Zonin si dimette oppure no dal Cda di BPVi? Il falso problema dei media: per la banca del territorio servono "non chiacchiere ma cash"
Giovedi 12 Novembre 2015 alle 23:32 | 0 commenti
Mentre su stampa e web locale il titolo più ricorrente è "Zonin si dimette oppure no dal Cda di BPVi?", questo falso problema distrae i media o i media ci distraggono col falso problema. Ai 350 o 300 dipendenti a rischio esubero, ad esempio, interessa così tanto che Gianni Zonin lasci la sua posizione, per altro puramente simbolica da quando i pieni poteri sono stati affidati all'Ad Francesco Iorio, o vogliono capire soprattutto se a loro converrà o meno rinunciare al 30% della retribuzione utilizzando il Fondo esuberi per 5 anni prima di uscire dalle sue ali, finanziate in gran parte dall'Istituto stesso in cambio della certezza di poter fare a meno definitivamente dopo il quinquenno dei dipendenti in esubero?
E a chi ha versato, e in gran parte perso, dal 2014 in poi oltre un miliardo di euro alla BPVi grazie alle operazioni spericolate di Zonin & c., indagati dalla magistratura ma già condannati dagli azionisti turlupinati per la loro insipienza o, fa lo stesso, per la loro malafede non sta a noi deciderlo, interessa così tanto il gossip mediatico inconcludente sul re del vino o sapere cosa varranno le loro azioni e cosa a loro conviene fare dopo la trasformazione in spa della Banca locale e in occasione della sua quotazione in Borsa con annesso aumento di capitale?Â
E basterà che Zonin si dimetta per tornare alle sue botti perchè torni felice una parte del mondo economico vicentino, quello danneggiato direttamente dalla svalutazione dei suoi investimenti in azioni e indirettamente dal crollo dei consumi locali dopo che la capitalizzazione complessiva passerà dai circa 6 miliardi euro di inizio 2015, con le azioni truffa a 62,50 euro, e dai 4,5 miliardi degli attuali fantomatici 48 euro agli 1,2 - 1,4 miliardi di euro se la forbice del valore presunto di borsa sarà tra i 12,85 e i 15 euro?
E risolveranno i loro problemi e brinderanno felici dopo le dimissioni di Zonin le migliaia di dipendenti non toccati, per ora, dalle vicende attuali, ma soggetti agli effetti del piano industriale di salvataggio della Banca progettato dal nuovo management con cui sono stati di fatto commissariati i vecchi gerarchi bancari che, a loro volta, avevano fortemente condizionato per tanti, troppi anni economicamente e polititicamente Vicenza?
Perchè questo è il danno più grande arrecato alla città e al territorio da Zonin & c., che nessuna letera di dimissioni date un mese prima piuttosto che dopo cancellerà : i vertici oggi sotto accusa della vecchia banca controllavano, influenzavano e bloccavano, e ancora lo fanno finchè l'opera di Iorio non sarà compiuta, e sperando che lo sia fino in fondo, gangli vitali del sistema vicentino, come la maggiore associazione datoriale, Confindustria Vicenza, presieduta da un membro del Cda bancario fin dal 2003, l'eticissimo Giuseppe Zigliotto, tutt'oggi il referente per conto della proprietà dell'unico quotidiano locale o del quotidiano unico...
Che Francesco Iorio salvi nel breve la banca è un dato certo ora che è garantito dal relativo Consorzio l'aumento di capitale da 1,5 miliardi (superiore alla capitalizzazione realistica della azioni attuali e quindi portatore di un diverso assetto di controllo).
Ma, oltre a quella del crollo oggettivamente poco attenuabile del valore delle azioni, le questioni aperte rimangono due.
Una in gran parte tecnica: la "digeribilità " per i dipendenti e l'appetibilità per il mercato del Piano industriale targato Iorio & c. che antepone la buona gestione della banca al suo vecchio ruolo, non previsto dal suo "oggetto sociale", di centro di potere e dei poteri.
La seconda in gran parte "politica": stante la certezza dell'aumento di capitale assicurata dal Consorzio di garanzia, che si è costituito intorno al progetto e all'azione di Francesco Iorio, se si vuole realmente che rimanga forte la caratterizzazione territoriale della Banca Popolare di Vicenza non sta a Iorio realizzarla, visto che lui ha già auspicato, più volte, la trasformazione in atti concreti (investimento di denaro vero) delle finora ipotetiche intenzioni delle forze economche locali non certe prive di fondi, ma un po' restie a mettere le mani al portafoglio, abituate come sono ad avere in cambio "agevolazioni" di ogni tipo ma che devono finalmente pensare a una banca che genera un ritorno degli investimenti facendo la banca e non la dispensatrice di "benedizioni" ai poteri più in voga del momento.
«O il territorio crede in questo aumento di capitale o la banca sparisce. Rischia di morire se l'aumento non sarà sottoscritto, oppure di diventare filiale di qualche istituto estraneo al territorio", sono state queste le parole di Iorio in occasione della sua audizione davanti alla Giunta e ai capigruppo consiliari a Palazzo Trissino lunedì 12 ottobre.
Oggi siamo già a un mese esatto dopo quelle più volte ripetute frasi e la quotazione in Borsa si avvicina a spron battuto.
"Non fiori ma opere di bene", si diceva dopo la dipartita di un caro.
Dopo la dipartita della vecchia banca (cara, ma nel senso di costosa per gli azionisti) la frase, a cui magari avranno pensato i vecchi nemici Roberto Zuccato e Michele Amenduni seduti al caffè Garibaldi già quest'estate, è una sola: "non chiacchiere, ma cash"!
Magari gestito da un Home banking per le aziende migliore di quello zoppicante finora assicurato dai 150 dipendenti attuali del Centro Servizi in via di esternalizzzazione alla Sec di Padova: i sindacati, stavolta non ce ne vogliano, si oppongono ma il software non è all'altezza delle esigenze di aziende moderne come quelle vicentine...
Che brinderanno di certo, e magari con vino Zonin, non quando costui si dimetterà ma quando questo e gli altri problemi di cui abbiamo prima scritto si avvieranno a soluzione.
"In vino veritas" sì, cari colleghi "unici", ma scrivendo tutto, e bene, prima di berlo e farlo bere...
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