Piano sociosanitario regionale: infermieri dimenticati, più spesa meno qualità servizio
Lunedi 26 Settembre 2011 alle 17:07 | 0 commenti
Nursind - Il coordinatore regionale Nursind, Andrea Gregori, in audizione alla V Commissione.
Oltre tremila infermieri iscritti in Veneto sono la forza che spinge il Nursind ad esprimere il proprio disappunto, con ampie e giustificate ragioni, al Piano sociosanitario in discussione in Regione.
Proponiamo di seguito i punti salienti della relazione presentata oggi dal coordinatore regionale Nursind, Andrea Gregori, ai consiglieri regionali. Infermieri messi in disparte a favore del sistema medico-centrico. Tra le 100 e più pagine il termine infermiere compare solo quattro volte. Manca, infatti, la rilevanza della figura infermieristica, quale risorsa fondamentale professionalmente adatta e valorizzata nella conduzione clinca-assitenziale e manageriale dei percorsi di cura. È a partire da questa risorsa che un Piano sociosanitario regionale dovrebbe rivelarsi innovativo. Sia nel territorio che nelle strutture ospedaliere si perpetua un sistema medico-centrico, che nulla ha di nuovo rispetto alla visione paternalistica dei sistemi del ‘900.
Risparmiare a partire dai medici. Non è chiaro quale ruolo gestionale dovrà avere il personale infermieristico nella costruzione ed attuazione di modelli di presa in carico della cronicità e della fragilità . Nel territorio la più volte sbandierata multi professionalità è sempre e solo in mano ai medici, anche quando potrebbero essere solo complementari, come negli Ospedali di comunità , dove il 90% è attività a gestione infermieristica. Se volgiamo risparmiare cominciamo dalla dirigenza medica, che costa di più ed è prevista in forte carenza. Liberiamo i medici da impegni organizzativi ed utilizziamoli per l'ambito clinico, per la diagnosi e la terapia. Così potremmo ridurre le liste d'attesa che affliggono i cittadini veneti. Bene la presenza del case manager infermieristico, ma non basta. L'organizzazione e la gestione degli aspetti assistenziali non possono essere in mano ai medici, ma al personale infermieristico appositamente formato a livello universitario. Questa linea di indirizzo denota una carenza di pensiero nei padri estensori del documento, che dimostrano scarsa attenzione e mancata conoscenza dello sviluppo che la professione infermieristica ha avuto negli ultimi decenni e l'ampia autonomia e responsabilità acquisita. L'infermiere nel Piano è sempre posto sotto la figura del medico, come dimostra il fatto che nel gruppo di lavoro non compare alcun laureato delle professioni sanitarie non mediche.
La rete ospedaliera. Per quanto riguarda la rete ospedaliera, nel Piano non si conoscono le schede di dotazione ospedaliere, strumento fondamentale della programmazione sociosanitaria. Si parla di strutture da riconvertire in Ospedali di comunità o Unità riabilitative territoriali, ma non viene specificato a quali strutture si fa riferimento. Non è detto quali reparti andranno a chiusura. Si fa riferimento a una rete ospedaliera su due livelli, gli hub e gli spoke, ma si prevedono altri "ospedali nodi di rete", di cui non si capisce il valore. Non viene spiegato per quali ospedali si prevede la chiusura o il potenziamento, come si relazionano e vengono finanziati hub e spoke, come verrà realizzato il contenimento della spesa farmaceutica.
Addio alla day surgery. Sul modello organizzativo della day surgery si esprime solo qualche debole intenzione, nonostante sia assodato a livello internazionale che ben il 90% degli interventi chirurgici può essere eseguito in day surgery con notevoli risparmi, a fronte degli sprechi enormi negli ospedali derivanti dalle inefficienze nella gestione delle sale operatorie.
Nasce il mega direttore medico. Sui modelli organizzativi proposti anche a livello di struttura ospedaliera manca poi ogni riferimento alla dirigenza infermieristica e delle professioni sanitarie. Viene incentivata, invece, la gestione manageriale del medico, con l'istituzione del Direttore medico "unico responsabile organizzativo-funzionale dell'intera funzione ospedaliera", con aumento dei costi e nuovi posti disponibili per dirigenti medici. Probabilmente il Veneto è l'unica regione d'Italia in cui gli infermieri sono in eccesso ed il sistema è solo carente di dirigenti medici. Infatti abbiamo potuto recentemente apprezzare l'acume di alcuni dirigenti regionali alla Sanità che hanno inviato a tutti gli ospedali tabelle da cui fanno emergere esuberi di infermieri, perché gli organici vengono calcolati sui livelli minimi accettabili definiti dalle norme sull'accreditamento delle strutture sanitarie della Lombardia del 1998 o D.M. del 1988. Peccato che non è stata fatta nessuna riorganizzazione o revisione dei modelli, ma si paventa una riduzione del personale sulla base di tempi assistenziali dello scorso secolo.
Le strutture private e la libera professione. Le risorse pubbliche non possono essere drenate dalle strutture private con prestazioni inappropriate, con fughe intraregionali determinate da strutture private che appesantiscono i bilanci dell'Ulss in cui sono incardinate. Deve essere creata vera concorrenza tra strutture private (aprendo il mercato a nuovi attori) e tra strutture private e pubbliche, anche mediante una rivisitazione delle tariffe Drg, che devono essere correttamente remunerative. Va inoltre abbandonato l'istituto dell'incremento finanziario per i privati che crea effetti distorsivi. In questo modo sarà possibile recuperare risorse da allocare anche per il personale infermieristico che in prospettiva, con il forte aumento della popolazione anziana, sarà sempre più cruciale. Infine, occorrerà disciplinare la libera professione intramoenia, in cui molti medici agiscono senza alcuna prestazione infermieristica, pretesa a livello istituzionale per le attività segretariali e di supporto. Da anni chiediamo parità di trattamento tra le professioni sanitarie e chiediamo che anche agli infermieri sia data la possibilità di esercitare la professione in regime libero-professionale.
"Ciò che è più importante è ciò che manca, ciò che non è scritto. Se approverete questo Piano - conclude il coordinatore regionale Nursind, Andrea Gregori, rivolgendosi ai consiglieri regionali - approverete solo la condizione di possibilità che altri decidano per voi e per noi cittadini-utenti del Ssr. Servizi con personale infermieristico insufficiente indurranno un aumento dei costi in termini di salute (cioè infezioni ospedaliere, complicanze, errori, prolungamento delle degenze e ricoveri ripetuti) e in termini di sofferenze umane ed inevitabilmente di costi finanziari, ottenendo perciò il contrario di ciò che viene enunciato come un obiettivo centrale del piano. Non condividendo il testo di questo Disegno di Legge ed essendo ignari di ciò che sta dietro confidiamo che, prima di decidere, renderete noto agli utenti le vere linee di programmazione delle politiche sanitarie regionali".
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