Rivolta dei soci di Veneto Banca, cacciato il vecchio Cda accusato di coprire Vincenzo Consoli
Venerdi 6 Maggio 2016 alle 09:43 | 0 commenti
Con un margine molto più ampio del previsto (il 57,9% dei voti) gli azionisti di Veneto Banca hanno eletto presidente il giurista torinese Stefano Ambrosini e fatto fuori il presidente uscente Pierluigi Bolla e l’amministratore delegato Cristiano Carrus, che entrano in consiglio con i voti della minoranza (Carrus è il nuovo dg). Adesso Ambrosini deve lanciare l’aumento di capitale da un miliardo per salvare la banca. Può finire come alla Pop Vicenza, tutto a carico del fondo Atlante. Ma Ambrosini è legato al mondo di Intesa Sanpaolo che potrebbe decidere di intervenire come garante e prendersi la banca. Sicuramente il voto di ieri è il segno di una rivolta (piena di equivoci) dei piccoli azionisti contro la vigilanza bancaria (Bankitalia e Bce) e contro le “soluzioni di sistemaâ€. È anche il segno che molti di loro non hanno capito l’irreparabilità dei danni fatti dalla gestione di Vincenzo Consoli.
La convulsa assemblea, tenuta chissà perché a Marghera, anziché a Montebelluna dove la ex popolare ha sede, ha raccontato molto della crisi bancaria italiana. Veneto Banca è insieme alla cugina di Vicenza uno dei bubboni più purulenti. Basta guardare agli schieramenti che si sono scontrati ieri. Ad approvare un bilancio 2015 in rosso per 882 milioni erano presenti 7.200 degli 88 mila soci, ma erano i più grossi: l’8% degli azionisti rappresentavano il 34% del capitale. Detto in euro, questi ricchi o ex ricchi inferociti erano portatori di azioni del valore totale, al prezzo massimo di 40 euro raggiunto nel 2013, di 1,6 miliardi. Oggi quei titoli valgono nella migliore delle ipotesi (il prezzo teorico di recesso di 7,3 euro) 300 milioni, nella peggiore circa 400 mila euro. Insomma, l’assemblea è stata anche la cerimonia di commiato dei presenti al loro miliardo e mezzo di euro. Mentre gli assenti hanno salutato in privato la loro perdita di circa 3 miliardi.
Niente a che vedere con i drammi anche umani di Etruria e consorelle dell’Italia centrale. Questi piccoli e meno piccoli imprenditori del ricco nord-est sono venuti a Marghera a chiedere conto di una perdita media di 240 mila euro a testa. E si sono divisi in due partiti: i sostenitori di Carrus, l’uomo chiamato pochi mesi fa a fare pulizia, si ritengono vittime di Consoli, padre-padrone per 17 anni le cui manie di grandezza, dalle acquisizioni a raffica all’aereo aziendale, sono state tollerate dalla distratta vigilanza della Banca d’Italia fino al 31 luglio 2015. Lo stesso Carrus ha arringato i soci con una emozionata requisitoria sulle follie del passato, che fanno di Veneto Banca l’istituto italiano più esposto al cancro delle sofferenze dopo Mps. Carrus e Bolla hanno anche accusato i promotori della lista guidata da Ambrosini di essere antichi clientes di Consoli, indebitati con Veneto Banca per quasi un miliardo, in sofferenza, cioè crediti irrecuperabili, per il 25%.
Di Giorgio Meletti, da Il Fatto QuotidianoÂ
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