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Lo scontro

Di Marco Milioni Domenica 5 Febbraio 2012 alle 13:22 | 0 commenti

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Da VicenzaPiù n. 227

La guerra di carte bollate attorno alla questione della Valdastico Sud ha finito per ridare vigore ai vari comitati che nel Veneto si oppongono ad una serie di grandi progetti infrastrutturali. Emergono così due concezioni quasi antitetiche di democrazia, l'una fortemente ossequiosa del criterio di rappresentanza, l'altra più orientata verso le istanze della base sociale

Prima il Tar Lazio che dice no alla Pedemontana. Poi il Consiglio di stato che sospende, ma non annulla il pronunciamento dei giudici romani. E in mezzo la politica e la cosiddetta società civile veneta. Da una parte i sostenitori dell'avanti tutta sul piano delle infrastrutture, dall'altra coloro che propongono progetti alternativi o che si oppongono tout-court.

La questione della Spv però va ben oltre la querelle politico giudiziaria che si sta facendo largo in seno all'opinione pubblica ma mette a confronto due visioni sostanzialmente antitetiche e per larga parte inconciliabili.

Da questo punto di vista il governatore veneto del Carroccio Luca Zaia ha le idee chiare: «Ricordo che la superstrada Pedemontana è fortemente voluta da tutte le comunità interessate e ha il parere favorevole di 35 dei 36 Comuni attraversati». A queste parole vanno affiancate quelle che lo stesso Zaia pronunciò all'indomani della decisione del Tar che aveva bocciato il progetto caro alla Regione: «Questo è quel male che io chiamo eccesso di democrazia. Succede quando l'interesse di un'intera comunità non coincide con l'interesse del singolo che ricorre contro un decreto del governo». Il suo pensiero è condiviso in modo trasversale ai piani alti di tutta la politica veneta che conta: senza distinzioni fra centrosinistra e centrodestra. Il discorso di Zaia, ma non solo quello del presidente, poggia su una premessa di base. Le priorità strategiche delle comunità, siano esse di rango locale o superiore, nella loro formulazione debbono seguire alla fine i dettami della della democrazia rappresentativa. Ovvero quando attraverso il voto e con la intermediazione dei partiti viene scelto un determinato percorso, fatto salvo un doveroso, anche se formale, confronto coi cittadini, le amministrazioni hanno il diritto dovere di procedere in una direzione già tracciata dalla politica. Di conseguenza l'intervento di comitati, associazioni, movimenti e singoli cittadini non può interferire con una decisione che si ritiene rappresentare la maggioranza della popolazione.

Sul fronte opposto si muove uno schieramento variegato che va da settori dell'associazionismo a settori dei partiti (specie nella base) che contestano questa visione perché la democrazia rappresentativa non è che un costrutto formale con poca sostanza. Una maschera dietro alla quale si nascondono lobby e interessi ristretti che usano la politica e i media controllati dal grande capitale per perseguire finalità che assai di rado collimano con quelle della collettività. Più nel dettaglio i cosiddetti interessi generali usati come vessillo dagli amministratori sono tali solo a parole ma in realtà sono il prodotto di una mistificazione.

In questo senso torna utile ricordare la vicenda di Egidio Bicego, sindaco di Villaverla in quota Pdl che per essersi messo contro «un'opera formalmente caldeggiata da Zaia, ma sostanzialmente voluta dall'ex governatore veneto l'azzurro Giancarlo Galan» è stato mandato a casa grazie alle dimissioni in blocco della sua maggioranza. Bicego fa presente che «i nodi prima o poi verranno al pettine» e che un atteggiamento «prevaricatore e tracotante da parte delle istituzioni finirà per esasperare i cittadini quando questi si accorgeranno sulla loro pelle che l'Eldorado della Spv si trasformerà in una montagna di debito pubblico ovvero di tasse».

