Let Catalans vote!
Domenica 9 Novembre 2014 alle 09:45 | 0 commenti
Dopo il 9 novembre l'Europa non potrà più far finta di nulla.
Comunque vada a finire questo 9 Novembre per la Catalunya questa domenica segna una svolta epocale: Madrid non potrà più arroccarsi dietro sentenze o cavilli giuridici mentre Barcellona potrà ben dire d'essere trattata come una colonia. Una colonia alla quale si è cercato fino all'ultimo di impedire persino una consultazione popolare che non ha valore legale.
Una specie di grande sondaggio, una consultazione simbolica gestita da volontari, organizzata da associazioni, l'Assemblea Nazionale Catalana e Omnium Cultural, che da più di due anni guidano la mobilitazione popolare catalana e che per il 9 novembre sono riuscite a mobilitare 41.000 volontari che renderanno possibili le operazioni di voto in centri pubblici e privati di 942 comuni sui 947 della Catalunya.
Dobbiamo all'Assemblea Nazionale Catalana e Omnium Cultural le grandi manifestazioni della Diada, la festa nazionale catalana, degli ultimi anni, ma nel successo di queste iniziative molto ha giocato l'atteggiamento ostile di Madrid che è riuscita nell'esito opposto a quello sperato, convincendo la maggioranza dei catalani a fare fronte compatto. Al motto "Catalogna, un nuovo Stato dell'Europa" quest'anno oltre un milione e 800 mila persone hanno formato una enorme "V" lungo 11 Km del centro di Barcellona, una V che sta per vittoria, volontà , votare.
Oggi è arrivato il momento del V di voto per chiedere ai cittadini catalani quale sia la loro volontà : credere, o no, in uno stato catalano e nel caso di una risposta positiva chiedere se questo nuovo stato debba essere indipendente dalla Spagna. Già domenica sera la V sarà quella di vittoria.
Madrid ha fatto di tutto per impedire questa consultazione, bloccando dapprima il referendum formale proposto dal governo catalano e arrivando da ultimo al pronunciamento il 4 novembre scorso della Corte costituzionale spagnola la quale ha sospeso all'unanimità anche la strada della consultazione simbolica, perché strumento non previsto da nessuno degli ordinamenti spagnoli: come a dire che il popolo catalano non ha nessun diritto ad esprimere la propria volontà perché questa opzione non è contemplata dalle leggi dello stato. Impedire l'espressione della volontà significa reprimere la libertà del cittadino e ciò ha fatto inorridire anche i più moderati tra i catalani, che hanno compreso come domenica 9 novembre si giochi una partita importantissima per la democrazia non solo nella penisola iberica ma in tutta Europa.
¡Madrid ens roba! dicono a Barcellona e non occorre troppa fantasia per capire che il furto non riguarda solo quei 16 miliardi di € di residuo fiscale a cui accennavamo all'inizio, ma anche, se non soprattutto, il furto della libertà di pensiero, della cultura e storia catalana. La repressione spagnola è vissuta come un rigurgito di totalitarismo che oggi prende le forme del neocentralismo. Un neocentralismo che spaventa tutti, dai moderati di Artur Mas alla teologa benedettina Teresa Forcade. Un neocentralismo che ha spinto a livello internazionale molti intellettuali, tra i quali Dario Fo e Andrea Camilleri, a sottoscrivere il manifesto "Let Catalans vote", lasciamo votare i catalani. Che si tratti di Mariano Rajoy a Madrid o di Matteo Renzi a Roma, il neocentralismo è una forma reazionaria pericolosissima, che spiana la strada a modelli di totalitarismo sconfitti dalla storia.
Per questo, dopo il 9 novembre l'Europa tutta deve interrogarsi sulle ragioni legittime e democratiche degli Indipendentisti: in Scozia la Gran Bretagna ha dimostrato d'essere uno stato democratico. In Spagna si è democratici fino a quando non si toccano gli interessi dello stato centrale. Solo in Spagna?
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