Lettera a chi fa le leggi
Sabato 26 Novembre 2011 alle 23:58 | 0 commenti
Riceviamo da Giorgio Langella, Segretario provinciale del PdCI FdS, e pubblichiamo.
Cari "signori professori", "politici" e "tecnici", che studiate e promulgate le leggi per il "bene del paese", se quarant'anni di lavoro vi sembrano pochi, provate voi a lavorare in catena di montaggio, in cantiere, in fonderia o guidando camion per infinite ore ogni giorno. Provate voi cosa significa l'alienazione di un lavoro ripetitivo. Per quarant'anni. Una vita intera. Adesso ci dite che dobbiamo fare ancora sacrifici perché l'economia (quella "nostra economia" che voi avete gestito seduti nelle poltrone del governo o diretto dagli uffici delle banche) sta crollando.
Ci dite che bisogna cancellare i privilegi e ci spiegate, confondendoci, che chi ha lavorato quarant'anni è un privilegiato, non ha più nessun diritto di andare in pensione. In pratica ci dite che chi ha iniziato a lavorare a 15 anni (e ha avuto la "fortuna" di averlo fatto sempre in regola) dovrà lavorare otto anni in più. Perché, ci dite, la speranza di vita aumenta e si deve lavorare almeno fino a 63 anni. Otto anni in più di fatica, alienazione e continua lotta per poter continuare a lavorare. Perché, cari signori, oggi il lavoro non esiste e, quando c'è, è precario, insicuro, mal pagato. Avremo un esercito di vecchi che lavorano o sono disoccupati (in cassa integrazione o in mobilità i più fortunati). Lavoratori vecchi, stanchi e rassegnati. State trasformando il lavoro in una pena e spostate sempre in là il giorno della liberazione. Perché, se a voi il lavoro che fate piace e dà soddisfazione, non è così per la maggioranza dei lavoratori.
Chiedete (anzi imponete) sacrifici a chi li ha sempre fatti. Prelevate ricchezza (e, per tanti, il riposo è una ricchezza se non, addirittura, un "lusso") da chi non ce l'ha, mentre i ricchi diventano sempre più ricchi. Ma a lorsignori non si chiede mai nulla. Anzi, si china il capo, si "porta rispetto", si ascolta con il cappello in mano. Si obbedisce con atteggiamento servile.
Lo chiedo a voi, cari signori. È democratico un paese dove un manager come Marchionne viene pagato come e più di trecento lavoratori della Fiat? È giusto un sistema che permette a meno del 10% delle famiglie di possedere quasi il 50% della ricchezza totale del paese (che corrisponde a circa 4mila miliardi di euro)? È normale un paese che permette agli imprenditori di delocalizzare il lavoro e chiudere le proprie fabbriche? È libero un paese che permette una corruzione che costa alla comunità almeno 60 miliardi e un'evasione fiscale che ci ruba tra i 120 e i 150 miliardi di euro ogni anno?
Guardate com'è ridotta l'Italia. Guardate i lavoratori che difendono il lavoro lottando nelle piazze e davanti ai cancelli delle fabbriche che i padroni chiudono. Sappiate che si fa fatica ad arrivare a fine mese con quei pochi denari che chiamate salario. Non chiudete gli occhi davanti a chi muore di lavoro, a chi si ammala, a chi diventa invalido perché la sicurezza è considerata un costo.
Guardate e iniziate a colpire i veri privilegi e non i diritti conquistati dai lavoratori con anni di lotte. E smettetela di far pagare la crisi del capitalismo ai lavoratori e ai pensionati. Abbiate coraggio e fate in maniera che a pagare siano, finalmente, i ricchi. Non è solo un atto di giustizia, è anche un'azione conveniente. Perché i soldi per uscire da una crisi che lorpadroni e lorbanchieri hanno prodotto, vanno cercati là dove sono e non dove è più facile trovarli.
Accedi per inserire un commento
Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.