Ma che razza di politica è questa? La reazione di Langella agli "show" alla Renzi
Giovedi 11 Ottobre 2012 alle 23:16 | 0 commenti
Riceviamo da Giorgio Langella, segretario regionale di PdCI FdS, e pubblichiamo.
Nel nostro paese è di moda uno strano modo di "fare politica". Non si propongono modelli di sviluppo diversi, strategie a lungo termine, piani di crescita seri. Non si danno battaglia ideali e ideologie contrapposte. No. Tutto è ridotto alla cronaca (spesso nera o, per lo meno, antracite) e allo slogan di "sicuro impatto" ma fine a se stesso (nella foto Renzi abbraccia Variati).
Poco o nulla è approfondimento, analisi, interpretazione della realtà . Ci si ferma alla "fotografia" (spesso sfocata o sbiadita). Si guarda il dito e non quello che esso indica. Lo si fa anche "a sinistra" (in quella sedicente tale). E tutto diventa offuscato, indistinguibile. Non siamo più partigiani.
Stiamo vivendo tempi tristemente opachi.
Tempi nei quali è normale leggere delle ruberie di gente improponibile che è "scesa in campo" sostanzialmente per fare soldi e delinquere. Questi personaggi, ormai, sono dappertutto. Li si può trovare facilmente al nord, al centro e al sud della nostra povera Patria. Hanno comprato voti dalla ‘ndrangheta, hanno rubato soldi pubblici (o li hanno usati a loro beneficio che è la stessa cosa), hanno fatto vacanze pagate da personaggi discutibili (in cambio di favori?), sono stati eletti (e imposti) per la propria avvenenza fisica o perché "simpatici" a qualche grande manovratore. Sono personaggi quasi sempre mediocri che hanno fatto (e fanno) il buono e il cattivo tempo occupando posti di potere e sviluppando la loro manifesta incapacità di risolvere i problemi collettivi e la loro grandiosa propensione all'arricchimento personale. Sono i protagonisti della vera antipolitica, quella che distrugge la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Un'antipolitica costruita negli ultimi decenni con la distruzione degli ideali, delle ideologie e l'assenza del conflitto. È un cancro che deve essere debellato con giustizia, rigore e severità . Senza attenuanti. Ma, a questo punto, sorge un dilemma: chi è in grado fermare questo degrado? Il panorama è desolante. Siamo di fronte a uno scenario nel quale si scatenano le ambizioni personali per candidarsi, si vuole apparire a tutti i costi, si "fa spettacolo" in un crescendo malinconico di frasi vuote e proposte di cambiamento solo di facciata o per rifare il trucco a un sistema agonizzante. Nient'altro. Così, la Politica, quella vera, si ritrae. Quella che trionfa è una sua grottesca parodia. Abbiamo Renzi che vuole "rottamare" i "vecchi" del suo partito e che, per accattivarsi qualche voto qui e là , strizza l'occhio alla destra e attacca contemporaneamente Marchionne che fino a ieri era un suo "idolo" al quale dichiarava fedeltà eterna (senza se e senza ma). Troviamo Berlusconi che "fa un passo indietro" ma forse no e che resta sempre là , oberato di processi che andranno in prescrizione. E Formigoni (soprannominato "il Celeste") che, nonostante gli scandali e gli arresti che colpiscono tanti, troppi, membri della sua giunta, resta incollato alla poltrona (e allo stipendio) di presidente della regione Lombardia. Questo mentre la "sua" consigliera regionale Minetti sfila in bikini (per aiutare l'industria della moda?). E poi c'è Grillo che si mette a nuotare dalla Calabria alla Sicilia per dimostrare chissà che cosa. Casini che, comunque, è sempre dalla parte di chi governa, qualsiasi cosa faccia. Vendola che esalta la cucina dei self-service e propone slogan decisamente riusciti male ("Il massacro della Diaz. Oppure Vendola").
Ognuno dice la sua per apparire. E chi la spara più grossa crede di poter vincere.
L'Italia, intanto, va male. Anzi, sono i lavoratori, i pensionati, i giovani che vivono sempre peggio. La disoccupazione è in drammatica crescita, la cassa integrazione e la mobilità raggiungono livelli da record, la povertà colpisce sempre più famiglie. Un disastro che andrebbe affrontato in maniera decisa con un progetto di sviluppo alternativo a quello taciuto dal governo Monti. Un governo di ricchi professori che tentano di confondere il popolo dichiarando che viene "dimezzato l'aumento dell'IVA" (il risultato è che si pagherà di più quello che si acquista siano merci o servizi) e che viene diminuita l'IRPEF per i ceti più poveri. Ma, e lo sussurrano appena, ci saranno anche la diminuzione delle detrazioni, i tagli alla sanità e ai permessi per assistere i parenti disabili, la riduzione dei finanziamenti per la scuola, la ricerca e lo sviluppo. E i più ricchi non pagheranno nulla di più perché non ci sarà nessuna patrimoniale.
I ministri e i sottosegretari che compongono il governo sono chiamati "tecnici" ma fanno politica, loro si, con un obiettivo preciso: togliere qualsiasi briciola di potere ai cittadini, ai lavoratori, ai pensionati, ai giovani. Usano anche loro slogan e frasi ad effetto. Ma lo fanno con calma, pacatamente, senza gridare. Intanto ci rendono più poveri. Ci tolgono qualsiasi potere contrattuale svendendo il patrimonio pubblico, svuotando le industrie strategiche a partecipazione statale, riducendo il nostro paese a terra di conquista per chi vorrà venire a sfruttare una manodopera impoverita dalla crisi. In quasi un anno di governo sono aumentate la disoccupazione e la precarietà , l'anzianità necessaria per la pensione, le tasse dirette e indirette che vengono pagate dai cittadini onesti. Ma, nonostante questo, nel deserto lasciato da politici-affaristi mediocri (o in perfetta malafede), da più parti si invoca un governo Monti-bis che continuerà nell'opera di demolizione dello Stato. Si inneggia al personaggio Monti che diventa un nuovo "uomo della provvidenza". Meno violento degli "uomini forti" del passato e più presentabile di chi lo ha preceduto alla presidenza del consiglio, ma capace di far uscire dalla crisi solo chi appartiene alla sua "classe". Perché, e ce ne dobbiamo rendere conto, la lotta di classe esiste ed è stata dichiarata dai ricchi contro i lavoratori e i ceti meno abbienti. E la stanno vincendo i ricchi.
Quella che stiamo vivendo non è democrazia. È qualcosa d'altro. Qualcosa dove vince chi ha più visibilità , chi è più furbo, chi garantisce ai padroni di non cambiare nulla o di modificare al massimo l'intonaco del sistema.
È tutto finito? Non c'è più speranza? No. Bisogna resistere e continuare a denunciare questa situazione di diffusa amoralità e malaffare. Dobbiamo lottare su questioni concrete e risolvere problemi reali. Discutere di contenuti e non solo della forma. Risolvere il problema della mancanza di lavoro. Studiare, analizzare, interpretare la realtà e costruire un progetto di sviluppo nuovo. E difendere il patrimonio pubblico, l'industria strategica, lo stato sociale. Conquiste che sono esempi di quella ricchezza collettiva che ci può dare gli strumenti e la forza per competere alla pari con le altre nazioni. Proviamo a riconquistare la dignità di essere liberi di scegliere quale sarà il nostro modello di sviluppo senza essere più assoggettati al volere coercitivo del "mercato" e della "finanza".
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