Quotidiano | Categorie: VicenzaPiù, Informazione, Dal settimanale

Pronto soccorso: una serata in diretta

Di Gian Maria Collicelli Giovedi 17 Novembre 2011 alle 10:22 | 0 commenti

ArticleImage

Un crocevia di nazionalità e di sofferenze. Di italiani e stranieri con le loro famiglie allargate. E un giaciglio per i senzatetto.

Giovani che parlano, ridono, qualcuno che guarda la televisione. Uno scenario a cui bisogna aggiungere il fatto che molte di queste persone sono cittadini stranieri, più della metà, abitano la stessa città, Vicenza, e per alcune sere all'anno si ritrovano, loro malgrado, a condividere la medesima stanza, la sala d'attesa del Pronto soccorso dell'ospedale "San Bortolo".

Un luogo affollato, come ogni pronto soccorso, a ogni ora, in tutte le stagioni. Ecco perché lo sguardo sulla società che cambia, passa anche per di qua. Per i volti che s'incrociano: occhi che hanno visto tre continenti diversi, dall'Europa all'Africa all'Asia. Per le storie che si ascoltano: padre e figlia che litigano, comunità di connazionali che se la ridono, senzatetto che trovano un rifugio sicuro al riparo dalla pioggia e dal freddo di un autunno inoltrato. E per quello che succede in quei 60 minuti che rimango in loro compagnia: un viavai di persone, ne passano circa 30 nell'arco di un'ora, e tra qualcuno che legge, chi ascolta la musica e chi fa combriccola in gruppo, c'è pure chi guarda i politici in tivù commentando i fatti del giorno e rinforzando le proprie convinzioni partitiche, neanche fosse seduto sul divano di casa. Vicenza, ore 23 di lunedì sera, 7 novembre. Nella sala d'attesa dell'ospedale, grande una sessantina di metri quadrati, di sedie vuote non se ne vedono molte. E forse la causa è anche la pioggia battente, che fuori sferza le strade e rompe il silenzio della notte, ma consegna pure un po' di lavoro-extra agli infermieri che si trovano a dover fare i conti con una serie di arrivi e una lista d'attesa mai azzerata. Arrivato da poco, mi siedo vicino ad altre 17 persone che, prima di me, hanno varcato l'ingresso dell'Ulss 6 via Rodolfi. C'è chi legge, chi ascolta la musica, chi ride e parla in gruppo. Due persone, sedute sulle sedie da ricovero, un po' dormono e un po' guardano fuori dalle vetrate. Una di loro, barba incolta e vestiti logori che non tradiscono, è un senzatetto, e al riparo della pioggia chiude un occhio sotto la coperta dell'azienda sanitaria. L'altra, invece, è una signora anziana. Senza contare loro due, che probabilmente in quelle sedie avranno poi passato tutta la notte, delle 15 persone rimaste e che siedono nella stanza 8 sono, almeno per l'aspetto, di origine straniera. Non sono anziani, ma giovani, come la gran parte di chi occupa quella sala. Qualcuno è dolorante e lo si vede, molti altri invece sono lì ad aspettare un parente, un amico o un compagno che sono già stati presi in carico dal personale in camice bianco o blu. Tutti, in ogni caso, seduti da qualche ora. "Sono arrivato da due ore - mi dice uno dei due giovani italiani che ci sono in sala - ho fatto un incidente e ho distrutto la macchina, sono venuto qui perché ho un dolore al collo. Ma penso ci sia stato più di qualche incidente stasera, perché continuano a uscire dalla porta di servizio con il collare addosso". In effetti, in un'ora, dalle 23 a mezzanotte, di collari bianchi che ingessano i movimenti e tradiscono un dolore nascosto, se ne vedono passare quattro. "Sarà per via del maltempo" sentenzia il giovane. Difficile dargli torto se, pochi minuti dopo, vengo a sapere che pure tre giovani immigrati dallo Sri Lanka sono lì ad accompagnare un loro connazionale coinvolto in un incidente. Intanto, però, a intervalli non regolari, un infermiere fa capolino dalla porta dell'area operativa e chiama i pazienti in attesa. Al primo nome che fa, si muovono in 5: tutti immigrati e arrivati in gruppo, come i tre giovani di prima, ad accompagnare uno di loro. Genitori di comunità, famiglie allargate che noi chiamiamo nonni, zii e cugini e che loro cementano in rapporti tra connazionali. E il viavai continua, in un consueto lunedì notte. Arriva una famiglia con la madre che regge un bambino di pochi mesi. Poi è la volta di un anziano, accompagnato dal figlio, quindi di un'altra famiglia, anche loro cittadini stranieri con un bambino nel passeggino, e pure una coppia di giovani dai lineamenti orientali. Qualcuno rimane in attesa per pochi minuti, altri per ore, come il giovane dell'incidente che viene da un Comune dell'hinterland o altre due coppie di donne che attendono di avere notizie dai propri cari. Tutto quel tempo, se non c'è dolore, passa anche grazie alla televisione: dei due schermi appesi alle pareti della stanza, uno solo è acceso. Sintonizzato su Raiuno, per "Porta a Porta". Ma poi, dopo pochi minuti, complice una nuova chiamata degli infermieri del San Bortolo, che portano nei meandri dell'ospedale una decina di persone in un sol colpo, a guardare la televisione restano in tre: giovani, di diverse nazionalità, e tutti stranieri. Mi associo a loro, nella contemplazione delle rassicurazioni sul futuro dell'Italia che una schiera di politici affida al salotto televisivo di Bruno Vespa, prima che, dopo pochi attimi, una porta si apra, i loro amici escano, i tre se ne vadano e così pure anch'io. E allora, le parole di quella scatola nera rimbombano vuote nella sala d'aspetto, senza trovare nemmeno un paio di orecchie disposte ad ascoltarle. Quasi un presagio dei fatti molto meno tranquillizzanti di martedì in un'altra sala, più lontana dal mondo reale di quella del San Bortolo: la Camera dei deputati.

Da VicenzaPiù n. 223 e BassanoPiù n. 4 


Commenti

Ancora nessun commento.
Aggiungi commento

Accedi per inserire un commento

Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.





Commenti degli utenti

Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
Gli altri siti del nostro network