Nero aziende Mose, Chiarotto per Mantovani: «Le accuse di Galan sono cadute nel vuoto»
Domenica 30 Agosto 2015 alle 21:01 | 0 commenti
Di Davide Tamiello, Da Il Corriere del Veneto de 30 agosto 2015
La richiesta di arresto Il patteggiamento e la pena pecuniaria La sentenza definitiva
L'ex governatore insiste. Muscari Tomaioli: «Cose già dette e prive di fondamento»
«Galan? Poteva parlare quando ne aveva l'opportunità . Il resto mi sembrano fandonie». Romeo Chiarotto, patron della Mantovani, una delle ditte che compongono il Consorzio Venezia Nuova e finita sotto i riflettori delle cronache giudiziarie con l'esplosione del caso Mose, è schietto e diretto commentando l'ennesima l'intervista dell'ex presidente del Veneto, uscita ieri sulle pagine del Gazzettino.
Galan è tornato a parlare dalla casa in cui sta scontando gli arresti domiciliari, quella villa Rodella che, a luglio, dopo il ricorso respinto dalla Cassazione che rendeva definitiva la sua condanna, pensava di vendere per pagare il suo debito (pecuniario) con la giustizia di 2,6 milioni di euro. «Io 2,6 milioni non ce li ho - aveva confidato in un'intervista al Corriere del Veneto del 4 luglio - farò le valige e mi trasferirò in un capannone abbandonato, Ce ne sono tanti in giro per il Veneto...». Ieri è tornato a parlare di Mose e di imprenditori, a suo dire i grandi impuniti dell'inchiesta. «E' da dieci anni che le imprese italiane stanno pensando al business della manutenzione del Mose - ha raccontato ai giornalisti Giancarlo Galan - da dieci anni si stanno preparando al futuro e il futuro sarà gestito esattamente da questo sistema Mose che produceva 120 milioni di euro all'anno in nero. Quanto è finito nelle nostre tasche secondo l'accusa? Cinque milioni di euro all'anno. Al massimo. Il resto se lo sono intascati gli imprenditori e Mazzacurati». Parlando di Mose, dici impresa e pensi Mantovani, visto che il suo amministratore delegato, Piergiorgio Baita, è stato insieme al presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati, il vero «Dominus» del sistema di corruzione e fondi neri scoperto dalla guardia di Finanza e dalla procura di Venezia. Dici Mantovani e devi per forza pensare al suo presidente e fondatore, Romeo Chiarotto, 86 anni. «Guardi, io con i politici non ho mai voluto avere niente a che fare. - spiega il presidente - Con Galan poi in modo particolare: pensi che mi aveva anche invitato al suo matrimonio, ma ho trovato una scusa e ho rifiutato. Purtroppo alcuni miei collaboratori come Baita ragionavano in altro modo, ma io non ne sapevo nulla». L'ex ministro sostiene che ci sono 115 milioni di euro all'anno che mancano all'appello. «Ma sono tutte chiacchiere, stupidaggini - sbotta Chiarotto - Quel che conta sono i numeri accertati dalla procura, e cioè quaranta milioni di euro. Non a caso l'agenzia delle Entrate ha chiesto al Consorzio 23,5 milioni di euro. E poi insomma - chiude il presidente - e poi, scusi, ma perché non ha parlato prima?». Giancarlo Galan, per cui la procura aveva chiesto l'arresto il 4 giugno 2014, il blitz del 4 giugno 2014, era finito in carcere nell'infermeria di Opera il 22 luglio successivo. Il 16 ottobre ha patteggiato una pena a due anni e dieci mesi di reclusione, a luglio la corte di Cassazione ha rifiutato il ricorso dei suoi avvocati, Niccolò Ghedini e Antonio Franchini. Nonostante il patteggiamento continua a essere deputato ma non più presidente della commissione cultura di Montecitorio. Le accuse a Mazzacurati, per il legale dell'ex presidente del Consorzio, Giovanni Muscari Tomaioli, sono cose già sentite. «Sono dichiarazioni vecchie, questa è sempre stata la versione di Galan - ribatte - l'ha detto prima della decisione della Camera dei Deputati, l'ha ribadito in un memoriale presentato alla procura prima dell'arresto. Visto l'esito della vicenza giudiziaria, direi che sono state ritenute prive di fondamento».
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