L'Espresso investiga sui Marzotto
Martedi 27 Novembre 2012 alle 10:15 | 0 commenti
«Si racconta che nei giorni del sequestro, una sciocchezzuola, beni per 65 milioni di euro, il conte Vittorio, figlio di Umberto e Marta, indagato insieme a un'altra manciata di Marzotto, non si sa se nella tenuta in Toscana o in Inghilterra in qualche terra-shire, fosse assai dolente per non aver cacciato abbastanza anatre, lui che non perde mai un colpo (da cacciatore)».
Comincia così un lungo articolo pubblicato ieri sul portale de L'Espresso in cui si approfondiscono fatti e retroscena della grande inchiesta che ha coinvolto i Marzotto Dalle Rose la dinastia imprenditoriale valdagnese finita in una maxi indagine per evasione fiscale coordinata dalla procura di Milano, inchiesta che ha fatto il giro dei media nazionali. Il reportage della testata romana per vero (nella sua versione completa in edicola il 15 novembre, e data di copertina 22 novembre, con un lungo servizio dedicato all'argomento più uno a corredo), non aggiunge granché di nuovo rispetto a quanto emerso al momento del sequestro, ma traccia un affresco ficcante dei legami trasversali della famiglia, delle beghe interne, ai contatti con l'alta società , delle operazioni finanziarie sperticate tra paradisi fiscali alle conoscenze nei salotti finanziari bene, sia italiani che stranieri. Un mix in cui dinasty familiare e movimenti societari vorticosi si sovrappongono e si slegano alla velocità della luce.
E tra le figure di spicco finite sotto la lente de L'Espresso c'è anche uno dei patriarchi della famiglia rimasti ancora vivi. Si tratta di Paolo Marzotto. Il cui nome era finito in un lungo reportage di VicenzaPiù del mese di febbraio in cui si approfondivano le liason politico-economiche della Valle Agno. Un fil rouge che va dall'assessore veneto al turismo Marino Finozzi sino agli imprenditori Silvio Xompero e Franco Masello (il nome dei due è legato alle chiacchierate vicende della Margraf), giù giù fino a Paolo Marzotto appunto. Ma nelle pagine de l'Espresso si fa un altro nome: quello di Ferdinando Businaro che in vallata è considerato il braccio tecnico del defunto Giannino. A Trissino peraltro di Businaro si parla come di una delle menti del piano Koris, finito al centro di una violenta polemica politica innescata dal consigliere comunale diessino Massimo Follesa.
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