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L'economia globale e i suoi maggiordormi... sull'orlo di una crisi di nervi!

Di Citizen Writers Domenica 27 Ottobre 2013 alle 14:22 | 0 commenti

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Luc Thibault, Delegato RSU/USB Greta Alto Vicentino e pubblichiamo - Piaccia o non piaccia un movimento sociale esiste finalmente, anche in Italia. Dopo il 18 e 19, si dovrà fare i conti con esso. Lo dovranno i partiti di regime, lo dovranno i sindacati tricolore, ma di costoro non vale la pena di parlare: anche la Fiom ormai, accettando l'accordo sulle rappresentanze che limita ancor più la già compromessa libertà sindacale, ha gettato la maschera. È solo questione di tempo e la sua residua credibilità sarà dissipata come quella dei vertici di Cgil-Cisl-Uil.

Dovranno farci i conti, loro malgrado, i grillini, la cui funzione di cattura del malcontento generico per toglierlo dalla piazza (quella vera, di classe, e non dei vaffaday) e ricondurlo nel gioco della commedia parlamentare, della protesta interclassista e qualunquista contro la "casta" (ma non certo contro il sistema capitalista) è destinata dopo il 18 e 19 a perdere presa, almeno tra i lavoratori più coscienti: perché, ormai è chiaro, Casaleggio, Grillo e il "cerchio magico" dei 5Stelle hanno perso l´aura antagonista lasciando spuntare le fauci scioviniste e padronali.

Dovranno farci i conti, infine, tutte le sette "rivoluzionarie" (spesso sinceramente rivoluzionarie, ma nondimeno sette) che non lo hanno saputo prevedere, prigioniere di schemi e dogmi appartenenti alle grandi ma trascorse epoche passate, e che hanno continuato ad immaginare un "ripresa di classe" di "pure" tute blu appiattite su schemi e rivendicazioni operaiste. Che non hanno saputo capire le trasformazioni avvenute nel modo di produzione capitalistico e nella sua composizione di classe.

Meravigliosamente vario e complesso ("impuro”!), il movimento sociale proletario del XXI secolo è entrato in scena ponendo sul tavolo le carte di tutti i multiformi problemi che il Moloch capitalista, nella sua cieca corsa verso il baratro, sta ponendo non solo agli "operai", non solo ai lavoratori, ma a tutti i proletari, ai semiproletari, financo agli strati intermedi proletarizzati o in via di proletarizzazione: l'avversione allo scempio dell'ambiente e del territorio (No TAV, No Muos, ecc.), l'avversione alle servitù militari e alla guerra (No Dal Molin, ecc.), il problema della casa, le rivendicazioni dei precari, dei disoccupati, persino delle Partite-Iva, della salute, dei pensionati, e così via. Un fronte potenzialmente in grado di far convergere gli sforzi, i desideri, la volontà di cambiare di quanti soffrono i colpi della crisi capitalistica.

Con vero istinto di classe, i lavoratori calati a Roma per la manifestazione USB del 18 hanno "fatto ponte" rimanendo nella capitale anche il giorno successivo, saldando - al di là delle residue politiche di bottega di organizzazioni, gruppi e leaders - il movimento sindacale e del lavoro a quello dei diritti sociali, dell'acqua, della salute, e molti altri.

E forse la più splendida testimonianza di questa saldatura, e di una nuova fase della lotta di classe, è stata la massiccia presenza, in entrambe le manifestazioni, degli immigrati, finalmente attori del proprio destino, finalmente fianco a fianco con i lavoratori, i giovani e i proletari italiani. E' un risultato storico, preparato da lunghi anni di movimenti timidi e parziali, di solidarietà inizialmente minoritarie, e più recentemente da lotte cruciali come quelle delle cooperative e della logistica.

E´ il momento ormai, per chi ancora non l´avesse inteso, di sostenere la parità incondizionata dei diritti civili e politici degli immigrati. Senza parlare della necessità prioritaria di un fronte contro la Bossi-Fini (senza dimenticare la Turco-Napolitano), Schengen, il reato d’immigrazione, i "centri di identificazione ed espulsione" (CIE), i “centri di accoglienza”, il rimpatrio forzato.

Il modo di produzione capitalistico, basato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, ciclicamente vive la grande contraddizione della crisi dì sovrapproduzione di capitali e di merci che dimostra il fallimento di questo sistema. 

Nel passato, cioè nei precedenti modi di produzione, i lavoratori delle classi subalterne che costituivano il "popolo", pativano la fame per effetto delle carestie e della mancanza di generi alimentari; oggi nel sistema capitalista, la fame è prodotta dalla troppa abbondanza, dalla troppa ricchezza in mano a pochissimi individui. 

