Muraglia Fiom
Lunedi 14 Novembre 2011 alle 09:38 | 0 commenti
L'intesa separata tra Federmeccanica e Cisl-Uil sta per andare a scadenza. I metalmeccanici di Cgil, che l'hanno contestata giuridicamente e che la stanno spuntando in tribunale, chiedono che si torni al contratto unico. E lanciano un monito a 360 gradi contro «una deriva che alimenta il precariato e mina la democrazia»
Il settore meccanico e quello siderurgico, con oltre 40.000 dipendenti, sono il cuore pulsante dell'imprenditorìa vicentina nonché uno dei centri strategici dell'intero comparto industriale nazionale. E quando si parla di metalmeccanici, indipendentemente dai numeri di ciascuna provincia, il sindacato dei lavoratori che fa rima col settore è quello della Fiom-Cgil.
Recentemente le prese di posizione del governo che vanno verso un sostanziale indebolimento dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, quello che in un certo senso garantisce la non licenziabilità , se non per giusta causa dei lavoratori delle imprese sopra i quindici addetti, hanno finito per ricompattare l'intero mondo sindacale. Ma sotto la superficie apparentemente calma, se calma si può definire una situazione internazionale in cui l'Italia è sottoposta al tiro incrociato dei mercati sui titoli del debito (con tutti gli annessi e i connessi del caso), c'è la questione del rinnovo del contratto dei metalmeccanici.
L'antefatto e la svolta. La notizia era rimbalzata su tutti i media nazionali il 15 ottobre 2009 quando i metalmeccanici di Cisl e Uil, rispettivamente Fim e Uilm, dissero sì ad un rinnovo contrattuale proposto de facto dai parigrado di Confindustria (Federmeccanica). Un sì che vide l'assenza del più importante sindacato di settore, la Fiom appunto. Quest'ultimo contestò la trattativa sul piano sia sindacale sia «politico». Ma soprattutto il sindacato parlò di non congruità giuridica dell'intesa. Dopo poco furono avviate dallo stesso sindacato alcune cause pilota in giro per l'Italia «e oggi i giudici cominciano a darci ragione» spiega Maurizio Ferron, segretario della Fiom vicentina. Ora il contratto, sia quello contestato, sia quello «in prorogatio del vecchio», in qualche maniera riconosciuto da Cgil, sono in scadenza. E così la Fiom berica, mentre il ministro del welfare Maurizio Sacconi passa per Vicenza per presentare il suo libro, lancia al membro del governo, almeno sul piano concettuale, un messaggio molto chiaro: il prossimo contratto dei metalmeccanici dovrà essere un contrattato unico, discusso ampiamente ed in seguito approvato nelle fabbriche.
Questione irrinunciabile. Spiega Ferron: «Per noi è una questione irrinunciabile. Erigeremo una muraglia. Assecondare di continuo la tendenza alla deregolamentazione nel mondo del lavoro mina il concetto stesso di democrazia. Inoltre non derogheremo mai su questioni cruciali come formazione e sicurezza». Ferron non lo dice espressamente ma il destinatario è plurimo: nel sacco della posta c'è una maggioranza di centrodestra ormai a un passo dal fosso, c'è un coacervo di forze che si appresta a sostituirla, c'è il più grande partito d'opposizione il Pd, ci sono i cugini degli altri sindacati. Mentre sullo sfondo rimane quella schiera trasversale da Occupy Wall Street, fino agli Indignados, ha messo, o sembra voler mettere, in discussione il cuore del modello di sviluppo occidentale basato sul sistema che gravita attorno a banche e finanza. Per questo motivo la questione del contratto è diventata suo malgrado una sorta di barriera ultimativa sulla quale la Fiom ha scritto «hic sunt leones». E per difenderla è pronta a combattere la sua campagna d'inverno.
Il grido di battaglia di Landini. Non è un caso appunto che il segretario nazionale della Fiom Roberto Landini ai primi di novembre dal portale telematico del sindacato abbia messo nero su bianco il suo punto di vista: «Si stanno concludendo, in questi giorni, le assemblee che abbiamo tenuto nelle imprese metalmeccaniche per sottoporre ai lavoratori l'ipotesi di piattaforma contrattuale che abbiamo varato nell'assemblea nazionale tenuta a Cervia nel settembre scorso... Il nostro scopo fondamentale è quello di riconquistare il contratto nazionale. Una battaglia che è tutt'uno con la lotta contro l'articolo 8 della manovra economica voluta e attuata dal Governo di centrodestra... Per questo motivo diciamo oggi qui quello che abbiamo detto due settimane fa nell'assemblea dei lavoratori del gruppo Fiat e, prima dell'estate, nell'assemblea nazionale dei lavoratori di Fincantieri. Il nostro primo obiettivo è la riconquista di un contratto nazionale dei metalmeccanici che sia degno di questo nome. Il contratto è infatti, assieme, lo strumento con cui possiamo costruire l'unità della categoria e intervenire concretamente sulle politiche di settore. La riconquista del contratto è quindi il nostro contributo principale alla difesa della struttura industriale del nostro Paese». Le parole del segretario pesano come pietre; e chi conosce bene il mondo sindacale sa bene che «sic rebus stantibus» non ci sono margini di trattativa. Per di più una circostanza del genere ha prodotto due effetti. Il primo, ben ipotizzabile, è lo spostamento di settori della base di Cisl e Uil e di settori della Cgil moderata verso le posizioni di Fiom. Il secondo è apparentemente paradossale. Ci sono infatti alcuni ambienti dell'Assindustria berica, che in modo al quanto carbonaro, cominciano a non disconoscere buona parte delle le ragioni della Fiom. E questo non per vicinanza ideologica ai rappresentanti dei lavoratori, ma perché i manager si sono abituati all'idea che non c'è nessuna economia, sana o malata che sia, in grado di reggere sulle lunghe un peso della speculazione che ormai vale dalle dieci volte il peso del pil mondiale.
Dati e prospettive. Ad ogni modo in controluce rimane lo spettro della mancanza di occupazione. Se si fa riferimento ai dati dell'agenzia regionale Veneto Lavoro (vedi tabella) si nota che le rette di media le quali descrivono i lavoratori licenziati da aziende attive e inseriti in cassa integrazione sono in aumento progressivo e costante. In particolare la cosa vale se si osserva il quindicennio che va dal '95 al 2010-2011. Di più, sempre i dati mostrano che l'aumento più significativo è quello della cassa integrazione ordinaria, il parametro più preoccupante perché descrive situazioni di sofferenza strutturale. In questo contesto peraltro il trend del Vicentino ricalca alla grossa quello della regione. Ora con la crisi che continua a mordere, la cosiddetta libertà di licenziamento per le aziende strutturate, «unitamente alla conseguente precariarizzazione del lavoro», viene interpretata non solo come lo sfarinarsi di una possibile ancora di salvataggio, ma come l'inizio di una deriva ben più ampia. Proprio per questo Fiom ha depositato in un unico carniere la questione contrattuale e quella delle tutele del lavoro.
Da VicenzaPiù n. 223 e BassanoPiù n 4
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