Roberto Petrini, La Repubblica: la corsa a Bankitalia
Lunedi 8 Maggio 2017 alle 09:30 | 0 commenti
A detta di molti osservatori gli ultimi mesi del 2017 potrebbero essere nuovamente difficili per il nostro paese. Lo stesso ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, nei giorni scorsi ha fatto cenno ad un aumento del rischio-Italia collocando i fattori convergenti proprio a fine anno: tra questi ha citato l'avvicinarsi della scadenza elettorale e la fine del "quantitative easing", cioè l'acquisto di titolo pubblici da parte della Banca centrale europea. Si potrebbe aggiungere l'allestimento della manovra di bilancio, il negoziato con la Commissione Ue per i target del 2018 e gli esiti della procedura d'infrazione per il debito.
Sarà proprio in questo autunno rovente, mentre i mercati ci terranno sotto doppio controllo incrociato, che si porrà il problema del rinnovo o della successione del governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco e, quasi contestualmente, del presidente della Consob, Giuseppe Vegas. Rischiamo di discutere del rinnovo dei due guardiani in un momento cruciale anche perché, in quei giorni, comincerà a lavorare la commissione parlamentare d'inchiesta su sistema bancario e sulla vigilanza sulla scia del caso Mps. Per Vegas, con un mandato settennale non rinnovabile, la soluzione sembrerebbe più semplice. L'attuale presidente della Consob, che è stato parlamentare per Forza Italia e viceministro dell'Economia nei governi Berlusconi, dovrà lasciare l'incarico. Quella di oggi sarà la sua ultima assemblea da numero uno della Consob. A sostituirlo potrebbe essere uno degli attuali commissari Giuseppe Maria Berruti, magistrato e giurista, oppure l'economista Marco Fortis.
La matassa della nomina o della riconferma del governatore della Banca d'Italia Visco, in carica dal 2011, è più difficile da sbrogliare. Le canoniche Considerazioni finali del prossimo 31 maggio saranno le ultime? Non è scontato. Con la riforma del 2005 la politica conta di più nella nomina del governatore. L'iniziativa è in mano a Palazzo Chigi, che la condivide con il Consiglio dei ministri e quindi con il Tesoro e che si limita a "sentire" il Consiglio superiore. Resta il ruolo cruciale del Quirinale cui spetta l'ultima parola. Il prossimo governatore della Banca d'Italia uscirà dal cappello del trio Gentiloni-Padoan- Mattarella.
Mentre con Renzi a Palazzo Chigi ci si poteva aspettare di tutto: per voglia di voltare pagina, per sorprendere o semplicemente perché il Rottamatore non è sempre stato sulla stessa lunghezza d'onda del governatore. Con Paolo Gentiloni, che ha una visione più tradizionale delle istituzioni, mosse clamorose non dovrebbero esserci, anche nel se nel caso della tornata di nomine negli enti di Stato ha pesato non poco il tasso di fedeltà renziana dei pretendenti. Con il voto in autunno, la soluzione si farebbe ancora più difficile e i rischi aumenterebbero. Se si decidesse di votare in settembre-ottobre non è scontato che per il 3 novembre, data di scadenza del mandato del governatore, l'esecutivo sia in grado di portare a termine una procedura per la nomina. Certo, come si parla di rinviare la manovra di qualche settimana in caso di voto anticipato, si potrebbero "congelare" anche i vertici delle autorità . Oppure la parola spetterebbe al nuovo governo. Qui tutte le ipotesi sono possibili. E se vincessero i grillini? Fantascienza: un no euro a Via Nazionale.
Da quando c'è l'euro si è soliti dire che la Banca d'Italia che ha perso il cruciale strumento del tasso di sconto, conti meno. Da 2014, da quando buona parte della vigilanza bancaria è passato sotto l'ombrello di Francoforte, che il suo potere si è attenuato. In verità il numero uno di Via Nazionale resta uno snodo cruciale di potere: sono gli uomini di Bankitalia che comprano e immagazzinano i titoli del quantitative easing per conto della Bce, sono loro che hanno sotto controllo ben 462 banche italiane. Quello che è vero che il governatore, dopo la riforma del 2005 non è più un organo monocratico, ma che deve condividere le scelte con il board composto dal direttore generale e dai tre vice. L'altro aspetto che in qualche modo attenua il potere del governatore è il mandato: fino al 2005 era a vita, da allora è di sei anni rinnovabili: esattamente la posizione in cui si trova attualmente Ignazio Visco.
Se non ce la dovesse fare Visco, i candidati pronti allo start di partenza sono pochi ma ben piazzati, a cominciare dallo stesso Padoan che, tuttavia, non è certo aiutato dall'essere membro del governo. Dunque parte in causa nel processo di nomina. Nel caso di una soluzione interna il nome più accreditato è quello di Salvatore Rossi, attuale direttore generale, già capo degli studi. Sempre della covata di Bankitalia due giovani hanno buone chance: uno sta a Francoforte e uno a Londra. Entrambi si occupano di vigilanza bancaria, cruciale in Italia. Andrea Enria, dirige l'Eba a Londra l'autorità che ha guidato con alta competenza nella redazione dei noti stress test. L'altro, Ignazio Angeloni, sta a Francoforte, è membro del consiglio di vigilanza bancaria della Bce. Con un piede fuori, da quando lasciò il board della Bce (oggi in Société Générale ma il pedigree è Bankitalia), il fiorentino Lorenzo Bini Smaghi, uomo di grandi relazioni già candidato alla carica nel 2011. Da non trascurare gli esterni tra i quali spicca Marco Fortis, economista autore di ricerche con Alberto Quadrio Curzio, e attento commentatore della attuale congiuntura è ben visto da Matteo Renzi. Fuori sacco c'è il mondo che fa riferimento alla Bocconi: in prima linea Guido Tabellini, già rettore dell'Università milanese, ma c'è anche chi ha fatto il nome di Luigi Zingales. Infine, perché no?, l'opzione donna: sarebbe la prima a Via Nazionale, in sintonia con la Janet Yellen che guida in Usa la Fed: Lucrezia Reichlin, l'economista che scrive sul Corriere e che ha diretto la ricerca alla Bce.
Roberto Petrini - La Repubblica
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