Sergio Berlato su aggressione al Premier
Lunedi 14 Dicembre 2009 alle 21:58
"Quando l'espressione violenta del pensiero si sostituisce al confronto civile, la classe politica ha il dovere di abbassare i toni del dibattito invitando al rispetto reciproco tra le parti in nome della responsabilità che ha nei confronti del Paese" è quanto dichiara l'on. Sergio Berlato europarlamentare del PDL e Vice Coordinatore Vicario del Popolo della Libertà provincia di Vicenza.
"È gravemente irresponsabile" - prosegue Berlato - " qualsiasi dichiarazione " modello Di Pietro" che tende ad esasperare gli animi trasformando in scontro ciò che dovrebbe essere un civile, seppure acceso, confronto di idee inquadrato nel rispetto di regole e comportamenti degni di una moderna democrazia".
L'on. Berlato in seguito all'aggressione ai danni del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi avvenuta ieri a Milano, ha dichiarato che "oltre ad esprimere piena solidarietà umana e politica al Presidente Berlusconi ed i miei migliori auguri di pronta guarigione, mi preme fare un sentito appello a tutti i militanti del PDL ed a tutti coloro che non si riconoscono nei metodi di una certa sinistra o nei comportamenti e dichiarazioni deplorevoli di chi a suo dire rappresenta l'Italia dei (non si comprende bene quali) valori. Non bisogna in alcun modo cedere alle provocazioni di chi, non riuscendo ad imporsi con le idee, vuole trasformare la strada in terreno di conflitto individuando nell'intimidazione fisica e verbale la chiave di volta per distruggere chi, a differenza loro, gode del consenso popolare".
L'Europarlamentare vicentino ha concluso la nota con un appello a tutta la classe politica ricordando che " ai politici ed alle istituzioni spetta il compito e la responsabilità di non scaldare gli animi perché l'Italia non cada mai più in una spirale di violenza e di odio politico che ha segnato profondamente una generazione come avvenuto nei tristemente famosi "anni di piombo".
Continua a leggere
Bugie con le gambe corte
Sabato 10 Ottobre 2009 alle 15:36Vi regaliamo in anteprima le nostre "ciacole", che trovate sul numero 166 di VicenzaPiù da oggi in edicola e da domani in distribuzione gratuita in città e in versione elettronica su questo sito.
In Italia lo stato di diritto è una facciata, ma una facciata che ancora non cede all’abbattimento definitivo. La Corte Costituzionale ha stabilito che il "lodo Alfano" con cui Silvio Berlusconi voleva farsi scudo dai processi Mills e Mediaset (da quali con quasi certezza uscirà indenne grazie alla prescrizione) è un insulto all’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Il commento allucinato del premier («queste cose qua a me mi caricano e caricano anche gli italiani. Viva l'Italia, viva Berlusconi!») fa allarmare sul patologico delirio di onnipotenza di quest’uomo che la moglie Veronica ha definito «malato».
Ma ancora più inquietante è l’appecoronamento di certa informazione.
La sera della sentenza, in diretta telefonica a Matrix, ha dichiarato che prima di essere sceso in campo nel ’94 non ebbe mai un’accusa, e che da tutti i procedimenti a suo carico è stato finora assolto.
Continua a leggereLibertà di ipocrisia
Giovedi 17 Settembre 2009 alle 18:48
La Federazione Nazionale della Stampa Italiana, il sindacato dei giornalisti, aveva indetto per sabato 19 settembre a Roma una manifestazione per la libertà di stampa contro il governo Berlusconi (poi sospesa in seguito all'attentato militare in Afghanistan, ndr). Il pericolo, ha chiarito il segretario Franco Siddi, è che il Presidente del Consiglio «si prepari all'affondo finale per abbattere, eliminare, comprimere con leggi bavaglio, il giornalismo che vuole raccontare i fatti approfondire, fornire ai cittadini un'informazione completa». Ora, che Silvio Berlusconi sia refrattario alla stampa come potere di controllo della politica è un fatto acclarato che dovrebbe allarmare tutti coloro che hanno a cuore la democrazia, al di là delle appartenenze di partito. Il premier è rimasto sempre quello che è: un capo-azienda dalle manie di grandezza e con l'allergia alla critiche, sentite come inaccettabili disfattismi lungo la via del (suo) successo.
