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Bonomi: no fusione Banco-BPM, piuttosto aggregazione con BPVi, Veneto Banca e Carige

Di Rassegna Stampa Venerdi 18 Marzo 2016 alle 09:51 | 0 commenti

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Il crollo del titolo del Banco Popolare ieri in Borsa (-14,19% a 6,68 euro, maglia nera a Piazza Affari) è la spia che gli investitori iniziano a dubitare seriamente che la fusione con Bpm possa essere condotta in porto. A dare il là all’ondata di vendite, che ha colpito anche l’istituto milanese ma in misura minore (-5,56%, a 0,671 euro), è stata una nuova lettera inviata mercoledì cui la Banca Centrale Europea (Bce) ribadisce i suoi paletti all’operazione che darebbe vita al terzo polo bancario italiano.

Quello che arriva da Francoforte non è tecnicamente un ultimatum, ma come tale è stato visto dal mercato, perché non si vedono spazi di possibile mediazione. La Bce, innanzitutto, pone come condizione al suo via libera all’operazione una decisa riduzione dei crediti «cattivi» che il nuovo istituto andrebbe ad ereditare: 17 miliardi di euro, di cui 14 portati in dote da Verona. Troppi per una banca «sistemica» come quella che si andrebbe a creare. L’ad del Banco Pierfrancesco Saviotti ha escluso categoricamente nuovi aumenti di capitale, ma l’alternativa è una massiccia cessione dei crediti non performanti in tempi molto più brevi dei 24 mesi con cui lo stesso Saviotti e il suo omologo di Bpm Giuseppe Castagna puntano a smaltirne 8 miliardi (ipotizzata anche la cessione di asset quali Agos Ducato e Anima).
Altro scoglio riguarda la governance. La Bce chiede per il nuovo istituto una formula snella che cozza non solo e non tanto con l’elefantiaco consiglio di amministrazione previsto (19 componenti), quanto con la pretesa di Bpm di restare una spa autonoma per tre anni. È questa una condizione determinante per l’assenso all’operazione dei potenti sindacati dell’istituto milanese, che rappresentano migliaia di dipendenti e pensionati soci in grado di condizionare l’esito di un’assemblea a voto capitario.
A complicare ulteriormente il quadro è la discesa in campo del finanziare milanese Andrea Bonomi, che le stesse sigle sindacali più rappresentative (Fabi, First, Fisac, Uilca) vorrebbero alla presidenza del Consiglio di sorveglianza dell’istituto di piazza Meda, in caso di fallimento della fusione con il Banco. Le liste vanno depositate entro il 5 aprile.
Bonomi, che in passato è già stato alla guida di Bpm, sarebbe dubbioso sulla fusione con Verona e viene ritenuto dai sindacati un maggior garante dell’autonomia della banca milanese. L’idea è quella che Bpm non debba essere «preda» (anche se la fusione con Verona sarebbe alla pari), ma «predatore». Niente fusione, quindi, ma un piano di aggregazioni che potrebbe puntare a fare shopping tra le banche in maggiori difficoltà: la Carige di Genova, innanzitutto, ma anche Veneto Banca e, perché no, la Banca Popolare di Vicenza. L’istituto di Montebelluna era nel mirino anche dei vertici del Banco Popolare, ma solo una volta completato il processo di fusione con Bpm.
Adesso che l’ottimismo dei giorni scorsi sulla fusione si scontra con una realtà complicatissima, l’istituto veronese paga un prezzo maggiore in Borsa anche per l’assenza di un piano alternativo. Il titolo è stato più volte sospeso dalle contrattazioni, arrivando a perdere anche oltre il 15%. Secondo il finanziere Davide Serra (molto vicino a Matteo Renzi) un eventuale fallimento dell’operazione avrebbe pesanti ripercussioni anche per «le banche più fragili d’Italia», tra cui le «due ex popolari venete» (Veneto Banca e Bpvi).
Dal Banco Popolare, ieri, nessun commento ufficiale. Sabato è in programma a Lodi l’assemblea per l’approvazione del bilancio, ma ieri i consigli delle due banche sarebbero stati pre-allertati e non si esclude una comunicazione oggi ai mercati. Castagna è rientrato d’urgenza da Londra per una riunione con gli advisor di Lazard e Citi, mentre Saviotti e il presidente Carlo Fratta Pasini studiano possibili soluzioni coi consulenti di Mediobanca e Merrill Lynch. Per evitare nuovi panic selling in Borsa, va presa una decisione rapida, per quanto dolorosa.
di Alessio Corazza, dal Corriere del Veneto


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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