Paolo Pellizzari: il commissario Costa insensibile al "rischio falda" sotto la base Usa
Sabato 22 Ottobre 2011 alle 22:12 | 0 commenti
La provincia ora vuole piezometri profondi 20 m, analisi anche in superficie e più ampie
Nei panni del contestatore No Dal Molin non ci si vede, Paolo Pellizzari, e infatti respinge l'etichetta. Ma nelle ultime settimane la bandiera della richiesta di trasparenza sul cantiere Usa - che pochi giorni fa ha aperto i suoi cancelli a sindaci e giornalisti, una mossa che stride con l'opacità che grava su molti aspetti della costruzione della base - è stata di fatto brandita da un attore che nei lunghi anni passati non si era mai distinto per particolare attenzione al tema, ovvero la Provincia.
L'assessore all'ambiente e alle risorse idriche di Palazzo Nievo ha ingaggiato una battaglia a colpi di sollecitazioni formali e successive diffide rivolte a Paolo Costa, il commissario governativo alla costruzione della base Usa. A lui Pellizzari ha inviato la richiesta, dopo che la questione era stata sollevata dal consigliere del Pd Matteo Quero, di fornire i risultati delle analisi sulla falda «profonda» sotto la base. Costa prima non ha risposto, poi, in seguito alla diffida inoltrata dalla Provincia, ha affermato che i dati non lo riguardavano e che andavano casomai richiesti alla Regione.
«La sensazione è che Costa si sia decisamente "rilassato" sulla questione Dal Molin dopo aver risolto la partita delle compensazioni - commenta Paolo Pellizzari -. Ma non è che siamo tutti contenti, perché uno ha ottenuto le compensazioni, o solo perché i comitati possono farsi un giro nel parco della pace. Noi vogliamo sapere quale impatto sta avendo la base Usa sulla falda, e andremo dritti sulla nostra strada».
Sembra un deciso cambio di strategia rispetto all'ultimo anno in cui, nonostante teoricamente i dati sulle acque dovessero arrivare ogni tre mesi ai tecnici provinciali, da Palazzo Nievo non si erano alzate voci di protesta ad ogni mancata consegna dei dati stessi. Non mancano di sottolinearlo i No Dal Molin che sul loro sito scrivono: «Ci vogliono 18 mesi perché l'assessore provinciale Pellizzari si accorga che i dati per monitorare la falda acquifera vicentina non gli sono mai stati trasmessi?».
«La provincia non si è posta come forza estremista in atteggiamento di attacco, ma come un ente politico che voleva tutelare i cittadini - ribatte l'assessore Pellizzari -. Le nostre sono richieste elementari, che non comportano aggravi di costi. A chi abbiamo fatto la richiesta? Non agli americani, che non sono nostri interlocutori, ma al commissario di governo Costa, interfaccia degli americani con il governo. Potevamo anche far richiesta alla Regione, ma la Regione aveva già fatto la sua istruttoria, la Vinca, i cui dati ci sono stati consegnati, pur con ritardi». A far sbottare il pacato Pellizzari è stato l'atteggiamento del commissario Costa, che «non ci ha nemmeno degnato di una risposta - prosegue l'assessore -. Mi pare che ci sia una scarsissima sensibilità , una sostanziale assenza di Costa dal suo ruolo».
Da maggio 2010 la Provincia non ha più ricevuto i dati sulle analisi effettuate a carico delle aziende operanti nel cantiere della base americana: monitoraggi che vengono fatti grazie ai 10 pozzi piezometri profondi 7 metri esistenti nel cantiere. Nel maggio 2010, la prima rilevazione aveva portato a galla un innalzamento di 30 centimetri della falda (dall'ottobre 2008 al dicembre 2009) fra il lato ad est, lungo via Sant'Antonino, e il lato ovest verso il Bacchiglione. Un dislivello imputato alla selva di "micropali" (3798, profondi da 14 a 18 metri) impiantati nel terreno sotto la base e responsabili dell'effetto-diga sulla falda sottostante. Il dislivello era stato reputato «insignificante» dallo stesso Pellizzari. Inoltre erano state rilevate, a macchia di leopardo, percentuali oltre la norma di cloruro di vinile e dicloropropano, inquinanti comunque diffusi in tutta la falda acquifera, non imputabili al solo cantiere Usa.
«Un anno e mezzo fa abbiamo rilevato che le cose andavano bene, ma chiedevamo una serie di analisi supplementari - dice Paolo Pellizzari - In primis non capiamo perché i piezometri erano profondi soltanto 7 metri, e non 18 come i micropali. Secondo: i piezometri sono ciechi nei primi due metri di profondità : perché non analizzare anche acqua della falda superficiale? Terzo: chiediamo di ampliare l'analisi sia della qualità delle acque, sia del livello di falda, ad altri piezometri già presenti intorno all'aeroporto, ma in un'area più estesa del mero cantiere. Una mossa necessaria per indagare i riflessi sulla falda in un raggio più ampio».
Da VicenzaPiù n. 221 e BassanoPiù n. 2
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