La scandalosa legge che limita la pubblicazione delle intercettazioni e la proposta, ereditata da Franco Levi braccio destro di Prodi, di ingabbiare la controinformazione su internet, dimostrano un'inusitata volontà di normalizzare, schedare, mettere a tacere le voci scomode. Ma i recenti casi di scontro fra Palazzo Chigi e mondo giornalistico svelano l'altra faccia della medaglia. Quella che può disorientare gli antiberlusconiani dalle granitiche certezze, e che conferma invece quanto il gioco politico in Italia sia una lotta fra bande della stessa risma. La campagna intimidatoria dello scherano Feltri contro l'ex direttore di Avvenire Dino Boffo ha visto la Chiesa nella parte del complice che finge di fare la vittima, poiché invece di difenderlo gli hanno dato il benservito, lasciando a qualche isolato prelato una flebile indignazione. In realtà , papa Ratzinger ha sfruttato l'occasione per rimettere in riga la Cei di cui Boffo era un'emanazione, e trattare direttamente col governo di Roma in questa fase di transizione verso il dopo-Berlusconi. La levata di scudi per la querele di quest'ultimo a Repubblica e l'Espresso per le domande e i servizi sui suoi discutibili costumi sessuali è ipocrisia allo stato puro. Benchè mostri ancora una volta quale padronale concezione dell'informazione abbia il Papi, querelare un giornale non rappresenta di per sé un attentato alla libertà di stampa (semmai un'intimidazione, pratica molto diffusa fra i politici di ogni fazione). La sinistra giornalistica italiana dovrebbe chiedersi, invece, se rappresenti davvero una prova di vero giornalismo quello di dedicare mesi di paginate sui fatti privati di un politico che, finchè non costituiscono reato, rimangono esclusivamente fatti suoi. D'accordo, stiamo parlando del capo del governo in carica, di un uomo pubblico da cui dipendono le sorti del Paese. Ma ben altre sono le questioni che incidono sulla vita della gente: la crisi economica, la disoccupazione, l'avvelenamento ambientale, le istituzioni sequestrate dai partiti e dai potentati economici, la finanza bancaria che continua a dettar legge e, certamente, l'incostituzionale lodo Alfano. Temi su cui le ricette della sinistra fiancheggiata dagli Ezio Mauro e dai Giuseppe D'Avanzo divergono da quelle della destra solo sulle sfumature, quando di fatto non li eludono. Il can can sull'estromissione dal video di Ballarò per far posto ad una serata di Porta a Porta, poi, è degno dei peggiori spettacoli di regime. La banda di sinistra strilla e strepita per l'offesa fatta al suo beniamino, il vespino Floris. Mentre Santoro reciterà come al solito la sceneggiata del censurato causa problemi di rinnovo al contratto di Marco Travaglio, giornalista fra i migliori sulla piazza ma che certo spazi dove lavorare ne ha avuti e ne avrà (a proposito, il 23 settembre esce il nuovo quotidiano Il Fatto, una bella novità nel plumbeo panorama editoriale italiano).
La stretta alla libertà di informare in Italia non è nata con Berlusconi, né si risolverà con la sua uscita di scena. Perché l'editoria di questo Paese è in mano a pochi grandi gruppi, di cui quello berlusconiano con le sue televisioni è il maggiore ma non l'unico. A libro paga di una manciata di industriali, banchieri, finanzieri, palazzinari e concessionari pubblici, i giornalisti italiani della stampa d'establishment sono già privi di libertà . Per obbligo, per vocazione o per necessità , il servilismo è, salvo rare eccezioni, il loro marchio di fabbrica. Che il padrone sia Berlusconi, De Benedetti, gli Agnelli, Mediobanca o Soru, la differenza sta solo nell'interesse, diverso per ciascuno e uguale per tutti. Pecunia non olet.
Alessio Mannino
Continua a leggere
Processo al signor B. E ad un paese che gli somiglia troppo
Domenica 5 Luglio 2009 alle 08:23Dalle vicende private di Berlusconi ai rapporti tra governo e mezzi d'informazione, ecco come alcuni opinionisti vicentini giudicano il dibattito politico degli ultimi mesi.
Dal caso Noemi alle inchieste di Bari, mai come negli ultimi mesi il dibattito politico italiano è stato occupato da vicende che di politico, nel senso classico della parola, hanno ben poco. Al di là del giudizio sui comportamenti del presidente del consiglio, il can can degli ultimi mesi ha almeno avuto il pregio di mettere a nudo alcuni nervi scoperti del nostro sistema paese: i rapporti tra chi governa e mezzi di comunicazione, ad esempio, e il tentativo sempre più esplicito di porre vincoli più stretti alla libertà di pubblicare certe notizie. O ancora, i rapporti difficili tra governo e magistratura. Ne abbiamo parlato con alcuni opinionisti dei principali media vicentini: ecco cosa ci hanno detto.
Continua a leggereTravaglio e il regime di Puttanopoli. Intervista a VicenzaPiù
Sabato 4 Luglio 2009 alle 08:12La firma di punta dell'anti-berlusconismo spiega perché siamo in pericolo di golpe. E ai giornalisti dice: "Fate obiezione di coscienza contro le leggi-bavaglio"
Marco Travaglio non ha bisogno di presentazioni. Segugio d'archivio, polemista d'assalto, alfiere di punta di quel giornalismo all'americana, "cane del guardia" del potere, così poco praticato in Italia, viene spacciato per penna faziosa di sinistra per la sua battaglia anti-berlusconiana. In realtà il torinese Travaglio, classe 1964, cattolico, è stato un puledro della scuderia di Indro Montanelli, che se lo allevò al Giornale sul finire degli anni '80 e lo definì, con paterna ironia, il "nostro Viscijinsky" (l'inquisitore delle purghe staliniane), uno che "su qualsiasi protagonista, comprimario e figurante della vita politica italiana è pronto a fornirti su due piedi una istruttoria rifinita al minimo dettaglio". E difatti Travaglio è null'altro che un liberale montanelliano, di una destra che non c'è, che come il maestro ha votato l'esistenza alla libera informazione e perciò lotta contro il berlusconismo dilagante. Per questo, oggi, trova asilo sulla stampa di sinistra, da Santoro, sul blog di Grillo, insomma ovunque lo lascino libero di scrivere quello che pensa (ma nei '90 è stato firma per il settimanale di destra Il Borghese, su cui ha sputtanato la lobby trasversale degli ex di Lotta Continua pubblicandone le intercettazioni telefoniche seguite all'arresto di Adriano Sofri; nonché per L'Indipendente spalleggiatore di Mani Pulite, diretto da un Vittorio Feltri non ancora berlusconizzato).
Continua a leggere