Quotidiano | Categorie: Giudiziaria

Marlane Marzotto, la sentenza il 19 dicembre. L'accusa chiede 62 anni, le difese assoluzioni

Di Andrea Polizzo Venerdi 5 Dicembre 2014 alle 20:03 | 0 commenti

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Paola 5 decembre. Gli avvocati di Attilio Rausse, classe '47 di Valdagno, hanno chiesto l'assoluzione con formula piena per il loro assistito nell'ambito del processo Marlane Marzotto. Il procedimento per le morti bianche e il disastro ambientale nell'ex fabbrica tessile di Praia a Mare, in provincia di Cosenza, appartenente al gruppo Marzotto, vive le sue battute finali. Nell'udienza di oggi, venerdì 5 dicembre 2014, si è chiusa la fase della discussione (nella foto di oggi Nico D'Ascola e Patrizia Morello, difensori di Lomonaco).

Rausse è difeso dagli avvocati Francesco Paolo Sisto e Angelo Loizzi. Nella loro arringa, conclusa con la richiesta di assoluzione, hanno puntato l'attenzione sulla insufficienza di prove prodotte dall'accusa e, in particolare, sulla requisitoria dei PM Paola Maria Camodeca e Linda Gambassa "infarcita - hanno detto i due legali - di ipotesi non suffragate da certezza. L'ipotizzato - ha sottolineato in particolare Sisto - e il plausibile non sono scientifici. Non un solo fatto è stato provato".

Rausse ha rivestito il ruolo di responsabile di stabilimento dal 2003 e fino alla chiusura della fabbrica avvenuta nell'aprile del 2004. Deve rispondere dei reati di discarica non autorizzata, disastro ambientale e omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro che avrebbe cagionato tumori a 107 operai. Per lui i PM hanno chiesto 3 anni e sei mesi di carcere.
Ma proprio il periodo di permanenza in Marlane è stato sottolineato dai difensori. Un periodo caratterizzato da produzione ferma e dal mero esaurimento delle scorte come confermato da testimonianze in aula.
"E faccio riferimento - ha detto l'avvocato Sisto - a quei testimoni, ex operai, che non hanno parlato di nebbia in val padana o di buste di latte come disintossicante, ma a quelli che hanno raccontato che nel periodo relativo al nostro assistito non si sono verificati interramenti di fanghi nell'area Marlane, dell'esistenza dei dispositivi di protezione individuale in dotazione ai lavoratori e di impianti di areazione efficienti".
A seguire, è stato il turno dei difensori di Carlo Lomonaco. L'ex sindaco di Praia a Mare, difeso dagli avvocati Nico D'Ascola e Patrizia Morello, in Marlane è stato responsabile del reparto Tintoria dal 1973 al 1984. Dal 1978 al 1980 è stato anche responsabile del depuratore. Infine, è stato anche il predecessore di Rausse come responsabile di stabilimento per poco più di un anno a partire dal 2002.
Lomonaco è accusato di tutti i reati contestati dalla pubblica accusa: omicidio colposo, lesioni, rimozione o omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, disastro ambientale e discarica abusiva di rifiuti. Per lui i PM hanno chiesto una pena di 10 anni, la più pesante tra i 13 imputati.
"Carlo Lomonaco - ha detto D'Ascola - deve essere assolto da tutti i capi di imputazione perché i reati contestati non sussistono e comunque per non averli commessi".
L'arringa difensiva di D'Ascola ha poggiato su un concetto. Posto che le difese hanno provato con testimonianze e documenti che nella fabbrica di Praia a Mare del gruppo Marzotto esistevano i presidi di sicurezza per i lavoratori imposti dalle leggi del tempo, non è stato provato dall'accusa che le cautele in oggetto al capo d'imputazione, se fossero state adottate, avrebbero evitato malattie tumorali. Nel 1997 - ha ricordato D'Ascola - gli impianti di areazione presenti in fabbrica sono stati aggiornati, ma i tumori continuarono a verificarsi.
Patrizia Morello - invece - ha puntato l'attenzione su un'altro aspetto. Lomonaco, nel periodo lavorativo in fabbrica è stato prevalentemente responsabile del reparto tintoria. Non spettava a lui il potere di disporre l'acquisto della tecnologia atta a cautelare il lavoro dei dipendenti. C'erano livelli intermedi di comando ai quali correva quest'obbligo.
"Carlo Lomonaco - ha aggiunto D'Ascola - non è il titolare dell'obbligo giuridico. E stupisce a questo punto - ha aggiunto - che i tanti altri caporeparto non siano nemmeno stati indagati. Nessuno degli operai ammalatisi ha lavorato in tintoria. E sarebbe illogico pensare che Lomonaco omettesse misure di sicurezza esponendo se stesso a rischio, visto che lavorava a stretto contatto con gli operai".
Quanto alle contestazioni mosse sul piano ambientale, secondo la difesa Lomonaco, l'accusa non ha tenuto conto che i riferimenti normativi succedutesi negli anni non profilavano l'interramento dei fanghi da depurazione come reato. Si sarebbe invece affidata alle testimonianze di ex operai, Cicero su tutti, risultati inattendibili alla prova del contro esame in aula.
"Per il periodo tra il 2002 e il 2003, quando Lomonaco è stato responsabile della Marlane, sono state depositate le necessarie prove - ha detto l'avvocato Morello - che i fanghi venivano regolarmente smaltiti".
Al termine dell'udienza, il presidente della corte Domenico Introcaso ha rinviato alla prossima udienza per la camera di consiglio. Annullata quella di domani, sabato 6 dicembre, mentre le repliche delle parti, che potrebbero rinunciare dopo il possente e prestigioso schieramento dei legali delle difese, e la lettura del dispositivo della sentenza di primo grado avverranno il 19 dicembre.
Ecco le richiese dell'accusa:
Pietro Marzotto (presidente del noto gruppo vicentino dal 1982 al 1998, già conte di Valdagno e presidente dell'Associazione industriali di
Vicenza) 6 anni.

Silvano Storer (ex amministratore delegato del gruppo Marzotto) 5 anni.

Jean De Jaegher (consigliere dell'associazione europea delle industrie tessili e presidente della Marzotto Usa dal 1995 al 1998), 5 anni.

Lorenzo Bosetti (ex-sindaco di Valdagno, consigliere delegato e vicepresidente della Lanerossi) 5 anni.

Carlo Lomonaco (ex caporeparto Tintoria Marlane di Praia a Mare e ex sindaco di Praia a Mare) 10 anni.

Vincenzo Benincasa (quadro Marlane Praia a Mare) 8 anni.

Salvatore Cristallino (quadro Marlane Praia a Mare) 3 anni.

Giuseppe Ferrari, 4 anni e sei mesi.

Lamberto Priori, 7 anni e sei mesi.

Ernesto Antonio Favrin (all'epoca vicepresidente vicario di Confindustria veneta) 5 anni.

Attilio Rausse 3 anni e sei mesi.

Chiesta l'assoluzione per Ivo Comegna per non aver commesso il fatto.


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Commenti degli utenti

Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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