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Oil e gas libici:il bottino vero. I Paesi amici privilegiati da Consiglio nazionale degli insorti

Di Redazione VicenzaPiù Venerdi 26 Agosto 2011 alle 01:17 | 0 commenti

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Quanto vale la Libia nello scenario energetico internazionale ora che la Nato ha spinto gli insorti al cuore di Tripoli e la sorte di Muammar Gheddafi sembra segnata? Che la partita in gioco non fossero i destini dei civili, ma le risorse petrolifere, è un dato difficilmente contestabile. Ma quale nuovo quadro emergerà dallo scontro di interessi delle potenze occidentali? Il Consiglio nazionale degli insorti fa sapere che ricompenserà adeguatamente i paesi che lo hanno appoggiato, mentre nei confronti di «Russia, Cina e Brasile, che non hanno appoggiato le sanzioni contro il regime libico» vi saranno «differenze».

Le grandi compagnie presenti scalpitano. Dopo vent'anni di isolamento economico e di sanzioni internazionali contro il regime del Colonnello, in pochi anni erano accorse in Libia tutte le più grandi compagnie petrolifere occidentali: l'italiana Eni, la francese Total e i giganti anglosassoni Bp, Shell e Exxon Mobil. Ora la Francia sgomita e fa la voce grossa, la Russia si vede fuori dal gioco («Abbiamo perso la Libia, le nostre imprese dovranno andarsene perché la Nato ci impedirà futuri accordi»); la Cina - grande nemico da battere, costretta a far fagotto - chiede la tutela dei propri interessi. L'Italia, prima per bocca del ministro Frattini, poi per bocca dell'Eni, sostiene addirittura che «in futuro sarà la numero uno». Secondo Margherita Paolini, coordinatrice scientifica della rivista Limes, non bisogna però fermarsi alla cronaca e alle dichiarazioni. Certo, per quanto riguarda il petrolio, è la Cina che perde e la Russia che non guadagna le alleanze utili per fare marketing col prezzo del petrolio sui mercati internazionali. I primi cartelli comparsi all'entrata delle concessioni petrolifere dicevano infatti: fuori la Russia e la Cina. L'interesse di Usa e Francia era di sbattere fuori la Cina. E poi ci sono quelli del Qatar, per conto dei paesi del Golfo, che hanno un greggio pesante e devono miscelarlo con quello leggero della Libia per piazzare quote di petrolio. Il Qatar, che ha postazioni in Europa, ha fatto l'operazione per i paesi del Golfo e fa da broker per loro sui mercati. Tuttavia - dice Paolini al manifesto - è ancora presto per fare previsioni serie. «Sul mercato energetico internazionale la situazione libica oggi conta meno di quanto si pensi. Al di là di altalene e ripresine, il petrolio di riferimento del Brent si è assestato comunque al di sopra dei 100, purtroppo è rimasto alto. E non può decrescere per merito del mercato libico perché, comunque vadano le cose, anche nella migliore delle ipotesi, quel mercato non può ritornare a produrre quello che produceva prima della guerra se non fra almeno due o tre anni». In concreto, gli osservatori petroliferi dicono: cautela. Tra l'altro - afferma la studiosa - la produzione petrolifera libica era arrivata a un punto di stand bay perché nella Sirte, i bacini del centro est e sud est erano ormai bacini maturi per cui si stavano preventivando e pianificando - ecco tutto il grande giro di grandi contratti che aveva fatto l'ultimo Gheddafi - grandi interventi basati su nuove tecnologie per mantenere a est livelli produttivi consistenti (la parte che oggi è sicuramente sotto controllo della parte del Cnt). La parte ovest era quella in piena espansione, che avrebbe dovuto dare subito un grosso innalzamento, naturalmente con i grossi investimenti in ballo». Quasi l'80% delle riserve storiche di petrolio libico si trova nella parte orientale. E ieri Sirte, città natale di Gheddafi e una delle ultime roccaforti ancora in mano alle forze lealiste, ha messo in atto una resistenza «inattesa» per la Nato. Ieri, i ribelli impegnati nell'offensiva sono andati avanti di parecchi chilometri verso Ovest conquistando il porto petrolifero di Ras Lanuf e spingendosi fino a Bin Jawad, a 50 chilometri a est di Sirte. Importanti terminali di esportazione del petrolio della Sirte. Secondo l'Agenzia internazionale per l'energia (Aie), prima dello scoppio della guerra, il paese - membro dell'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opep) in cui era nono su 12 membri - era tra le più grandi economie petrolifere al mondo (la quarta), possedeva all'incirca il 3,5% delle riserve mondiali, oltre il doppio di quelle degli Stati uniti. La sua produzione era di circa 1,6 milioni di barili al giorno, quasi il 2% di quella mondiale: fra le più importanti riserve petrolifere dell'Africa, con 44 miliardi di barili, molto avanti la Nigeria (37,2 miliardi) e all'Algeria (12,2). Ma, con le nuove tecnologie, le sue riserve avrebbero potuto triplicarsi. Esportava l'80% dell'oro nero verso l'Europa, in particolare in Italia e in Francia. Nel 2010, l'Italia ne ha comprato il 28%, la Francia il 15%, la Cina l'11%, la Germania il 10%, al pari della Spagna. Gli Stati uniti ne hanno acquistato il 2%. Un greggio ambito, perché poco ricco in zolfo e ad alta resa di prodotto. In qualche anno, il paese ha anche raddoppiato le esportazioni di gas naturale, da 5,4 miliardi di metri cubi nel 2005 a oltre 10 miliardi l'anno: grazie anche a un nuovo gasdotto verso l'Italia, ora fermo. Le riserve di gas sono valutate a 1.540 miliardi di metri cubi. «E infatti - dice Paolini - se oggi la partita è il petrolio, domani sarà il gas. Per l'Europa e per l'Italia. E per noi le cose non vanno lisce, visto che i nostri giacimenti sono a ovest, dove la situazione è incerta». Anche sul piano interno, «non si è trattato di una guerra per la democrazia, ma di un conflitto dell'est per le risorse dell'ovest. Al di là di Gheddafi, la contrapposizione territoriale conterà nel resettaggio politico dell'incerta partita».

Di Geraldina Colotti, Il Manifesto


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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