Dichiariamo con orgoglio la nostra nostalgia di Enrico Berlinguer. Il 7 giugno 1984 ...
Martedi 7 Giugno 2011 alle 20:37 | 0 commenti
Giorgio Langella, PdCI, FdS - L’11 giugno del 1984 Enrico Berlinguer, segretario del Partito Comunista Italiano, cessava di vivere. Qualche giorno prima, la sera del 7 giugno, era stato colpito da un gravissimo malore durante un comizio elettorale a Padova. Sono passati 27 anni da quei giorni ma l’insegnamento di Berlinguer è ancora necessario. Berlinguer fu un grande politico italiano, un grande uomo. In Berlinguer c’era quella passione politica, quell’onestà intellettuale e personale che oggi sono estremamente rare.
Era, il suo, un modo di concepire la politica e la vita che aveva radici antiche. Un modello che è stato spazzato via da quella che viene oggi spacciata per “modernità †e che si riduce al conseguimento del tornaconto personale, alla confusione tra politica e affari, al considerare la politica stessa la maniera più facile e veloce per fare carriera e arricchirsi. Una degenerazione che Berlinguer aveva già individuato nella “questione morale†(1). Senza nulla togliere ad Alessandro Natta, un gentiluomo che si autodefiniva “illuminista, giacobino e comunistaâ€, e togliendo, invece, tutto ad Achille Occhetto che decretò la fine di quello che fu il più grande partito comunista dell’occidente, Berlinguer fu l’ultimo grande segretario del PCI. Il partito, come recitava uno slogan, “di Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguerâ€. Un partito che annoverava tra i propri dirigenti figure come Camilla Ravera (che, di fatto, ne fu segretaria durante la clandestinità fino al 1930), Pietro Secchia, Pio La Torre, Fernando Di Giulio, Nilde Iotti, Giancarlo e Giuliano Paletta, Giuseppe di Vittorio, Giorgio Amendola, Vittorio Vidali, Umberto Terracini, Teresa Noce, Maurizio Valenzi e tantissimi altri. Dirigenti e militanti politici che lottarono per costruire la democrazia nel nostro paese.
Leggendo questi nomi, conoscendo le storie di queste persone e confrontandole con quelle degli attuali dirigenti politici italiani ci si rende conto di perché il nostro paese viva da troppo tempo una crisi politica e culturale che sembra irreversibile. Si capisce come si sia persa, nel tempo, la voglia di studiare, di conoscere, di lottare, di costruire un progetto che possa cambiare lo stato di cose presente.
Oggi tutto tende ad appiattirsi in tatticismi esasperati. Con le ultime elezioni amministrative si intravede un cambiamento di rotta ma c’è ancora tanta strada da fare per renderlo solido e duraturo. Non ci si può fermare alla soddisfazione di aver battuto candidati sostenuti da un primo ministro improponibile. Dobbiamo mettere da parte i personalismi, la voglia di apparire a tutti i costi. Il successo personale è nulla di fronte al compito che ci aspetta: costruire un nuovo progetto di sviluppo per il paese. Ripartiamo dall’insegnamento di Enrico Berlinguer. E lottiamo perché i partiti e la Politica siano quello che dovrebbero essere e non continuino ad avere come obiettivo principale l’occupazione di qualche poltrona.
Partito dei Comunisti Italiani – Federazione della sinistra di Vicenza
(1) Un testo di Enrico Berlinguer
Â(dalla prefazione per il volume dei Discorsi parlamentari di Togliatti – articolo pubblicato da Rinascita n. 24 – anno 41 – sabato 16 giugno 1984)
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“… la profonda esigenza di restituire alle istituzioni la funzionalità e il ruolo che spetta loro in una Repubblica democratica a base parlamentare viene distorta e tradita. Attraverso alcune delle “riforme†di cui si sente oggi parlare si punta a piegare le istituzioni, e perciò anche il Parlamento, al calcolo di assicurare una stabilità e una durata a governi che non riescono a garantirsele per capacità e forza politica propria.
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Ecco la sostanza e la rilevanza politica e istituzionale della “questione morale†che noi comunisti abbiamo posto con tanta decisione.
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Anche la irrisolta questione morale ha dato luogo non solo a quella che, con un eufemismo non privo di ipocrisia, viene chiamata la Costituzione materiale, cioè quel complesso di usi e abusi che contraddicono la Costituzione scritta, ma ha aperto la strada al formarsi e al dilagare di poteri occulti eversivi – la mafia, la camorra, la P2 – che hanno inquinato e condizionano tuttora i poteri costituiti e legittimi fino a minare concretamente l’esistenza stessa della nostra Repubblica.
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Di fronte a questo stato di cose, di fronte a tali e tanti guasti che hanno una precisa radice politica, non si può pensare di conferire nuovo prestigio, efficienza e pienezza democratica alle istituzioni con l’introduzione di congegni e di meccanismi tecnici di dubbia democraticità o con accorgimenti che romperebbero anche formalmente l’equilibrio, la distinzione e l’autonomia (voluti e garantiti dalla Costituzione) tra legislativo, esecutivo e giudiziario, e accentuerebbero il prepotere dei partiti sulle istituzioni. … “
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