Nascono le nuove Province, senza "elettori". E senza risorse
Sabato 11 Ottobre 2014 alle 10:31 | 0 commenti
Di Silvia Madiotto
Domani, domenica (12 ottobre) è il giorno che segna la fine delle Province per come le conosciamo. Non sono state abolite, concetto con cui spesso si tende a semplificare il decreto Delrio, ma sono state trasformate in enti di secondo livello (cioè non più elettivi), guidati da un sindaco e da un consiglio formato da amministratori del territorio. A Belluno, Padova, Rovigo, Verona e Vicenza, 5567 consiglieri comunali, sindaci in carica e consiglieri provinciali uscenti eleggeranno un presidente e da 10 a 16 consiglieri provinciali.
I candidati presidenti sono nove, e sono dispari perché il caso (raro, ma non unico in Italia) di Belluno spariglia le sfide a due: qui i partiti sono infatti riusciti a trovare la convergenza su un solo nome e a giocarsela saranno le liste di candidati consiglieri. Si aprano le urne, quindi, ma con molte riserve da parte dei rappresentanti degli enti locali: le competenze, in particolare quelle di delega regionale, non sono ancora state definite; e il taglio ai contributi mette in difficoltà la fornitura di servizi ai cittadini. Le modalità del voto sono state illustrate ieri dal presidente dell'Upi Veneto Leonardo Muraro e dalla neo presidente dell'Anci regionale Maria Rosa Pavanello. Per farlo hanno scelto un territorio neutro: il mandato di Muraro andrà a scadenza naturale e a Treviso se ne riparlerà nel 2016. Non si vota nemmeno a Venezia, che sceglierà il governo della città metropolitana dopo le elezioni comunali del 2015. Le competenze assegnate dallo Stato alle nuove Province sono programmazione territoriale, trasporto pubblico su gomma, edilizia scolastica, ambiente, viabilità e discriminazioni sul lavoro, ma ne restano in ballo ancora molte per chiudere il cerchio tra quanto gli enti facevano prima della riforma e come si comporteranno poi. «Turismo, cultura, caccia e pesca, sociale, formazione professionale - elenca Muraro -. La Regione deve ancora definire le deleghe alle Province, e da questo dipende anche il futuro dei lavoratori che si occupano di quei settori». Una tematica non secondaria. Ma oltre al «cosa» c'è anche il «come» da discutere: lo scoglio più alto da affrontare è quello economico. «La mancanza di risorse attanaglia tutti gli enti locali - spiega Pavanello - che hanno le mani bloccate dal patto e dal taglio dei trasferimenti. È certo che se gli stanziamenti rimarranno questi non basteranno, al momento già non sono sufficienti per dare le risposte che i cittadini meritano. Per questo abbiamo istituito un tavolo di lavoro congiunto, che ci consentirà di indirizzare al meglio il passaggio dalle vecchie alle nuove Province». «Il governo ha tolto almeno il 30% dei fondi propri delle Province - chiude Muraro -. Abbiamo 50 milioni come fondo cassa bloccati dal patto. L'ente fatica anche a fare manutenzione delle strade e poi si ritrova pure a pagare i danni per gli incidenti». Si vota domani dalle 8 alle 20 nelle sedi delle Province di Belluno, Rovigo, Padova e Verona; Vicenza ha disposto seggi multipli per agevolare gli amministratori della Pedemontana. Ogni amministratore ha a disposizione una scheda, di colore diverso a seconda del Comune di appartenenza: il voto del consigliere o sindaco assume un valore proporzionale alla popolazione residente, perché la rappresentanza sia ponderata. Il nuovo presidente della Provincia rimarrà in carica 4 anni, il consiglio provinciale scadrà dopo due. Altro organo delle nuove Province sarà l'assemblea provinciale, composta da tutti i sindaci del territorio e che dividerà col consiglio i compiti che ora sono assegnati alla giunta provinciale. Tutti i rappresentanti parteciperanno a titolo gratuito, senza gettone di presenza né rimborsi chilometrici: un impegno civico volontario, in sostanza, che riduce i costi della politica di cifre a più zeri.
*Da Il Corriere del Veneto
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