Se Gianni Zonin invitava a comprare azioni BPVi a prezzi gonfiati, Domenico denuncia i prezzi del Prosecco. Alti, per gli imbottigliatori
Mercoledi 6 Gennaio 2016 alle 14:46 | 0 commenti
È strano trovare uno Zonin contro i prezzi alti, dopo che Gianni aveva "venduto" a 62,50 euro azioni della Banca Popolare di Vicenza, che, se andrà bene, in Borsa vedranno il loro valore scendere ben sotto i 20 euro. Eppure c'è, almeno nel mondo delle bollicine dopo la bolla dell'Istituto di Via Btg Framarin, visto che il figlio Domenico Zonin al Corriere del Veneto, di cui Gianni è socio, dichiara: «Prosecco doc, prezzi insensati. Più ettari e intesa di filiera per raffreddarli». Insomma se le azioni ci sono rimaste sulla stomaco, beviamoci su con un prosecco più economico. Almeno per gli imbottigliatori, che con Domenico vogliono pagare meno il produttore. Ecco l'articolo di Gianni Favero.
Zonin: «Prosecco doc, prezzi insensati. Più ettari e intesa di filiera per raffreddarli»
di Gianni Favero, da Il Corriere del Veneto
«Il prezzo del Prosecco Doc adesso è senza senso. Un valore di 2,50 euro al litro è decisamente fuori mercato». Dopo il richiamo dell'altro ieri di Gianluca Bisol, presidente dell'omonima casa vinicola di Valdobbiadene che spartisce l'azionariato con la famiglia trentina dei Lunelli, titolari delle Cantine Ferrari, ad alzare la voce sul tema è Domenico Zonin, presidente dell'Unione Italiana Vini (Uiv), l'associazione per antonomasia delle imprese italiane del settore, e amministratore delegato della casa vinicola di Gambellara.
Troppo alti i prezzi all'origine e rischi di speculazione sui prezzi dell'uva, di fronte al boom del Prosecco, era stato il richiamo di Bisol. Con il rischio di finire fuori mercato, come fu in passato per i vini bianchi friulani. Se il produttore vende il litro di prosecco Doc ad un valore ormai sovrapponibile a quello di chi opera sulla fascia alta, il Conegliano Valdobbiadene Docg, la distinzione fra i due segmenti rischia di non essere percepita dal consumatore e si innescano squilibri nella remunerazione.
Per sommi capi, i Comuni di Veneto e Friuli in cui è ammessa la produzione di prosecco Doc sono 650; ma solo nelle aree ristrette delle strisce fra Conegliano e Valdobbiadene e, appena sotto, fra Nervesa della Battaglia e San Zenone degli Ezzelini, passando per Asolo, avviene la produzione della Doc garantita (Docg), con metodi di lavorazione più complessi. La distinzione, stabilita nel 2009, ha creato una gerarchia nella qualità del Prosecco che però oggi rischia di non trovar corrispondenza nel differenziale di prezzo. La Doc, insomma, è alle stelle.
«Nel Regno Unito e negli Usa, primi mercati di esportazione, il Prosecco è di gran moda ed i consumatori forse non stanno così attenti ai prezzi. Ma se non troviamo il modo di calmierarli - prevede il presidente di Unione italiana vini - sarà difficile garantire un futuro alla Doc». In sintesi, la «bolla delle bollicine» oggi ha portato l'uva ad oltre 1,10 euro al chilogrammo, ossia un buon 50% oltre gli standard, e l'imbottigliatore a dover pagare il litro sfuso circa un euro più di quanto sarebbe ragionevole. «Con un reddito tutto spostato sul produttore - prosegue Zonin - perché per restare nel ventaglio di prezzo accettato dalla distribuzione chi imbottiglia sta sacrificando i margini. I grandi acquirenti, da parte loro, non comprendendo le fluttuazioni di prezzo e non riuscendo ad elaborare proiezioni sul medio termine, potrebbero farcela pagare un po' non appena le mode si raffredderanno».
Dunque? «Occorre agire su due fronti. Prima cosa ampliare il numero dei vigneti Doc. Buona cosa, perché se la tendenza continua così presto non ci sarà più materia prima. Seconda leva, raggiungere un accordo interprofessionale, come avvenuto per altre Doc, fra produttori, imbottigliatori e magari la Regione con lo scopo di calmierare i prezzi per almeno un triennio».
Meno allarmato di Zonin è Innocente Nardi, presidente del Consorzio Conegliano Valdobbiadene Docg, il quale non nega che il problema esista e che possano insorgere confusioni di posizionamento, restando però abbastanza convinto che «ci siano comunque elementi di valore unici della Docg legati a territorio, qualità e storia che vanno al di là del prezzo». I numeri confortano l'interpretazione. Nel 2014 la produzione di bollicine superiori in quest'area ha sfiorato i 404 milioni di euro (+11,5% sull'anno precedente), 147 dei quali all'estero, con un incremento del 9,3% di bottiglie vendute che hanno così superato i 79,2 milioni. «Sono d'accordo sul fatto che occorra sensibilizzare i produttori su un giusto posizionamento del prodotto e che si appresti un tavolo di confronto fra i Consorzi di tutela e la Regione Veneto. Ma la Docg non ha paura: c'è almeno un 30 per cento delle nostre aziende che imbottigliano sia Doc che Docg e confido che sappiano gestire correttamente le due fasce».
A far sentire la voce dell'altra campana è Stefano Zanette, presidente del Consorzio Prosecco Doc, sistema da 360 milioni di bottiglie e 1,5 miliardi di euro di fatturato, che in parte riconosce il fenomeno e in parte lo ridimensiona. «Una tensione sui prezzi dell'uva, quest'anno, si è verificata ancora prima della vendemmia ed è stata inaspettata, benché non stiamo ai livelli citati da Bisol se non per una quota minima dei vigneti. Idem per il prodotto al litro, che ha conosciuto in effetti picchi ma solo in quantità limitate e quando si è concretizzata una richiesta superiore alle previsioni». Mediamente, insomma, l'uva è stata venduta intorno a 1 euro al chilo e il grosso della produzione fra gli 1,60 e gli 1,80 euro al litro, nel passaggio tra produttore e imbottigliatore. «Con il raccolto eccezionale del 2015 e con la riserva vendemmiale siamo arrivati a 3,4 milioni di ettolitri, una volta e mezza la quantità dell'anno prima. E ancora c'era richiesta. Bisogna individuare strumenti adeguati per una crescita sostenibile - conclude Zanette -. In primis l'aumento degli ettari di produzione».
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