Schneck segreto: "Sono contrario al Dal Molin Usa"
Sabato 12 Settembre 2009 alle 08:00 | 0 commenti
Articolo pubblicato su VicenzaPiù n.162 in edicola sabato 12 settembre
Ecco la trascrizione di una conversazione privata col presidente leghista della Provincia. In cui Titti il Panzer dice quel che pensa davvero sulla base, sulle armi atomiche a Longare, su Hullweck. E sul nuovo teatro
La Lega vicentina ha il cervello che dice una cosa e la pancia che ne sente un'altra. E' di lotta e di governo, e quando governa copre gli istinti che la spingono alla lotta. Ma essi, al riparo da taccuini e telecamere, saltano fuori, straripano, si liberano dal politically correct che li ingabbia. E se c'è un padano che tale contraddizione la riassume in sé condita di quella veracità allergica al bon ton che ha reso i leghisti così invisi ai parrucconi, è il presidente della Provincia, Attilio "Titti" Schneck detto il Panzer.
Padroni a casa nostra
A fornircene testimonianza è stata una fonte che in base all'inviolabilità della segretezza professionale non citeremo. Si tratta di una conversazione di cui abbiamo documentata prova. Essa è avvenuta con Schneck in privato nel febbraio di quest'anno. La nostra fonte, dopo qualche frase di simpatia, ricorda al presidente leghista il sacro motto del Carroccio delle origini, "paròni a casa nostra". «Proprio così. Tu credi che sul Dal Molin io sia d'accordo? Taccio e non sollevo questioni», è la spiazzante replica di Schneck. Al che la fonte, che chiameremo con l'iniziale F, gli fa presente la propria comprensione per il ruolo istituzionale che ricopre, che non gli permette di andare controcorrente rispetto ad una Lega ufficialmente schierata per il sì alla base. Il Panzer va giù piatto: «Non posso permettermelo di farlo, ma fare un'altra base militare a Vicenza, zio caro, come se non ne avessimo già abbastanza! Sacrifichiamo terreno e territorio nostro per altri 100/150 anni, questa è la previsione». Poi si lancia in un giudizio storico "revisionista" sui rapporti fra il nostro Paese e gli Usa nel periodo della Seconda Guerra Mondiale: «L'altra sera gliene ho dette quattro, guardate che non siamo alleati degli americani perché gli americani non sono alleati, gli americani sono stati cobelligeranti, perché non ci hanno dato l'epiteto di alleati, ci hanno dato dei cobelligeranti. E' vero che l'alleanza è stretta nei confronti di Stati Uniti e Nato, io non sto a discutere, di scelte che sono state fatte nè del perché. Questa alleanza per la base del ‘54 alla Ederle e... va bon, ma guardate che sacrifichiamo per l'Italia noi, Vicenza sacrifica per tutta Italia. Ho detto: ma proprio lì dovevano andare? Non avevano altri posti dove andare?». Per la verità Schneck ha usato il termine "sacrificio" anche pubblicamente. Del resto, persino il commissario del governo che sovrintende alla Ederle 2, Paolo Costa, la chiama così. Per non dire del sindaco della città , Achille Variati. La bomba è che personalmente, il leghistissimo Titti pensa che in fondo ci trattano da sudditi.
Risarcimenti subito
Ma andiamo avanti. Schneck è arrabbiato: Vicenza va ripagata, e molto. «Tutte le amministrazioni di prima dovevano mettere nero su bianco: noi non vogliamo la base americana a Vicenza prima roba, e seconda se bisogna per forza farla pagate queste cose qua perché bisogna che Vicenza sia ripagata non oggi, ma ripagata sia per oggi sia per tutti gli anni che resta la base. Deve esserci un patto di sangue con cui noi abbiamo determinati diritti, diversi dai diritti che hanno gli altri, perché stiamo facendo un sacrificio per l'Italia. E non riusciamo ad avere i soldi per la progettazione della tangenziale nord!».
A questo punto F. gli ribatte che la tangenziale la dovremo pagare noi italiani, che la bretella Ponte Alto-Isola serve proprio agli Americani per il collegamento della base. «Per l'Albera», è l'opinione di Schneck. «Fanno la base ma ci devono dare soldi, se la fanno a Zelo è meglio perché in città , così...», gli dice F. riferendosi alla proposta, emersa mesi fa, di costruirla nel paese di Zelo in provincia di Rovigo. Titti: «E' quello che dico anch'io, ma scherzi. Ho detto guardate che le basi militari le fanno nel terzo mondo in questo modo, siamo una città fra le più importanti del Nordest». F: «Patrimonio dell'Unesco». S: «Patrimonio dell'Unesco con una base del genere?... Abbiamo già sopportato in silenzio per 50 anni testate atomiche dentro Longare... Ma oggi sono cambiati i tempi, Vicenza può essere a rischio futuro, da essere un punto vulnerabile, con i punti strategicamente importanti che abbiamo. Allora siccome i tempi sono cambiati mi dai l'indennità per questa cosa qua, l'indennità senza combattere. Noi dovremmo avere tutto dallo stato per avere del beneficio. Oltre alle strade e altri benefici dovremmo avere un affitto annuo esempio un milione di euro all'anno che deve andare alla comunità ». Insomma, ammette la presenza di armi nucleari a Longare, e giustamente vuole che il territorio se ne liberi. Reclamando un minimo di indennizzo.
