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PCd'I Veneto: Podemos, Renzi e le elezioni in Veneto

Di Citizen Writers Martedi 26 Maggio 2015 alle 18:44 | 0 commenti

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Giorgio Langella, Segretario Partito Comunista d'Italia - Veneto

I due “Matteo” che inquinano la politica italiana (Renzi e Salvini) tentano di appropriarsi della vittoria di Podemos nelle elezioni amministrative spagnole. Sconcertante! Sia Renzi che Salvini, e i partiti e le coalizioni che fanno capo a loro, non hanno nulla a che vedere con Podemos che ha vinto con un programma politico completamente diverso da quelli propugnati dai due “Matteo”

Un progetto di cambiamento radicale dove sono banditi razzismo e xenofobia, fondato su una critica senza se e senza ma a quel liberismo che è fulcro della politica sia del PD di Matteo Renzi sia della destra che fa capo a Matteo Salvini e con una visione di modello di sviluppo chiaramente solidale e antiliberista, fanno di “Podemos” una forza di sinistra che è assolutamente alternativa a quel centro e a quella destra rappresentate da PD, Lega e loro alleati vari. E allora, invece di confondere l'elettorato italiano, è bene si faccia chiarezza. In Veneto votare Moretti (e tanto meno Zaia) non significa assolutamente essere dalla parte del nuovo che si sta sviluppando in Spagna con Podemos. Tutt'altro. Ma anche dare il proprio voto a chi si presenta in coalizione con il PD di Renzi e Moretti facendo credere di essere l'alternativa di sinistra è fuorviante e non porta al cambiamento. Se si vuole cambiare realmente bisogna votare chi, dall'inizio di questa campagna elettorale, si è dimostrato alternativo e immune dal ricercare una poltrona. L'unico voto utile per il cambiamento è quello per “L'Altro Veneto. Ora possiamo!” e per la candidata presidente Laura Di Lucia Coletti. È l'unico voto a sinistra, contro la corruzione, per il lavoro, la tutela dell'ambiente, la sanità e l'istruzione pubbliche per tutti.

 

Matteo Renzi, il 22 maggio è comparso in televisione (l'ennesima apparizione dell'onnipresente è stata su La7, durante la trasmissione Bersaglio mobile) per dire la sua su quanto sta succedendo di “meraviglioso” in Italia. Per lui va tutto bene. La crisi è finita, il lavoro precario diminuisce grazie al governo, nella scuola il governo mette tanti soldi … tutti grandi successi del “migliore governo” che l'Italia abbia mai avuto.

Usa, Renzi, la solita tattica, parole cucite tra lor per creare frasi ad effetto, slogan tra battutine, sorrisetti e improvvise smorfie di apparente serietà per far sembrare che gli importi qualcosa di quello che dice. Un attore che vende bene la sua merce dicendo ovvie verità e tante falsità. Tutto con frasi studiate per colpire il cittadino ridotto a spettatore, con titoli vuoti di contenuti. Senza mai approfondire quello che realmente sta succedendo nel nostro paese.

Parla, Renzi, di dimezzamento della cassa integrazione è si dimentica di spiegare che questo è dovuto principalmente alla cassa in deroga, per la quale sono calate le richieste perché mancano i fondi. Ci dice di minore precariato e si dimentica di spiegare che chi viene assunto con il “mitico” contratto a tempo indeterminato e tutele crescenti (della durata di tre anni) può essere licenziato quando, come e perché il padrone vuole visto che l'articolo 18 è stato di fatto cancellato. In pratica il tempo di lavoro diventa indeterminato perché può finire improvvisamente e in qualsiasi momento. Afferma che il governo viene criticato perché con la sua azione “a chi viveva di rendita crolla il pavimento sotto i piedi” e non specifica quanto ha effettivamente lavorato proprio lui, quel Matteo Renzi nato a Firenze quarant'anni fa che  ha fatto carriera come politicante (concorrente nel programma televisivo “La ruota della fortuna”, consigliere comunale, presidente di provincia, sindaco, segretario di partito, presidente del consiglio)  e che, evidentemente, non conosce cosa significhi lavorare nell'insicurezza prendere un salario risicato e temere per il proprio futuro perché licenziabile in qualsiasi momento.

Ad un certo punto, Renzi, tra uno slogan e l'altro, ha affermato “mi piacerebbe arrivare un giorno al sindacato unico, ad una legge sulla rappresentanza sindacale e non più a sigle su sigle su sigle". Questa frase, che sfrutta il sempre minore “fascino” esercitato da sindacati che si sono  burocratizzati, è emblematica dell'uomo “Renzi”, un personaggio che cerca sempre un nemico, necessario per sviare l'attenzione popolare dall'obiettivo principe del suo governo e cioè lo smantellamento della Costituzione e delle regole democratiche del nostro paese. Uno smantellamento necessario per arrivare a un sistema oligarchico dove i cittadini contano, apparentemente, solo quando vanno a votare e dopo si devono accontentare del ruolo di spettatori ininfluenti. Un sistema senza diritti (o con qualche diritto solo di facciata) che permetterà a “lorsignori” di fare qualsiasi cosa, senza che nessuno possa dissentire, senza una voce contraria, senza conflitto. In questo contesto il sindacato unico (nelle forme e nei modi sottintesi da Renzi) e il partito della nazione (possibilmente unico anch'esso) garantiscono quella “pace sociale”, imposta con la forza o per rassegnazione, necessaria a quel sistema autoritario che Renzi e i suoi padroni vogliono imporre.

