Le competenze dei nostri giovani sono ferme a servire caffè al bar?
Mercoledi 16 Dicembre 2015 alle 18:42 | 4 commenti
La ragazza che ci serve il caffè al bar tutte le mattine in viale Milano parla fluentemente almeno tre lingue. Quattro se contiamo l'inglese, presumendo che abbia una scolarizzazione di base. Ma fa la barista, forse perché è nata straniera, in Senegal, o sono nati stranieri i suoi genitori, e non ha avuto le possibilità che hanno avuto molti di noi. Uno spreco di competenze bello e buono? Un Paese dovrebbe a queste persone offrire gratuitamente l'opportunità di frequentare l'università , e di professionalizzarsi, ad esempio, nel mondo dell'insegnamento.
Chi può insegnare una lingua ai nostri ragazzi meglio di chi la parla dalla nascita, che ha già dovuto fare i conti con l'apprendimento di una lingua nuova, e che (sarebbe bello), è stata formata per acquisire una competenza didattica?
E chi meglio di loro potrà educare i nostri ragazzi a una vera società interculturale, se non chi viene guidato, sostenuto, professionalizzato proprio in funzione di questa intercultura?
Purtroppo, invece, la situazione è molto più grave. Lo Stato italiano non solo non professionalizza chi ha delle buone competenze di base, ma ritiene professionalizzanti titoli che, al contrario, non forniscono le dovute competenze.
Ai vari "concorsoni" capita che persone, magari ultracinquantenni, che non hanno insegnato un giorno della loro vita, d'un tratto si ritrovino in cattedra a educare i nostri ragazzi.
Come pesci fuor d'acqua. O meglio, come sassi lanciati in una piscina, ai quali si chiede di insegnare a nuotare.
Tra un caffè e l'altro.Â
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