Studio 3A chiede i danni a Miteni per il patema d'animo da Pfas provato dai genitori per la salute dei figli nati dopo il 1990
Lunedi 11 Settembre 2017 alle 11:29 | 0 commenti
Pur non essendo stato ancora accertato dalle autorità inquirenti, e non potendo ancora affermare con certezza, che l'inquinamento da Pfas delle acque di mezzo Veneto sia dovuto alle attività di Miteni, un punto è ormai assodato, scrive nella nota che pubblichiamo Studio 3A di cui abbiamo pubblicato pochi giorni fa un'altra delle sue azioni di tutela del diritti, quella della famiglia del giovane catanese Salvatore D'Agostino folgorato da un faretto di illuminazione per cui ora è indagata la presidente di Gemmo Spa. Come hanno acclarato i Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico, scrive Studio 3A, e non solo (si veda l'Arpav), la multinazionale di Trissino sapeva fin dagli anni '90, sulla scorta di indagini da essa stessa richieste a soggetti privati, che nell'area del proprio stabilimento vi era la presenza in elevata concentrazione di materiale inquinante a contatto con la falda acquifera. Peccato però che l'azienda non abbia avvisato alcuna autorità , violando l'obbligo di comunicazione agli enti competenti quali Regione, Provincia e Comune.
Sulla base di questo elemento incontrovertibile, Studio 3A ha deciso di rompere gli indugi e avviare un'azione in giudizio - la prima causa civile in assoluto, da quanto risulti - contro l'azienda, valorizzando un determinato profilo di danno: l'angoscia provata dai genitori per la salute dei figli nati dopo il 1990.
Studio 3A, società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni tipologia di sinistro, compresi i casi di danno ambientale, a tutela dei diritti dei cittadini, assiste da oltre un anno una decina di famiglie residenti nel Vicentino e nel Veronese che, attraverso i consulenti personali Linda Mazzon e Armando Zamparo, si sono affidate ai suoi esperti per fare piena luce sui fatti e ottenere giustizia: agricoltori, che per anni hanno utilizzato i pozzi inquinati per bere e irrigare le loro culture (la mappatura dei pozzi privati a uso potabile è stata avviata solo nel 2014 e le ordinanze di divieto di utilizzare l'acqua per uso alimentare o irriguo sono per lo più successive), ma anche semplici cittadini che l'acqua contaminata l'hanno bevuta comunque e che adesso vivono nel terrore di aver riportato gravi danni alla salute.
Per il tramite dell'avvocato penalista di queste famiglie, con cui Studio 3A collabora da vicino, lo scorso marzo è stato già presentato per conto di ciascuna di esse un esposto nelle rispettive Procure di Verona e Vicenza. Si trattava però di un atto ancora contro ignoti nel quale si chiede alla magistratura inquirente se in questo inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche siano rinvenibili fattispecie penalmente rilevanti e, se sì, che si individuino i soggetti responsabili e si proceda nei loro confronti.
I recenti sviluppi delle indagini, tuttavia, hanno mutato lo scenario. In attesa di capire se e quando vi siano gli estremi per chiedere eventuali danni biologici alla salute, che ci si augura comunque non capitino mai, non vi è alcun dubbio che sussista in tutta evidenza quello morale-esistenziale per la forte preoccupazione provata per l'incombente rischio di sviluppare patologie anche gravi legate alla presenza dei Pfas in percentuali così elevate nel sangue, come sta emergendo dallo screening di massa avviato dalla Regione nelle zone più esposte. Ma se per le persone nate prima degli anni '90 l'azienda potrebbe sempre eccepire di non essere stata a conoscenza del grave inquinamento, difficilmente potrà sostenere la stessa tesi per i giovani nati successivamente, perché è chiaro che se Miteni avesse agito diversamente, e avesse informato, come avrebbe dovuto fare per legge, gli enti preposti, ora - almeno - i genitori non sarebbero tanto angosciati per la salute dei loro figli.
Per questo Studio 3A ha valutato la sussistenza degli estremi per formulare una richiesta mirata di risarcimento dei danni da angoscia per due delle famiglie assistite che hanno dei bambini e ha ritenuto di avviare l'iter per la citazione in causa: si tratta di due bimbi di 4 e di 7 anni e di una ragazzina di 11, residenti nei comuni di Zinella e di Veronella, in provincia di Verona. Trattandosi di una materia per la quale la procedura di negoziazione assistita costituisce una condizione di procedibilità dell'azione in giudizio, oggi, lunedì 11 settembre 2017, attraverso il loro legale, per conto dei genitori di questi tre bambini è stato quindi inviato un formale invito all'azienda di Trissino a stipulare la convenzione assistita. Ora la palla passa a Miteni, che ha un mese per rispondere.
"Miteni non può sostenere che dagli anni '90 non sapeva e il fatto di aver colpevolmente omesso di avvisare le autorità ha impedito a queste ultime di intervenire e di risolvere questo grave problema ambientale prima che i soggetti più giovani nascessero, con tutte le conseguenze a cui stiamo assistendo sul piano sanitario ma anche esistenziale - commenta il Presidente di Studio 3A, dott. Ermes Trovò - E' chiaro che per noi quest'iniziativa vuole essere un punto di partenza, ma è importante iniziare finalmente a pretendere i diritti delle persone danneggiate ed è ancora più importante cominciare a farlo per i soggetti più deboli: i bambini".
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