È una visione dello Stato che nulla ha a che fare con quanto previsto dalla Costituzione nata dalla Resistenza. Qualcosa di pericolosamente prepotente e autoritario che si può e si deve contrastare anche con il voto nelle prossime elezioni regionali. Il maggiore pericolo per la nostra democrazia proviene proprio da questa nuova versione dell'uomo solo al comando di infausta memoria. Una vera e propria restaurazione che fa regredire le forme di democrazia faticosamente conquistate e difese fino a qualche decennio fa.  Un pericolo che si può percepire nella campagna elettorale per le regionali anche qui in Veneto. I più diffusi mezzi di informazione sono attenti a evidenziare solo i quattro candidati che vengono accreditati come “vincenti”. Il dibattito viene così ridotto a una propaganda sterile infarcita di slogan tra  quelli che vengono considerati i maggiori competitori che riconoscono nelle imprese e nelle associazioni di categoria padronali i loro principali interlocutori, quelli ai quali si deve rispondere con sorrisi e attenzione particolare ai loro interessi. Il problema lavoro (dalla disoccupazione ai salari insufficienti, condizioni di lavoro precarie e insicure) viene ridotto a dare rispost alle esigenze degli imprenditori, le grandi opere si devono comunque fare, la corruzione si deve combattere (ci mancherebbe altro) ma bisogna essere garantisti e ci si può far finanziare da chiunque. Così si assiste a campagne elettorali faraoniche nelle quali hanno un ruolo decisivo fondazioni che permettono l'anonimato e un giro di denaro non controllabile. La questione della sicurezza viene declinata, non in una maggiore solidarietà o nell'esigenza di maggiore giustizia, ma nella paura ingigantita da notizie mendaci e diventa il problema principale del paese. Il problema della sicurezza viene limitato all'arrivo degli “stranieri” (spesso ritenuti terroristi solo per la loro appartenenza etnica o religiosa) e ci si dimentica dei reati commessi da personaggi considerati ricchi e potenti, dai danni che la corruzione (che ben conosciamo in Veneto) produce, dalla devastazione che hanno provocato reati ambientali e delocalizzazioni selvagge, dalle condizioni di vita e di lavoro sempre più precarie che i cittadini si trovano ad affrontare.

Il dibattito politico si limita alla superficie dei problemi e non propone soluzioni radicali perché, secondo i “signori del voto”, il modello di sviluppo liberista non deve essere cambiato. E neppure contestato. Così è “normale” che un silenzio non esente da censura avvolga chi non è omologato al sistema. Si tratta della stabilizzazione di un sistema che si vuole immutabile, con una sostanziale equivalenza di fondo tra le “grandi” coalizioni che si presentano alle elezioni regionali. In questo contesto di forte sperequazione dell'informazione in relazione alla competizione elettorale e dove gruppi di interesse più o meno palesi la fanno da padrone, il disagio degli elettori verso la “politica” diventa palpabile e l'assenteismo può crescere a livelli insopportabili per la democrazia stessa. Posizioni come quelle espresse dopo le recenti elezioni emiliane da Renzi stesso sul fatto che l'assenteismo possa essere considerato un fattore secondario sono una conferma di quella deriva democratica che deve preoccupare.

Appoggiare oggi chi ha governato la regione per vari decenni vuol dire perpetuare quanto di negativo è stato fatto. Ma anche appoggiare chi oggi governa il paese, chi vuole stravolgere la costituzione, chi è responsabile della cancellazione dei diritti di chi lavora, di chi vuol far credere che siano i pensionati i principali colpevoli della crisi, di chi vuole privatizzare i beni comuni e le nostre industrie strategiche, di chi chiude gli occhi di fronte a candidati impresentabili, è profondamente sbagliato e pericoloso.

È necessario dare un segnale chiaro e forte a chi vuole il partito della nazione, il sindacato unico o a chi vuole perpetuare un sistema che ha dimostrato, anche in Veneto, una connivenza con la corruzione, la speculazione e il malaffare. Un segnale che c'è ancora la voglia e la necessità di cambiare, che ci sono ancora tanti che credono che il modello di sviluppo liberista che ha provocato tanti danni non sia l'unico possibile. E, allora, andiamo a votare per chi non vuole omologarsi, per chi ha deciso di non appoggiare né la destra di Zaia né chi non ha più nulla di progressista come il PD di Renzi. Chi “appoggia da sinistra” la candidatura di Alessandra Moretti sta sbagliando perché si rende complice di una politica nazionale pericolosa per la democrazia. Se l'appoggio, poi, fosse dettato dalla voglia di occupare qualche poltrona e assicurarsi un futuro economicamente agiato la cosa sarebbe ancora più ingiustificabile. Qualcosa da ripudiare senza se e senza ma. E, allora, facciamo qualcosa di sinistra. Andiamo alle urne e votiamo “L'Altro Veneto. Ora possiamo!”. L'unica speranza di cambiamento.

 


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Commenti degli utenti

Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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