Nulla di cui rallegrarsi, per Langella l'articolo 18 viene di fatto cancellato
Domenica 8 Aprile 2012 alle 10:48 | 0 commenti
Giorgio Langella, segretario provinciale PdCI FdS Vicenza - Inutile essere soddisfatti. Anche con le ultime modifiche il disegno di legge sul lavoro presentato dal "governo dei professori" cancella i diritti dei lavoratori. Il tanto discusso articolo 18 (dello Statuto dei Lavoratori, legge 300 del 20 maggio 1970), di fatto, viene cancellato. Poco da gioire perché, rispetto alle indiscrezioni di qualche settimana fa, viene introdotta la parola "reintegro" anche per i licenziamenti individuali per motivi economici.
È, appunto, solo una parola. La sostanza è un'altra. Come dice il presidente del consiglio (sempre più di amministrazione) il reintegro sarà solo "per fattispecie estreme e improbabili". In pratica mai.
È bene anche chiarire una cosa: i licenziamenti collettivi per crisi e difficoltà economiche dell'impresa sono già previsti dalla legge. Con l'articolo 18 si parla di licenziamenti individuali. Il risultato del disegno di legge presentato sarà solo di rendere più facile il licenziamento individuale. La distinzione tra motivi discriminatori, disciplinari ed economici è molto fumosa.
I motivi economici potranno essere tantissimi e "fantasiosi". Dal "costo eccessivo" del singolo lavoratore (specie se anziano) all'accorpamento di funzioni per più lavoratori e, quindi, un "esubero individuale" di qualche "unità lavorativa". Le persone che lavorano diventeranno sempre più "merce", "ingranaggi", "costi" che devono e possono essere tagliati.
Ma non è solo la modifica dell'articolo 18 da rifiutare.
È tutto l'impianto del disegno di legge e la sua integrazione con altre leggi e norme punitive per il lavoratore (dall'aumento dell'età pensionabile alle maggiori spese che dovrà affrontare nella vertenza di lavoro, dall'aumento delle tasse - IVA, IMU anche sulla prima casa - al rifiuto del governo di tassare i grandi
patrimoni) recentemente approvate. È un progetto complessivo che toglie i diritti a chi lavora e mantiene i privilegi (anzi, li fa crescere) di chi possiede la ricchezza.
Con il disegno di legge sul lavoro si porta l'ennesimo attacco ai diritti dei lavoratori. C'è poco di cui rallegrarsi. Chi oggi lo fa (anche a "sinistra"), cercando di convincerci (in buona fede?) di aver raggiunto qualche obiettivo positivo con l'introduzione nel testo della parola "reintegro", accetta la sconfitta senza lottare. La lotta deve continuare per conquistare maggiori diritti e non per attestarsi su posizioni sempre più arretrate. La legge proposta dal governo Monti non è "pessima" per le imprese (come sostiene Emma Marcegaglia, presidente uscente di confindustria), tutt'altro. È disastrosa per i lavoratori.
La crisi la devono pagare quelli che l'hanno creata.
Quelli che hanno delocalizzato il lavoro e hanno sfruttato il lavoro altrui per ottenere sempre maggiori profitti, quelli che non hanno pagato le tasse, quelli che hanno accumulato enormi ricchezze speculando. Quelli che oggi pretendono di poter licenziare quanto, quando e come vogliono.
La nostra Costituzione è fondata sul lavoro. L'hanno scritta grandi politici e statisti, certo. Persone che sono immensamente migliori ed oneste di chi oggi siede in parlamento. Ma essa nasce dalla lotta di Liberazione dal nazifascismo e dagli scioperi del marzo del 1943. Nasce nelle fabbriche difese con le armi dai lavoratori, mentre i padroni che avevano favorito la dittatura fascista se ne stavano ben nascosti. La Costituzione è sopravvissuta grazie alle lotte operaie che hanno portato alla conquista di quei diritti che oggi "lorsignori" vogliono cancellare. Accettare la distruzione dello stato sociale e dei diritti dei lavoratori senza opporsi, accettare la divisione dei lavoratori senza lottare, significa tradire la Costituzione.
Noi continueremo la lotta.
In allegato locandina della manifestazione del 12 maggio a Roma
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