Veneto Banca, premarketing per sfuggire ad Atlante. Messina: o va o non va
Giovedi 19 Maggio 2016 alle 08:35 | 0 commenti
Veneto Banca, al via il premarketing per l’aumento di capitale e la corsa decisiva per sfuggire ad Atlante. Il bivio l’ha indicato, una settimana fa, l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina: «Esiste anche la possibilità che Atlante non entri. In caso contrario, meglio che prenda il controllo». In ballo c’è Veneto Banca e l’aumento di capitale da un miliardo di euro per metterla in sicurezza e portarla in Borsa a fine giugno.
A seguire Messina, che da amministratore delegato di Intesa guida il consorzio di garanzia con la controllata Imi, il gioco sarebbe binario: o va o non va. Insomma, per l’ex popolare, o davvero si concretizzano le indicazioni che danno il quadro diverso dal precedente di Bpvi, con investitori e parte dei vecchi soci pronti a metter mano al portafogli («c’è la possibilità che il mercato possa avere un atteggiamento positivo, alcuni azionisti potrebbero essere interessati a sottoscrivere», aveva detto Messina), costruendo una nuova proprietà variegata (con magari Atlante in un ruolo minoritario a chiudere il cerchio), o si finisce dritti sulle spalle di Atlante.
Il manager di Intesa parlava prima del premarketing, il cui inizio è atteso per oggi (a meno di slittamenti di qualche giorno, in attesa che Atlante firmi il contratto di subentro con il consorzio di garanzia guidato da Imi). E indicava quei dieci giorni come decisivi. Oltre che per fissare la forchetta di prezzo (attesa a fine mese, seguita dal prospetto informativo), proprio per capire se ci saranno investitori disposti a metterci soldi (nonostante che in contemporanea anche il Banco chiederà un miliardo a soci e mercato), o se anche per Montebelluna si dovrà chiamare Atlante. Che resta il punto di partenza da considerare. Al di là di tutto, è l’attuale fase di mercato che bastona le banche a dirlo. Per capirlo basta ritirar fuori una tabellina della perizia con cui a novembre Angelo Provasoli e Massimiliano Nova indicavano il prezzo di recesso di Veneto Banca a 7,6 euro (sceso a 7,3 per il contributo al salvataggio di Etruria e delle altre tre banche), con il metodo del rapporto prezzo su patrimonio netto. Alla banca, prima dell’aumento (è la parte azzurra del grafico sopra), venne attribuito un valore di 931 milioni, pari a 7,64 euro per ciascuna dei 122 milioni di azioni, valutandola il 70% del patrimonio netto, media allora delle popolari quotate. Ma i prezzi di Borsa sono intanto drammaticamente caduti. Il Banco Popolare viaggia su prezzi intorno al 25% del patrimonio e la solida Ubi al 36%, la metà di settembre 2015. Ma con il multiplo del Banco, Veneto Banca vale meno del miliardo di aumento e con quello di Ubi si arriva a darle poco più di quel valore. Con la conseguenza, però, di azzerare il valore del capitale dei vecchi soci. Insomma, con i numeri (lo scenario con i vari multipli è nella parte color senape del grafico) anche per Veneto Banca non c’è margine per far prezzo e l’orizzonte non appare diverso da Vicenza, dove i 10 centesimi erano in un rapporto prezzo-patrimonio di 0,38. Eppure c’è chi dice che l’esito non sia scontato. Il tam tam degli specialisti insiste sui fondamentali di Veneto Banca meno negativi. E che la cifra del capitale finanziato - 300 milioni, contro il miliardo di Vicenza - lascia una platea di grandi soci meno ostili (e con meno cause), con più possibilità di far considerare l’aumento, offerto in prima battuta in opzione ai vecchi soci. E poi si spera che pesi ancora l’euforia dell’assemblea degli azionisti del 5 maggio, con il ribaltone nel cda che ha spedito al comando la squadra presieduta da Stefano Ambrosini, che ieri era in Consob con il dg Cristiano Carrus e i consiglieri Carlotta De Franceschi e Fabio Bassan e che lunedì riunirà il cda sull’aumento di capitale, oltre a incontrare i sindacati con il vicepresidente Giovanni Schiavon, in un vertice decisivo per tentare la distensione su un fronte ostico. Operazione, il ribaltone, ispirato dalle associazioni dei grandi e piccoli soci, «Per Veneto Banca» e Associazione azionisti Veneto Banca. E non a caso il nuovo presidente di «Per Veneto Banca», l’industriale cartario Bruno Zago, mostra ottimismo: «Siamo convinti di riuscire a superare la barriera del 25% - dice, riferendosi alla soglia minima di flottante per la Borsa -. In Per Veneto Banca c’è disponibilità , qualche altro socio lo stiamo contattando e cerchiamo investitori istituzionali. Capisco la sfiducia, ma Veneto Banca è comunque diversa da Vicenza. Si tratta di guardare avanti». E poi ci sono le indiscrezioni di stampa e i rumors di mercato, che hanno rilanciato ieri lo scenario di banche interessate a Montebelluna, con in prima linea Bper e Ubi. «Non abbiamo dossier aperti», ha detto l’amministratore delegato di Ubi, Victor Massiah, ripetendo recenti dichiarazioni, in cui rimandava all’esser concentrati sul piano industriale. Smentita suonata però come a metà : il non aver dossier aperti non esclude che qualche faldone sui tavoli ci sia e che magari non si possa prima o dopo aprire; anche perché l’assorbimento totale non andrà oltre giugno, quando sarà presentato il piano industriale. Così le voci si sono concretizzate in Borsa in aumenti del 7% per Bper e del 3,73% per Ubi. L’attesa è che qualcosa possa muoversi, dopo che si sarà visto l’esito dell’aumento di Veneto Banca: se riuscirà a quotarsi, con una propria compagine azionaria, sfuggendo ad Atlante. Con il che si ritorna al punto di partenza. Per ora, a mostrare di credere in un rilancio rischioso, dovranno essere i grandi soci e gli investitori, passando per l’aumento di capitale.
di Federico Nicoletti, da Il Corriere del Veneto
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