Sanità, Finco della Lega: "nessuna mediazione". Veneto Sviluppo verso la paralisi
Venerdi 30 Settembre 2016 alle 10:00 | 0 commenti
E niente, anche l’ultima mediazione in quel di San Vendemiano è miseramente fallita. «Zaia è ostaggio della sua maggioranza, da cui è stato sfiduciato» attacca l’opposizione. «Era la minoranza che si era fatta un film – replicano Lega e Lista Zaia – il governatore li ha ricevuti ma non ha mai aperto alla loro proposta». Che poi era quella di istituire le 7 Usl provinciali individuando però tre criteri (250 mila abitanti, 10 milioni di turisti all’anno e la richiesta dei sindaci del territorio) che avrebbero consentito di creare subito le Usl della Pedemontana e del Veneto Orientale e di farne altre in un secondo momento, entro marzo 2017, con un meccanismo ad elastico (potenzialmente 20 se si dividono 5 milioni di veneti per 250 mila abitanti).
Ma l’ambasciata composta dai dem Moretti e Sinigaglia, dal pentastellato Berti e dalla «tosiana» Negro è stata respinta, peraltro in modo un po’ irrituale visto che Zaia, pur avendo assicurato ai quattro una risposta nella mattinata di ieri, non si è più fatto sentire volando a Roma. Unica comunicazione all’opposizione, un laconico sms del capogruppo della Lega Finco al vicepresidente Pd dell’assemblea Pigozzo: «Nessuna mediazione, alle 12 si riprende in aula». E così è stato. Ventinovesima seduta (il confronto è iniziato il 21 giugno), quasi 100 ore di dibattito, oltre 1.600 emendamenti e un clima surreale in aula, con i consiglieri di opposizione instancabili nell’alternarsi al microfono (una performance degna di quella di Boato nel 1981) e i dirimpettai di maggioranza inchiodati per mantenere il numero legale (per andare al bagno devono alzare la mano e chiedere il permesso al capogruppo, che dà il via libera solo dopo attento conteggio), stoici e muti come pesci. Certo l’opposizione la sta tirando per le lunghissime con l’ostruzionismo, forse ben oltre le sue stesse aspettative e questo nonostante sappia che in coda ci sono provvedimenti importanti (Veneto Sviluppo, piano cave, bilancio) e però a ben vedere sta soltanto facendo il suo mestiere, infilandosi tra le crepe di una maggioranza che non sembra poter scendere a patti perché ogni cedimento rischia di far venir giù una frana peggio che ad Acquabona. Finco, «la colomba», sostiene le 9 Usl (tra cui è compresa la «sua» Bassano) ma è ancora convinto che si possa trattare, come già fatto sull’Azienda Zero, e uscire dal pantano, anche se magari non subito, così da non darla vinta alla minoranza dopo il vertice di San Vendemmiano. La capogruppo della Lista Zaia Rizzotto, «il falco», sostiene le 9 Usl ma pare non le dispiacerebbe tornare all’ipotesi originaria, una per provincia e stop. L’assessore alla Sanità Coletto, altro «falco», non cede sullo sdoppiamento dell’Usl di Verona, collegio elettorale in cui rivaleggia con i «tosiani» (e la sanità si sa, è un bacino di consensi enorme), anche se ieri in aula circolava uno scivoloso volantino della campagna elettorale in cui prometteva due Usl per il veronese. E ora ci si è messa pure Forza Italia che, se non altro per una questione di dignità , pretende di essere coinvolta nel caso in cui Zaia decidesse di cambiare rotta («Inaccettabile incontrare la minoranza senza prima aver fatto lo stesso con gli alleati che stanno garantendo la tenuta in aula»). Ma più passa il tempo, più la situazione si ingarbuglia e le uscite d’emergenza si assottigliano: i sindacati tutti si sono già fatti sentire. Il Comune di Cavallino Treporti, spostato senza neppure essere stato informato, ha fatto sapere di non voler assolutamente passare col Veneto Orientale. Cittadella e Camposampiero chiedono di salvare l’Usl dell’Alta Padovana. E poi c’è la grana Veneto Sviluppo, che riassumiamo per praticità in tre punti. Uno, il più grave: se il consiglio non procede entro oggi alla revoca del consigliere d’amministrazione Leonardo Colle e alla successiva elezione del nuovo board (4 membri che devono aggiungersi ai 3 già nominati dalle banche), la finanziaria regionale rischia di perdere la qualifica di intermediario finanziario, il che significherebbe la paralisi. Bankitalia ha fatto sapere che non concederà altre proroghe ma il presidente del consiglio Ciambetti, salvo clamorose forzature (violazioni?) del regolamento, non può sospendere temporaneamente la discussione sulla sanità perché mancano i «motivi di grave urgenza» (i 4 consiglieri potevano essere eletti da ottobre 2015!) e non può ricorrere ai poteri sostitutivi. Due: a Palazzo si inseguono voci insistenti, sicuramente interessate, su un’insoddisfazione dei consiglieri di maggioranza, specie i leghisti, nei confronti del presidente uscente (dato per rientrante) Massimo Tussardi, dato in rotta con le banche e perfino con i dipendenti. Zaia, però, lo ha blindato. Tre: con la parità di genere non tornano i conti. Dei 4 consiglieri di nomina consiliare, infatti, 2 devono essere donne. Ma gli uomini in lizza sono 3: Tussardi, appunto, poi Antonelli per Forza Italia e Todescan del Pd per le opposizioni. Chi cederà ? Si rischia l’ennesimo stallo.
Di Marco Bonet, da Il Corriere del Veneto
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