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La Via Crucis di Mina Anselmi restituita alla vicentinità

Di Citizen Writers Lunedi 19 Maggio 2014 alle 11:15 | 0 commenti

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Riceviamo da Maurizio Morelli e pubblichiamo - Un pubblico attento e partecipe sino alla commozione ha assistito all’inaugurazione delle 14 tavole della via Crucis (guarda la fotogallery) che l’artista vicentina dipinse tra il 1945 ed il 1947, ma poi per molti anni relegate nella soffitta della parrocchia di Povolaro. Ora sono state meritoriamente riportate alla luce dopo una salutare opera di ripristino, sponsorizzata dalla Confartigianato di Vicenza, a cura della Fondazione Villa Fabris di Thiene.

La cerimonia (foto), presieduta dal direttore del Museo Diocesano mons. Francesco Gasparini che ha tenuto il discorso introduttivo, è stata arricchita dai successivi del prof. Giuliano Menato e della d.ssa Resy Amaglio.

Di seguito la relazione di quest’ultima:

Di fronte a un’opera d’arte a sfondo religioso, quando tale opera ci convince e ne riconosciamo i pregi, è naturale chiederci se quella che è stata definita come “orma del sacro” arricchisce il valore del manufatto artistico.

Certamente no. Il valore di un’artista è indipendente dai contenuti del suo lavoro, come dalle sue intenzioni. Altrimenti non potremmo spiegarci perché ci siano tante brutture decorative all’interno di molte nostre chiese, spesso brutte esse stesse.

Una diversa considerazione va fatta però rispetto al messaggio che l’opera trasmette, sulla base di esigenze legate all’estetica religiosa, la quale vuole “la transizione dello spirituale e del sensibile in ogni stato della coscienza e in ogni tratto dell’esperienza” come afferma Pierangelo Sequeri, teologo.

Spiritualità, coscienza, esperienza.

La Via Crucis di Mina Anselmi è intensamente spirituale.

Io aggiungerei anche, e soprattutto, che è intrisa d’una spiritualità specificamente cristiana e in significativa coerenza con il momento storico in cui è nata, dal 1945 al 1947, in una Vicenza, in un’Europa, coperte di macerie, in un mondo disorientato e sfiancato dalla guerra.

Penso che un’opera d’arte sacra nata in quegli anni da questa parte del mondo non potesse essere che una Via Crucis e che Mina Anselmi ne fosse perfettamente consapevole.

Quello che distingue il racconto evangelico della Passione da ogni altro possibile discorso sulle vittime sacrificali, che troviamo nelle religioni arcaiche e nei miti, è anche, ma non solo, la fede e la religione che ne scaturiscono.

E’ anche, ma non semplicemente, l’innocenza della vittima; è soprattutto il riconoscimento di tale innocenza. Davanti a Pilato, pochi credono all’innocenza di Gesù. Ma alla fine i pochi avranno ragione dei molti, perché la verità sta dalla loro parte. Non la verità di fede, non ancora, ma la verità dell’innocenza di Gesù. Allora, riconoscendolo innocente, la stessa folla che ha scelto Barabba può partecipare della sua innocenza e della sofferenza. Chi crede esce dal mito ed entra nel tempo della fede.

Perché questa nota? Perché anche nel 1945-47, quando molti si chiedevano dov’era Dio nei giorni di Auschwitz o Mauthausen (o Hiroshima), la coscienza del mondo interrogava se stessa sui milioni di vittime innocenti che erano state travolte in un sacrificio atroce e insensato, per crudeltà e follia, e in un modo inaudito, nuovo rispetto a qualunque altro perpetrato dall’uomo nella storia.

Io penso che Mina Amselmi abbia voluto esprimere nella Passione che ora noi stiamo guardando lo specchio paradigmatico di una tragedia che in sé raccoglie ogni sofferenza,  ma insieme anche il racconto della coscienza che riflette sulla verità delle cose. Non solo perché persona di alto rigore morale, ma anche perché colta, che conosceva quanto stava maturando nella storia e nella cultura del suo tempo. E perché artista nel senso pieno della parola.

La sua Via Crucis è un passo più avanti di tutte le Vie Crucis zeppe di citazioni che allora, come pure in seguito, vanno ornando le nostre chiese.

Queste sue 14 tavole, così originali anche per l’irregolarità delle dimensioni, sono costruite come una sacra rappresentazione in 14 scene.

Non ci spaventi l’idea di “teatro”. Se il teatro è finzione, quanto è però veritativa, liberatoria, catartica (Greci).

L’impianto scenico è solenne e essenziale insieme. Sono spazi architettonici di un’antichità uscita dalle misure del tempo, sono paesaggi senza memoria, dove domina, parla, un grande silenzio. Non vi sono eccessi simbolici, né cadute emotive.

Ma guardiamo l’umanità qui raccolta. I gesti sono spontanei, veri, attuali; questa è un’umanità di carne e sangue. E però…guardiamo i volti. Alcuni si mostrano in tutta la loro evidenza ritrattistica. Altri invece appaiono simili a maschere. (N.B: maschera, “persona”). Si direbbe che la pittrice voglia suggerire che soltanto chi non ha maschera riconosce l’innocenza, partecipa del dolore, entra nella verità.

E guardiamo le due figure di spalle davanti alla croce, che si tengono per mano. La comprensione tra vittima e spettatore, non solo affettivamente coinvolto, conduce alla solidarietà e di qui alla speranza.

Abbiamo bisogno, ora più che mai, di una solidarietà globale.

E della speranza. Il credente guarda alla speranza trascendente, certo. Ma “Non si può vivere senza speranza, anche le piccole speranze che sorreggono quotidianamente il nostro cammino”.

Ho citato a braccio le parole di un papa: che non è Papa Bergoglio, però, è Benedetto XVI.


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Commenti degli utenti

Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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