Malgoverno Hullweck
Poi rivela il contenuto di un colloquio con Variati. «Con Variati ho detto ma possibile che le due amministrazioni non facciano fronte comune? Ho detto a Variati: guarda che dovremmo prendere dei finanziamenti e il sindaco deve poter deciderne l'uso per la tua città e io per la provincia. dovremmo andare insieme, chiederli, mettiamoci d'accordo. Visto che prima era tutto centrodestra... ma perché questo accordo non è stato fatto prima con un legame fisso Dal Lago-Hullweck? Sai cosa mi ha risposto, ma non so se sia vero...? E' stato Hullweck per prendere la commessa, cioè per andare in parlamento, non so se è vero...». F. gli risponde che ha sentito in giro questa voce dell'ex sindaco Enrico Hullweck che usa il Dal Molin per farsi eleggere a Roma, ma Schneck non pare crederci molto: «Anche a me lo hanno detto ma mi pare una cosa, mah. A maggior ragione allora doveva fare battaglia perché bisogna far battaglia per difendere la tua gente. Doveva dire: io non ho niente contro gli americani perché noi non siamo antiamericani, però siamo vicentini, doveva per Vicenza fare la battaglia fino in fondo, sarebbe uscito meglio anche lui. Io l'ho detto: ricordatevi che se una cosa del genere succede per dire a Lecce si troverebbero da An a Rifondazione Comunista a fare a calci insieme, qui non c'è destra e sinistra, c'è l'interesse per la propria città ».
Schneck non ha molta stima di Hullweck, lo si capisce chiaramente. E secondo lui a fare le spese del malgoverno di quest'ultimo è stata Lia Sartori, sconfitta l'anno scorso da Variati nella corsa a sindaco del capoluogo. Ecco cosa dice a F. riguardo ciò: «Guarda che a me quando mi chiedono della sconfitta della Sartori dico pensate all'eredità di Hullweck che non ha portato quel gran successo che aveva Forza Italia, il più grande partito di Vicenza. La Sartori sconta in partenza l'eredità del vecchio sindaco». F. gli ricorda che Hullweck e l'ex assessore Claudio Cicero hanno nascosto il progetto per anni, e Schneck fa l'elogio della trasparenza: «Se metti in chiaro tutte le cose subito al momento, intanto ti togli responsabilità , io posso far bene o posso far male, ma quando sono d'accordo con tutti gli altri facciamo bene o male, ma tutti insieme, questa è democrazia. Io non voglio deresponsabilizzarmi, ma dobbiamo farlo tutti quanti». Schneck è un fiume in piena: «E' il sistema della vecchia Democrazia Cristiana. Ma ti pare che una città come Vicenza negli Anni 60 non abbia previsto la cittadella dello sport, per esempio Schio l'ha fatta. Vicenza dovrebbe essere non dico una città all'avanguardia, ma una città al pari delle altre città che si sono messe a tavolino dicendo qua dovremmo concentrare le scuole. Sì ma si toccavano terreni di qualcuno».
Teatro sbagliato
E da qui il Nostro parte per liquidare come un'operazione fallimentare la vendita della Centrale del Latte ai privati per ricavarci i soldi da investire sul nuovo teatro di viale Mazzini: «Io avrei affrontato l'argomento da sindaco ma senza vendere la Centrale del Latte, perché... anche se non rende si rivaluta automaticamente. ... Io non sono bravo a fare gli affari, ma venendo da una famiglia di commercianti ho sempre capito una cosa: che un'attività ben gestita porta utili, se non ci riesce farà accordi con qualcuno, ma io non vendo la proprietà perché è una proprietà strategica per il bilancio del Comune. Perché sacrificare una pianta che fa mele buone per fare un teatro? Così perdo gli utili e ho una spesa». F: «Con un teatro che ha problemi di tutti i generi, perché non utilizzare il teatro Roma? Bastavano 6 miliardi» (di vecchie lire, ndr). S: «Ma vuoi che ti dica la Sala Palladio della Fiera, quanto serve per renderla fruibile per le compagnie teatrali? La viabilità c'e' tutta, i parcheggi alla sera sempre liberi con minima interferenza con la zona industriale, quanto serve per fare i camerini? Mettiamo 2 miliardi...».
Stefani dixit
La fonte ci racconta che il grosso del succo del discorso finisce qui. Schneck non dovrebbe aversene a male, per questa soffiata che contribuisce a fare un po' più di luce su quello che i politici veramente pensano (e non dicono, o dicono solo a metà ). Primo, perché quanto sostiene in questi scampoli di informale chiacchierata non è nulla di rivoluzionario. Anzi, ci permettiamo di dire che le sue sono parole di buon senso. Specialmente quando critica il modo di governare di Hullweck e la scelta imprudente di sperperare il denaro del Comune per il faraonico teatro a maggior gloria sua e solo sua (di Hullweck, si capisce). Secondo, perché tutto sommato la sua posizione contraria sul Dal Molin americanizzato non sorprende: riflette quella del capo-corrente Stefani che la espresse pubblicamente in un'intervista al quotidiano leghista La Padania nel 2007. Eccola, scolpita per i posteri: «Che vadano a fare la nuova base in America. Gli americani non possono non tenere in conto i desiderata della gente, non sono mica padroni a casa nostra. L'indotto? Certi progetti non possono passare sopra le nostre teste».
Alessio Mannino
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