Sentenza il 6 o il 19 dicembre per la Marlane Marzotto: non cessano morti e l'inquinamento
Venerdi 5 Dicembre 2014 alle 10:26 | 0 commenti
Dopo diciannove anni di indaginie rinvii, oltre che di prolungati e agghiaccianti silenzi o rumorosi sussurri mediatici e dei sindacati confederali, soprattutto a Vicenza, dovrebbe arrivare tra domani, 6 dicembre, e il 19 sempre di questo mese la sentenza di primo grado per il processo sul caso della Marlane Marlane di Praia a Mare, in Calabria, dal 1987 di proprietà della Manifattura Gaetano Marzotto di Valdagno, accusata di essere stata una «fabbrica della morte».
Questo giornale per anni è rimasto da solo o quasi nella battaglia, localmente portata avanti dal segretario del PdCI regionale, Giorgio Langella, nostro opinionista, e dal sindacalista Usb Luc Thibault, nostra "persona dell'anno 2013", anche se ultimamente sono arrivati segni di interesse anche da parte della Rai, nebbiosa, però, sui nomi dei personaggi coinvolti, tra cui Pietro Marzotto, per il quale i pm Paola Maria Camodeca e Linda Gambassa hanno chiesto una condanna a sei anni.
«Novantaquattro vittime (salite nel frattempo a 107, ndr) tra gli ex dipendenti per patologie tumorali, sessantacinque ammalati di tumori: a combattere per l'accertamento della verità , attraverso la costituzione di parte civile, sono rimasti le amministrazioni di Praia a Mare, del vicino comune di Tortora, Medicina democratica, il Wwf, Legambiente, la Cgil e i Cobas. E l'avvocato calabrese che più di altri ha creduto, sin dall'inizio, alle responsabilità del gruppo tessile di Valdagno, Lucio Conte", scrive oggi Daniele Ferrazza su Il Mattino di Padova, che prevede per oggi la sentemza, che, invece sarà per le date che abbiamo indicato, e a cui pure, però, sfugge il nome di Pietro Marzotto tra i "destinatari" delle richieste di condanna dei pm: «Le accuse di disastro ambientale - prosegue infatti Ferrazza - rischiano di cadere in testa unicamente al responsabile del reparto tintoria ed ex sindaco di Praia a Mare, Carlo Lomonaco, per il quale i pubblici ministeri hanno chiesto la condanna più severa: dieci anni di reclusione. Per tutti gli altri - azionisti e manager del Gruppo Marzotto - le pene richieste dai pm Paola Maria Camodeca e Linda Gambassa variano dai cinque agli otto anni. Cinque per il trevigiano Silvano Storer, ex amministratore delegato del gruppo; per Jean De Jaegher; per Lorenzo Bosetti, ex sindaco di Valdagno e vicepresidente della Lanerossi (recentemente con incarichi importanti in Greta Ava a Schio, ndr); per Ernesto Antonio Favrin, ex presidente degli industriali veneziani e per un periodo presidente del gruppo tessile; otto anni sono stati chiesti per Vincenzo Benincasa; tre per Salvatore Cristallino; quattro anni e sei mesi per Giuseppe Ferrari; sette anni e sei mesi per Lamberto Priori; tre anni e sei mesi per Attilio Rausse. Chiesta l'assoluzione, invece, per Ivo Comegna».
Di sicuro oggi, a scriverlo è il collega Andrea Polizzo su uno dei blog più informati dell'area e attivo anche su Rete 3 DigiEsse, tv per la quale ci ha intervistato l'8 ottobre scorso, nell'aula Beccaria del tribunale di Paola saranno ascoltate le ultime conclusioni dei difensori degli imputati. Arringherà l'avvocato Nico D'Ascola in difesa di Carlo Lomonaco, responsabile del reparto Tintoria della Marlane di Praia a Mare dal 1973 al 1988 e dal 1978 al 1980 anche del depuratore della fabbrica, oltre che responsabile dello stabilimento per poco più di un anno a partire dal 2002.
Poi toccherà all'avvocato Sisto in difesa dell'imputato Attilio Rausse, responsabile di stabilimento succeduto proprio a Lomonaco nel 2003 e fino alla chiusura della fabbrica tessile della Marzotto avvenuta nell'aprile del 2004. Lomonaco, che è stato anche sindaco del Comune di Praia a Mare dal 2007 al 2012, è accusato di
tutti i reati contestati complessivamente a 13 imputati e che vanno dall'omicidio colposo, alle
lesioni e fino al disastro ambientale. Rausse, originario di Valdagno, in provincia di Vicenza, deve invece rispondere dei reati di discarica non autorizzata, disastro ambientale e rimozione o omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro che avrebbe cagionato tumori a 107 operai. Sempre nell'udienza di oggi, dovrebbero iniziare le repliche delle parti in causa, a cominciare dalla pubblica accusa. La possibilità che gli interventi in programma durino tanto da dover essere differiti al giorno dopo, è alla base dell'ipotesi che la lettura del dispositivo della sentenza avvenga il 19 dicembre.
Oltre al lamentato "attentato" alla sicurezza dei lavoratori nel maneggiare sostanze pericolose, alcuni degli degli ex dipendenti hanno testimoniato che queste sarebbero state gettate in mare.
Per cui il problema, risvolti legali inclusi, è comunque lontano dall'essere risolto.
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