praia a Mare, infatti, erano stati dirigenti della Marlane. Tutto questo è successo fino al 2004, non in un Paese del cosiddetto Terzo Mondo, privo di tutele e lesivo dei diritti delle persone, ma in Italia. E quando ha smesso di succedere in Italia, è stato solo perché la ditta ha deciso che era meglio delocalizzare, spostandosi in Romania.

La seconda storia arriva da Tezze sul Brenta raccontata da un attivista del "Comitato difesa territorio Tezze sul Brenta". Tutto inizia nei primi anni '70 con la ditta Tricom, divenuta poi Galvanica-PM. A causa dell'inquinamento da cromo esavalente (lo stesso che ha fatto la fortuna di Julia Roberts nel film Erin Brockovich - Forte come la verità), il disastro ambientale della zona si estende per 30 km quadrati ed ha provocato l'inquinamento delle falde, la modificazione genetica di piante e arbusti e la morte per tumore di almeno otto persone. Purtroppo queste persone fumavano, così i giudici hanno dichiarato che non era possibile stabilire l'esatta causa della loro morte. Nel frattempo la ditta è fallita e quindi nessuno pagherà mai i danni. In compenso, dato che gli attivisti del comitato hanno protestato contro la sentenza, lanciando uova contro il tribunale, sono stati accusati di minacce e imbrattamento ed è in corso un processo contro di loro nel tribunale di Trento.

La terza storia l'ha raccontata il segretario del Pdci Oliviero Diliberto. Negli anni '60 in Sardegna l'unica industria erano le miniere; gli operai estraevano il carbone e lo trasportavano in superficie aiutati dai muli, che erano di proprietà dell'azienda. Dopo un po' di tempo i muli hanno cominciato a diventare ciechi. L'azienda, allora, ha rinunciato ai muli per non perdere il suo patrimonio e ha preteso che il trasporto fosse fatto dagli operai.

Queste tre storie di persone umili e semplici sono emerse grazie all'impegno di Giorgio Langella che, appena conosciuta la vicenda Marlane, ha sentito di dover fare qualcosa e si è attivato. Questo ha portato a un meccanismo virtuoso grazie al quale si è creato un ponte fra Vicenza, Praia a Mare e Tezze che ha permesso la raccolta firme per la prosecuzione del processo. In tutto questo si inserisce l'opera di un direttore coraggioso che, anche se dirige un giornale di provincia, il nostro, non ha mai avuto paura di parlare e chiamare le cose con il loro nome.
Tutto questo può essere l'inizio di quanto auspicava il sindacalista peruviano Saturnino Huillca di cui ha parlato Langella nel suo intervento che in Perù ha trascorso parte della sua vita: "Se sapremo essere un grande fiume di vasta portata, nelle nostre acque cadranno e si perderanno i nemici. Essi potranno chiedere aiuto, potranno gridare, ma non potranno reagire. Così avviene quando c'è la forza dell'unità. Diversamente, quando frana una vetta, questa non potrà tornare al suo stato iniziale. Per queste ragioni tutti dobbiamo unirci, tenendoci stretti con forza, per essere invincibili".


Commenti

Alberto
Inviato Domenica 26 Febbraio 2012 alle 16:31

Diliberto se facesse mente locale ricorderderebbe senz'altro quando gli chiesi di perorare la nostra causa, ma non accadde nulla anzi mediante un volantone fummo definiti anacronistici dalla sinistra locale.
Erano gli ultimissimi anni '90...
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Commenti degli utenti

Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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