Onorevoli volgarità
Sabato 22 Ottobre 2011 alle 22:29 | 0 commenti
Come cambiano il linguaggio e il comportamento dei politici
Sdoganata la volgarità persino in parlamento, le cadute di stile della politica nostrana si susseguono a un ritmo preoccupante, tanto che la sensibilità comune inizia a soffrire di un certo disagio: etichettato come "bacchettone" o "puritano", chi subisce la violenza di queste esternazioni fuori luogo, finisce semplicemente per allontanarsi sempre più dalla sfera del politico.
È il caso delle dichiarazioni dell'ex (?) An Claudio Cicero, consigliere dell'opposizione reinventato poi come braccio destro del sindaco Variati alla Mobilità . Spalleggiando l'assessore "azzurro" all'Istruzione, Morena Martini, che aveva spedito la Rete degli studenti in mobilitazione direttamente "in miniera a sudare sette camicie", Cicero ha rincarato la dose sostenendo "Brava: se tu li mandi in miniera, io li mando a zappare". Il tutto nell'imbarazzo del primo cittadino che, pur non ancora ripresosi dal caso del suo portavoce Bulgarini, sorpreso alla guida in stato di ebbrezza con conseguente ritiro della patente, si affrettava (e limitava) a supporre un equivoco come motivazione dell'exploit dialettico del consigliere "mobile".
Insomma, se le espressioni colorite della Lega Nord non bastassero, tra roghi di piazza e inviti ad armarsi di fucile anche in quel di Venezia nell'ultima Festa dei popoli Padani, ci pensano anche i nostri politici locali a far perdere definitivamente ogni ... sobrietà alla politica.
Del resto, cosa aspettarsi dopo i vari "forza gnocca", "fatti scopare", "handicappata del cazzo" per non parlare della pesanti offese alla Merkel del nostro amato premier, e dopo l'uso spudorato del dito medio dei nostri parlamentari? E le vittime sono sempre le stesse, donne, disabili, studenti in una società gerontocratica, maschilista e xenofoba, così condita con quella capacità di essere fuori luogo da suscitare l'indignazione anche di coloro che per cultura dovrebbero rappresentare le menti più aperte.
Il fatto è che si è perso il senso delle parole che divengono turpiloquio laddove si pronunciano in contesti in cui sarebbe adeguata una certa serietà , una misura, ecco, si è persa proprio la misura. Si è male interpretato il bisogno degli elettori di avere eletti più vicini alla loro quotidianità , perché una frase infelice detta in un bar, in una caserma, in una cena tra amici non ha lo stesso effetto in un altro luogo come un salotto televisivo o, peggio, in un luogo o in un contesto di rappresentanza politica e civile. E se molte persone che ascoltano queste volgarità o vedono certi esempi comportamentali ne subiscono la violenza, l'imbarazzo, il disagio, il peggio è che altre, giovani e meno giovani, si sentono autorizzate all'emulazione: "Tanto se lo fanno quelli che sono gli eletti!?"
Da VicenzaPiù n. 221 e BassanoPiù n. 2
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