Marchionne svizzero:meno tasse fino a 25 mln, di Maurizio Maggi (L'Espresso 22 dicembre)
Lunedi 27 Dicembre 2010 alle 22:58 | 0 commenti
Esercitando le sue opzioni sulle azioni Fiat, il manager potrebbe incassare quasi 200 milioni. E risparmiarne almeno 25 di imposte. Grazie alla residenza fiscale svizzera
La tassazione sul lavoro in Italia è troppo alta, sostengono da anni sindacati e datori di lavoro. Si lamentano pure tutti quelli che guadagnano bene e che, finendo nello scaglione più alto dell'Irpef, se sono cittadini onesti versano in tasse il 43 per cento del reddito. Non tutti, però. Se si guida il più grande gruppo industriale italiano, ma si ha la residenza fiscale in Svizzera, per esempio, la potatura si ferma al 30 per cento.
È il caso di Sergio Marchionne, che in teoria potrebbe mettere a segno nei prossimi anni il più grande guadagno da stock option mai realizzato in Italia, incassando fino a 200 milioni di euro puliti (vignetta italian4journalist).
E risparmiando dai 25 milioni di euro in su di tasse: dipende da quando il numero uno della Fiat trasformerà le opzioni in azioni e quanto varranno queste ultime al momento dell'effettiva cessione.
Cosa permetterà al top manager di pagare meno imposte di quanto dovrebbe fare un super dirigente italiano con la residenza fiscale in patria? "L'articolo 16 della convenzione bilaterale tra Italia e Svizzera, che prevede la ritenuta del 30 per cento sugli emolumenti legati alla carica di amministratore", spiega il fiscalista Leo De Rosa. Quando ha preso le redini di Fiat, Marchionne aveva già la residenza fiscale nel cantone elvetico di Zug. La risalita del titolo Fiat è stata in buona parte merito suo e se l'azione proseguirà nel recupero, l'erario italiano non resterà certo a bocca asciutta, anche se, sulla base della convenzione, dovrà rinunciare a un bel pacco di milioni. Vediamo perché.
Nel 2011 il supermanager che ha risollevato il Lingotto può cominciare a esercitare una parte del suo ricco piano di stock option. Cioè di quelle opzioni che consentono di entrare in possesso, gratis o a un prezzo predeterminato (che dev'essere inferiore a quello espresso in Borsa, altrimenti l'opzione diviene carta straccia), di un certo quantitativo di titoli. Che intaschi i quattrini vendendo le azioni al volo, o che se le tenga tutte diventando il secondo azionista del gruppo con una quota vicina al 2 per cento, al Fisco italiano la cosa interessa poco.
È l'esercizio delle opzioni, che permetterebbe di trasformare oltre 20 milioni di diritti in altrettanti titoli Fiat, che riguarda le casse pubbliche. "Per la normativa, il momento decisivo per la tassazione delle stock option è quello in cui l'opzione è utilizzata e il beneficiario entra in possesso delle azioni: la differenza tra il prezzo dell'esercizio offerto al manager e quello di mercato al momento in cui si sfrutta l'opzione determina la somma imponibile, assimilata al reddito dipendente", spiega Eugenio Romita, partner dello Studio Di Tanno. Dunque, a un manager con residenza fiscale in Italia è applicata l'aliquota del 43 per cento, che può crescere al 45 con sovra-imposte comunali e regionali. Dal gennaio 2011 Marchionne può iniziare a esercitare 10,67 milioni di stock option al prezzo unitario di 6,583 euro (stabilito dopo il suo insediamento ai vertici del Lingotto, quando valeva molto di meno). Oggi l'azione viaggia intorno a 14,7 euro. Sganciando 70 milioni, verrebbe in possesso, alle attuali quotazioni, di un contravalore pari a 157 milioni.
Sulla differenza tra valore dell'opzione e valore dell'azione sul listino, pari a circa 87 milioni, pagherebbe balzelli per 26 milioni (sarebbero 39, con residenza fiscale in Italia). Se invece Marchionne aspetta, il potenziale jackpot si gonfia. Uno studio di Goldman Sachs dice che il titolo può raggiungere i 21 euro nell'arco di 12 mesi: se Marchionne esercita i diritti, tiene le azioni fino a quando giungono davvero a 21 euro (quota già superata in passato) e le vende, il malloppo raddoppia a 156 milioni di euro (su cui paga 47 milioni di imposte e non i 70 milioni che si verserebbero con residenza fiscale in Italia). Lo sconto sull'asse Roma-Berna salirebbe così a 23 milioni.
Ma c'è un'altra soluzione, ancor più vantaggiosa: esercitare le opzioni a inizio 2011 (immaginiamo che il titolo valga più o meno come adesso) e vendere le azioni quando davvero toccano i 21 euro vaticinati dalla banca d'affari: in questo caso, le tasse restano a 26 milioni e, grazie alla convenzione bilaterale, non si paga niente di capital-gain (contro il 12,5 per cento italiano). Guadagno ipotetico pulito: 127 milioni di euro (107 con fiscalità italiana).
E non è finita. Per trattenere e coinvolgere ulteriormente Marchionne nella Fiat, il consiglio gli ha attribuito un pacchetto di 4 milioni di azioni gratuite.
Questo piano di stock grant, ai corsi attuali del titolo, vale 59 milioni (84 ipotizzando il titolo a quota 21 euro). Il calcolo delle tasse è lo stesso di prima e per il manager l'utile netto va dai 41 ai 58 milioni di euro. Se tutto filasse liscio, Marchionne potrebbe portarsi a casa oltre 190 milioni di euro netti. Senza contare altri 8,75 milioni di opzioni esercitabili a 13,37 euro: con un guadagno ridotto al valore attuale del titolo, che decolla a 66 milioni, tassati per quasi 20, se Fiat farà faville in Borsa come ipotizzato da Goldman Sachs.
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