Veneto Banca, grandi e piccoli soci frenano l'entrata in Borsa: "Prima vogliamo un bilancio trasparente"
Venerdi 18 Marzo 2016 alle 09:23 | 0 commenti
Sull’opportunità di anticipare l’assemblea di Veneto Banca e chiudere il bilancio 2015 in trasparenza, prima di accedere alla quotazione in Borsa, sono d’accordo tutti, grandi e piccoli azionisti. Si tratta solo di capire se le richieste saranno accolte, dato che tra «Per Veneto Banca» e «Associazione degli azionisti di Veneto Banca» il capitale rappresentato sfiora il 12%, o se la dirigenza di Montebelluna vorrà tirare dritto per arrivare alla Ipo il prima possibile.
«Troviamo allucinante non avere una lettura chiara del bilancio prima di andare in Borsa – è il punto di vista di Matteo Cavalcante, presidente dei «grandi soci», riuniti ieri in serata per decidere sul da farsi – e non comprendiamo la ragione per cui non potrebbe slittare di un mese il debutto a Piazza Affari. Gli interrogativi che abbiamo posto sono più che ovvi, ad esempio, quanto sarà valutata la “litigation†nell’insieme dei conti? L’aumento di capitale di un miliardo sarà sufficiente o è una soluzione-traghetto? Perché non è previsto un sistema di premio per i vecchi soci? In questo momento, in assenza di repliche, purtroppo ogni cattivo pensiero è pronto a sorgere».
La convergenza su tali questioni è abbastanza netta anche da parte del comitato guidato da Giovanni Schiavon, il quale tuttavia pone alcune condizioni per poter stabilizzare una sinergia con Cavalcante. «Abbiamo l’impressione che fra i grandi soci ci sia una specie di ansia attorno agli eventuali incarichi in Cda e se si fanno ragionamenti di questo tipo l’unità di vedute è compromessa. Anche perché fra loro - aggiunge Schiavon - esistono soci con più debiti che azioni e c’è il sospetto che in questo possano inserirsi dei conflitti d’interessi. Detto questo, siamo d’accordo sul fatto che i conti della banca sono opachi e non abbiamo ad esempio capito i motivi alla base delle perdite del 2015. Qualche settimana in più è fondamentale».
Nel frattempo, l’istituto montebellunese registra un altro indizio di scarso appeal delle proprie azioni, con l’esito nullo del tentativo di collocare presso gli investitori istituzionali i titoli provenienti dal recesso e non assorbiti dai soci che avevano diritto di opzione e prelazione, ossia la stragrande maggioranza (1,99 milioni su poco più di 2 milioni). Le stesse azioni, perciò, torneranno nella disponibilità dei relativi titolari, che potranno cederle, se troveranno dei compratori, senza altri vincoli. Se qualcuno ha avuto qualche soddisfazione, per quanto minima, sono stati due imprenditori di Busto Arsizio, titolari di Autek, ai quali il Giurì bancario di Roma ha riconosciuto un risarcimento di 6 mila euro: per ottenere un finanziamento necessario a sostenere una grossa commessa, Veneto Banca li aveva costretti, nel 2014, ad acquistare azioni già invendibili per 25 mila euro.
Di Gianni Favero, dal Corriere del Veneto
Accedi per inserire un commento
Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.