Pmi e lavoro muoiono tra banche indifferenti
Venerdi 19 Marzo 2010 alle 07:47 | 0 commenti
Si fa un gran parlare in questi mesi della necessità che il sistema bancario, artefice principale dell'attuale crisi all'estero, ma certo non un angelo in Italia, supporti col credito le imprese, soprattutto quelle piccole, perché tanto le grandi il sistema le ha sempre aiutate per non rimetterci troppo o per altri motivi, da quelli politici a mille altri.
Ora le banche, in questo caso sì piccole e grandi, hanno ripreso a macinare utili e spesso con i vecchi sistemi ‘speculativi', che non sono quelli tipici di una banca: la raccolta del risparmio e la sua destinazione agli impieghi, sia pure opportunamente ‘garantiti'.
E' sotto gli occhi di tutti, e per capirlo non bisogna essere esperti economici o della finanza dei derivati e della speculazioni in Borsa con soldi in gran parte dei ... risparmiatori, che buona o gran parte della crisi attuale è, invece e tuttora, crisi di credito.
Questo si è fermato o pretende dai piccoli garanzie o condizioni di tassi non sostenibili e alla base della piramide qualcuno non può pagare il suo fornitore che a sua volta non può pagare il suo e così via verso un incancrenimento generale che sfocia in fallimenti aziendali, perdite crescenti di posti di lavoro e ora anche suicidi, di imprenditori e lavoratori!
E se si perde lavoro non ci sono soldi da spendere, i consumi continuano a crollare e le aziende sono costrette a diminuire la produzione, perché non vendono i loro prodotti, che pure producono con crescente difficoltà per mancanza di denaro che arrivi dal mercato dei prodotti o dai finanziamenti bancari.
E' una spirale senza fine e che porta inevitabilmente al massacro o al suicidio del sistema Italia e questa è una responsabilità sociale a cui le banche sembrano insensibili, attente come sono a continuare a super pagare i loro manager e a cercare guadagni nel trading, nelle acquisizioni, nelle concentrazioni (vedi le polemiche su Unicredit in cui le Fondazioni di controllo non vogliono la banca unica per non perdere poltrone nei Cda e relativi privilegi ...).
Questa responsabilità sociale va ripristinata, ma è difficile farlo per un'improvvisa presa di coscienza (vocabolo che mai compare nelle condizioni bancarie) del sistema finanziario, tutto autoreferenziale, prono al potere, al profitto e al potere del profitto.
Brutte e vecchie parole queste, magari non applicabili a tutte le banche, ma vere, come testimoniano i fallimenti, la disoccupazione e i suicidi.
Una prova ulteriore dell'insensibilità sociale delle banche (verso imprese e lavoratori) oltre a quanto da semplici cittadini abbiamo provato a spiegare con semplici parole supportate da altrettanto semplici quanto drammatici fatti?
Basta leggere l'articolo comparso sul CorrieredelVeneto.it (15-16 marzo) su una banca, che ama definirsi "Una banca di territorio, la banca al servizio del Nord Est", la Veneto Banca: leggere qui per credere anche se la Veneto Banca, per bocca del suo direttore generale Vincenzo Consoli, nel dire che "La ricetta anticrisi? La troveranno gli imprenditori!" si riferisce soprattutto non al credito ma al non voler assumere ulteriori capitali di rischio nella Pmi.
Anche perché, magari, quei capitali li ha impegnati o li impegna nell'acquisire e supportare i grandi gruppi, come le Generali, tramite, in questo caso, la partecipata Ferak di altri ‘piccoli' nomi come la famiglia Amenduni e Gianfranco Zoppas ...
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