Nel capitalismo la sovrabbondanza diventa fonte di miseria perché ostacola la trasformazione dei mezzi di produzione e sussistenza in capitale. Quello che avviene e si ripete ogni anno, quando migliaia di tonnellate di frutta sono distrutte sotto i cingoli dei bulldozer per tenere alti i prezzi è lo stesso processo che avviene per tutte le merci. Quello che dovrebbe essere una benedizione, l’abbondanza, tale da realizzare il paradiso in terra, si trasforma per le classi sottomesse in fonte di miseria. La povertà aumenta in tutte le metropoli imperialiste. 



Povertà in USA 

Secondo un rapporto proveniente dall’Ufficio per il budget del Congresso Usa (Cbo), che analizza temi economici e di bilancio per conto del Campidoglio, la povertà è in continua crescita e le ultime statistiche sono davvero da brividi. Ecco qualche esempio. Su una popolazione di 313,9 milioni gli Stati Uniti d'America vantano un triste primato: 

- Gli americani che vivono grazie ai buoni pasto hanno raggiunto la cifra di 48 milioni. Negli anni '70 erano 1 su 50, oggi sono 1 su 6. 

- I senzatetto nella zona di Washington (zona considerata benestante) sono cresciuti del 23% dal 2008. Il 40% di tutti i disoccupati negli Stati Uniti lo è da almeno sei mesi; un americano su quattro guadagna meno di 10 dollari l'ora, e un lavoratore su quattro ha uno stipendio sotto il livello di povertà. 




Poveri e ricchi in Russia 

Anche nell’ex paese sovietico con una popolazione di 143,5 milioni di abitanti, ogni anno le statistiche evidenziano un divario sempre più grande tra ricchi e poveri. Secondo la ricerca di Wealth-X International riportata da Rossiyskaya Gazeta, la Russia si colloca al secondo posto nella classifica mondiale dei miliardari: oggi ne avrebbe 97 rispetto agli 80 del 2011. Di questi 97 la maggioranza è formata da uomini che complessivamente possiedono beni per 380 miliardi di dollari. 

I diciotto milioni di russi che vivono sotto la soglia della povertà possiedono tutti insieme la stessa cifra, 380 miliardi, ma in questo caso si tratta di rubli e non di dollari (e quindi 12,4 miliardi di dollari). Il salario minimo imposto dal governo al momento è equivalente a 150 dollari il mese, sebbene un costo reale minimo della vita stimato sia di 6.200 rubli il mese, pari a 200 dollari. 



India 

Su una popolazione di 1,237 miliardi, negli otto stati indiani del Nord Ovest vivono in miseria 420 milioni di persone, e in un’India che progredisce come paese capitalista emergente, e che secondo le previsioni sarà la quinta potenza mondiale nel 2015 (lasciandosi dietro addirittura l’Inghilterra) ci sono più poveri che nei 26 Stati più in difficoltà dell’Africa. Nel Sud dell’Asia vive oltre il 50% dei poveri di tutto il mondo (840 milioni), mentre l’Africa ne ospita un quarto (480 milioni). In totale, in 104 Paesi, sono 1,7 miliardi le persone che vivono in miseria. Per far fronte a questa emergenza che genera forti contrasti sociali, il parlamento indiano sta esaminando un piano per verificare la possibilità di attuare programmi d’assistenza attraverso i quali si vorrebbero fornire alimenti per i due terzi della popolazione, cioè circa 800 milioni di persone. 
Questo programma, che costerebbe all’India 24 miliardi di dollari l’anno e che diventerebbe, se il parlamento lo approverà, il più grande programma di assistenza sociale al mondo che uno stato sovrano abbia mai realizzato, si scontra con le multinazionali e gli affaristi che hanno interesse a mantenere nell’indigenza milioni di persone. 
Secondo questo progetto il governo dovrebbe elargire mensilmente 5 chili di grano al mese a 800 milioni di persone. 



Cina 

Anche in questo paese di 1,351 miliardi di abitanti il divario fra ricchi e poveri diventa sembra più grande. Anche se i salari negli ultimi anni sono aumentati, i livelli salariali rimangono bassi e come succede ovunque, gli operai sono costretti a fare parecchi straordinari solo per ottenere un salario dignitoso. 

Secondo fonti giornalistiche nel 2012 ci sono state centinaia di scioperi o conflitti fra aziende e operai, in maggioranza per rivendicazioni salariali che in Cina sono chiamati “incidenti di massa”, sia nel settore manifatturiero che nel settore dei trasporti, e dell'educazione. E questo si scontra con chi ostenta la ricchezza realizzata sulla pelle dei proletari sempre più poveri. 

Per quanto riguarda la vendita di oggetti di lusso (ad esempio le Ferrari) la (Repubblica Popolare Cinese, Hong Kong e Taiwan si confermano il secondo mercato mondiale con il record di 784 vetture consegnate (+4%), di cui quasi 500 nella sola Cina. Indicativo il ritorno alla crescita in doppia cifra (+14,4%) di un mercato storico come il Giappone, dove sono stati consegnati 302 esemplari. 