La querelle attorno alla Spv però in questi mesi ha avuto anche un altro effetto. Ha finito per mettere attorno ad un unico tavolo, virtuale al momento, tutti quei soggetti che nel Veneto contestano «la colata di cemento prossima ventura». Spv, Valdastico Sud, Veneto City, Tessera City, Nogara Mare, Porto Tolle, Valsugana bis sono solo alcuni dei casi contestati. Fino a qualche mese fa comitati e movimenti avevano agito pressoché per conto proprio. Con il crescere della tensione sul caso della Valdastico Sud e delal Spv però i fautori «di una visione alternativa» hanno cominciato ad intensificare i contatti e a proporre il proprio punto di vista in modo completamente slegato dalla politica. Questo perché, sostiene Bicego, la politica è «ormai completamente asservita ai poteri forti che fanno e disfano a loro piacimento sulla testa dei cittadini». Sulla stessa linea si muove Massimo Follesa, portavoce del Covepa, il coordinamento che si oppone all'attuale tracciato della Spv: «Vogliamo aprire un tavolo permanente perché il filo rosso che lega cave, infrastrutture, urbanizzazione selvaggia, ecomafie uno smaltimento illecito quanto forsennato dei rifiuti è lo stesso. Va avanti così dagli anni Settanta. Da una parte i movimenti e le istanze dei singoli cittadini, dall'altra la politica che cerca di fare sintesi. Alle volte ci riesce. Alle volte fallisce clamorosamente». Preoccupazioni che coinvolgono anche l'ala più movimentista dei No Spv, i quali capitanati da Lanfranco Tarabini, oltre a pensare ad una sorta di presidio fisico hanno avviato una raccolta firme per spiegare «ancora una volta» alle istituzioni che quel progetto non li convince. Per Tarabini oltre alle questioni meramente giuridiche che seguiranno «la strada del diritto amministrativo» rimane in ballo una enorme questione che riguarda i criteri con i quali si è scelta un'opera del genere: «Sono criteri vecchi, poco trasparenti, carenti sul piano democratico».

E poi c'è l'altra faccia della medaglia. Chi garantisce che i timori che si sono materializzati con il caso Valdastico non si materializzino anche con la Pedemontana? La domanda non nasce per caso. «A fare i conti sono milioni di tonnellate di residui industriali non dannosi che sono stati mescolati a rifiuti potenzialmente tossici i cui costi di smaltimento sarebbero stati altissimi per le imprese. È per questo che potenzialmente negli anni Ottanta ogni buco è diventata una discarica... Per anni i rifiuti sono stati utilizzati per l'edilizia e se non era così finivano su navi come la Jolly Rosso o sotto i campi coltivati della campagna veneta... L'utilizzo di rifiuti potenzialmente pericolosi per ragioni edili produce immense ricchezze per chi aggira la legge perché e i costi di smaltimento dei rifiuti tossici sono altissimi e le pene basse. O si cambia la legislazione o non si risolve nulla». A usare queste parole sul portale del Corriere Veneto del 5 gennaio è Felice Casson, onorevole del Pd. Il quale però sembra parlare più da ex magistrato che da parlamentare. La questione della penetrazione delle ecomafie, ad eccezione dei soliti protocolli tra prefettura ed istituzioni locali non è mai entrato nel vivo del dibattito politico. Eppure basterebbe leggere le scorrevoli pagine di Bandiera Nera, il libro scritto da Andrea Palladino, per capire che nel Veneto, come nel resto del globo, il rapporto tra politica, industria, mediatori e gestione dei rifiuti ed ecomafie non è una eccezione malsana ma un sistema standardizzato. Nel volume edito da Manifstolibri le ditte della regione non mancano, ma nonostante la dovizia dei dettagli, «politici e imprenditori continuano a parlare di sviluppo senza dire che cosa ci sia veramente sotto». Questo dice Bicego al momento però la politica regionale, con l'eccezione di Rifondazione, tace.

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Commenti degli utenti

Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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