Vincenzo Consoli povero come Gianni Zonin, Il Corriere del Veneto: nei suoi conti solo 30.000 euro, alla moglie sequestrati oltre 4 milioni
Sabato 6 Agosto 2016 alle 10:28 | 0 commenti
«A Vincenzo non sono rimasti neppure i soldi per comprarsi il latte». La battuta è di un amico della famiglia Consoli ma rende l'idea. Il messaggio che viene fatto filtrare dalla villa di Vicenza - dove da martedì l'ex direttore generale di Veneto Banca è rinchiuso ai domiciliari - con il passare dei giorni si fa sempre più chiaro: dopo la caduta, il re è stato spogliato di tutto, non resta più nulla da sequestrare.
L'hanno chiarito, in serata, anche i suoi avvocati con una breve nota: «Il ragionier Consoli comunica di avere due soli conti correnti e deposito titoli: uno in Veneto Banca e un secondo in Banco Popolare entrambi oggetto di sequestro. Egli quindi non possiede alcun altro conto corrente o deposito titoli in altre banche italiane o estere, e sfida chiunque a provare il contrario».
Eppure la guardia di finanza che indaga su di lui (e su altri 14 tra manager e uomini d'affari) per aggiotaggio e ostacolo all'attività delle autorità di vigilanza, non ne è affatto convinta. «Gli accertamenti proseguono», ha confermato ieri il generale Alberto Reda. Si continua quindi a cercare gli altri soldi di Vincenzo Consoli, sempre ammesso che ce ne siano. Perché quando la procura di Roma ha chiesto il sequestro preventivo dei suoi beni «fino al raggiungimento del valore complessivo di 45 milioni e 425mila euro», probabilmente si aspettava di trovare ben altro. Finora a Consoli sono stati sequestrati, oltre alla villa da due milioni di euro, i due conti intestati e le azioni. Ebbene, da un uomo che guadagnava due milioni di euro l'anno, ci si aspetterebbe grandi risparmi. E invece no: nei conti corrente di Vincenzo Consoli c'erano più o meno 30mila euro. Nient'altro. E anche le azioni dell'istituto di credito di Montebelluna, per quello che possono valere oggi, sono ben poca cosa: stando al libro soci aggiornato al 18 marzo, risulta detenerne appena mille. Sua moglie, 70mila. A giugno 2014, quando ancora rivestiva l'incarico di direttore generale, stando al prospetto dell'aumento di capitale possedeva 13.720 titoli.
Da qui il sospetto dei magistrati che possa aver trasferito delle somme alla moglie Rita. Una convinzione che giovedì ha spinto i pm a ordinare il sequestro preventivo anche dei beni della donna. I conti corrente e i titoli della consorte, in effetti, sono ben più cospicui e superano i quattro milioni di euro.
I finanzieri di Roma e Venezia stanno ancora facendo i conti. Alla villa e al denaro che i coniugi avevano in banca, occorre aggiungere la collezione d'arte che arredava la casa. Sotto sequestro sono quindi finiti dipinti dell'Ottocento, quadri di Federico Andreotti, antiche tele di Maximilian Pfeiler, e un costosissimo Lodewijk Toeput. E poi, una scultura in marmo di Carrara di Guglielmo Pugi e un'altra attribuita a Francesco Barzaghi, vasi giapponesi, un arazzo del XVIII secolo, una coppia di tappeti e un paio di icone russe. Si tratta di opere di pregio e di certo il loro valore supera il milione di euro.
Finora la guardia di finanza potrebbe quindi aver messo le mani su meno di dieci milioni di euro. Ne mancano almeno altri 35, per arrivare alla cifra messa nero su bianco dalla procura capitolina.
Di sequestri preventivi potrebbe presto doversi occupare anche un'altra procura: quella di Vicenza che sta seguendo la maxi inchiesta sullo scandalo che ha travolto l'altra Popolare del Veneto (la Banca Popolare di Vicenza di Gianni Zonin, l'altro tra gli indagati che dovrebbe avere ben poco di suo visto che ha donato i suoi beni ai figli, ndr). Ieri, per assistere all'interrogatorio di garanzia al quale si è sottoposto Vincenzo Consoli, da Roma è arrivato Stefano Pesci, il pm impegnato nell'indagine sull'istituto di Montebelluna. Stando alle indiscrezioni trapelate nel pomeriggio, al termine dell'udienza Pesci avrebbe incontrato Luigi Salvadori, uno dei magistrati che si occupano della Popolare di Vicenza. Un confronto che sarebbe stata anche l'occasione per uno scambio di idee, visto che le due inchieste hanno molti aspetti in comune, a cominciare dalle accuse (aggiotaggio e ostacolo all'attività delle autorità di vigilanza) ma anche dai meccanismi attraverso i quali sarebbero stati commessi gli illeciti, come le operazioni «baciate».
E mentre la magistratura si occupa del passato, Veneto Banca guarda già al futuro. Lunedì, nella sede storica di Villa Loredan, è in programma l'assemblea dei soci che dovrà votare la lista dei consiglieri proposta dal Fondo Atlante, che prevede la conferma di Cristiano Carrus come amministratore delegato e di Beniamino Anselmi alla presidenza.
di Andrea Priante, da Il Corriere del Veneto
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