Nonostante l’aggravarsi della crisi economica mondiale, i ricchi diventano sempre più ricchi. 

Il 2012 è stato l’anno di vendite record: negli USA sono state superate per la prima volta le 2000 consegne, con un aumento del 14,6% (2.058 incluso il Canada). In Gran Bretagna l’aumento è stato del 20,4% (673 vetture), seguita dalla Svizzera (+17,4%, 357), e dalla Germania (+8,2%, 750), che si conferma il mercato più importante nel Vecchio Continente, con gli altri principali Paesi che chiudono in linea con il 2011. 
Nell'area Medio Oriente e Africa prosegue il trend positivo, con un incremento del 4,5%, che fa arrivare a quota 556 il numero di vetture consegnate. 




Povertà in Italia 

Cresce il numero di persone e di famiglie povere anche in Italia. Nel 2012 su una popolazione di 60,92 milioni, gli individui in povertà relativa sono stati 9 milioni e 563mila pari al 15,8% della popolazione (13,6% nel 2011), 4 milioni e 814mila dei quali in povertà assoluta (dati Istat). 

Un rapporto recente della Commissione europea afferma che l’11% degli italiani non dispone di beni di prima necessità, in altre parole non si può scaldare, o non ha la possibilità di mangiare alimenti come la carne. Una percentuale doppia rispetto ad altri paesi dell’Unione Europea – come la Francia o la Germania, anche se il rapporto dice che sul fronte sanitario, nonostante le difficoltà economiche che stiamo attraversando, l’Italia (miracolo) è riuscita a ridurre ancora la mortalità infantile: tra il 2001 ed il 2011 siamo passati da 4,4 a 3,2 decessi per mille nati vivi, e in Europa siamo invece passati in media da 5,7 a 3,9 decessi per mille nativi vivi. 



Tra disoccupati e sfiduciati, più di sei milioni di persone sono a casa. Senza lavoro. Lo rivelano le tabelle Istat sul secondo trimestre 2013, secondo cui ai 3,07 milioni di disoccupati si aggiungono 2,99 milioni di persone che non cercano ma sono disponibili a lavorare (gli scoraggiati sono tra questi), oppure cercano lavoro ma non sono subito disponibili. Nel secondo trimestre 2013 – secondo la tabella sulle ‘forze lavoro potenziali – c’erano 2.899.000 persone tra i 15 e i 74 anni che pur non cercando attivamente lavoro sarebbero state disponibili a lavorare (con una percentuale dell’11,4%, più che tripla rispetto alla media europea pari al 3,6% nel secondo trimestre 2013). A queste si aggiungono circa 99.000 persone che pur cercando non erano disponibili immediatamente a lavorare. Nel primo gruppo, ovvero gli inattivi che non cercano pur essendo disponibili a lavorare, ci sono quasi 1,3 milioni di persone ‘scoraggiate’, ovvero che non si sono attivate nella ricerca di un lavoro pensando di non poter trovare impiego.Trovare un lavoro resta una chimera soprattutto al Sud e tra i giovani: su 3.075.000 disoccupati segnati nel secondo trimestre 2013 quasi la metà sono al Sud (1.458.000) mentre oltre la metà sono giovani (1.538.000 tra i 15 e i 34 anni, 935.000 se si considera la fascia 25-34 anni). Se si guarda alle forze lavoro potenziali il Sud fa la parte del leone con 1.888.000 persone sui 2.998.000 inattivi potenzialmente occupabili. Se si guarda alla fascia dei più giovani sono potenzialmente occupabili nel complesso (ma inattivi) 538.000 persone tra i 15 e i 24 anni e 720.000 tra i 25 e i 34 anni con una grandissima prevalenza di coloro che non cercano pur essendo disponibili a lavorare. L’Istat infine individua nell’area della ‘sotto-occupazione’ nel secondo trimestre 2013 circa 650.000 persone, mentre oltre 2,5 milioni di persone sono occupati con un ‘part time involontario’, in crescita di oltre 200.000 unità rispetto allo stesso periodo del 2012.

I sindacati fanno manovre e contro manovre, sostengono, poi “criticano”, parlano di sciopero generale da anni, ma non fanno nulla. Anzi! Prevedono uno sciopero generale di 4H! Ma chi vogliono continuare a prendere per fessi, dopo aver annunciato neppure quatro settimane fa di essere pronti a mobilitarsi per difendere Letta ed il suo governo? Firmano contratti vergognosi, stipulano accordi con Confindustria per limitare e impedire la liberta sindacale.

Le due giornate del 18 e 19 ottobre sono state un segnale che qualcosa è cambiato.

Come se diceva in francese: Ce n’est qu’un début, continuons le combat!

Leggi tutti gli articoli su: crisi, economia, sindacati, Luc Thibault

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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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