La città delle occasioni perdute
Mercoledi 21 Aprile 2010 alle 23:07 | 0 commenti
La città delle scelte mancate e delle occasioni perdute. Un capoluogo che è tale solo di nome e non di fatto, incapace di imporre la propria leadership e di far fruttare i propri talenti. Questo, in sostanza, è il ritratto di Vicenza tratteggiato dai rappresentanti delle categorie economiche che l'altro giorno hanno lanciato un appello congiunto alle istituzioni politiche. Industriali, artigiani e commercianti chiedono che, visto il momento, d'ora in avanti si lavori tutti insieme per "dare nuove ali a questa città ", per studiarne il rilancio, per creare nuove occasioni di crescita. Con scelte chiare e veloci.
Detta così, è difficile non essere d'accordo. Su molte cose, infatti, gli operatori economici hanno ragione. Ci sono questioni che si trascinano da decenni e su cui non si è ancora arrivati a dire la parola fine. E che Vicenza non sia davvero un capoluogo, lo si vede anche da dettagli marginali: basta fare un giro alla nuova biblioteca di Arzignano, e poi confrontarla con gli spazi angusti in cui è ancora costretta la Bertoliana, per averne un'idea.
Bisogna però intendersi su cosa si intende per crescita e per rilancio, e soprattutto su quali siano le scelte da fare. Le categorie una lista delle priorità l'hanno fatta: il Pat, l'alta velocità , le infrastrutture, il turismo. E il Comune ha risposto prontamente: "Il vostro appello coincide con le priorità di questa amministrazione", ha commentato il sindaco. In effetti, in questi due anni, Palazzo Trissino si è mosso proprio in quella direzione, lavorando alla nuova tangenziale, rimettendosi a discutere di Tav, pianificando il nuovo piano regolatore. Sbloccando, anche, alcune situazioni che parevano incancrenite.
Il rischio, però, è di scivolare in un vicolo cieco, inseguendo la solita nefasta equazione - più infrastrutture, più sviluppo, più soldi per tutti - che ogni giorno che passa mostra sempre più i suoi limiti. Qualche esempio? Se è vero che nel territorio ci sono delle eterne incompiute, è altrettanto vero che negli ultimi dieci anni si è costruito moltissimo. Il nuovo teatro e il nuovo tribunale sono due opere pubbliche come non se ne vedevano da tempo. Sul versante infrastrutturale, è stata fatta la tangenziale sud, e in giro per la provincia sono spuntate ovunque nuove strade e nuove varianti. Per non parlare del proliferare edilizio che ha intasato il territorio. Eppure il risultato è che siamo qui a chiedere nuovo asfalto, nuove infrastrutture, nuove costruzioni.
E allora, se proprio si vuole pensare da grandi, che si provi almeno a farlo in modo nuovo. Perché, al posto della Tav, non si investe la stessa valanga di milioni su un sistema di collegamenti ferroviari tra i centri del territorio che faciliti la vita ai pendolari e tolga auto dalle strade? Perché, se si vuole investire sul turismo, non si punta in modo convinto sulla tutela forte del paesaggio, l'unica cosa che i fautori del libero mercato e dello sviluppo a tutti i costi non sono ancora riusciti a delocalizzare? I turisti viaggiano per trovare angoli di paesaggio integri, mica per ammirare ville palladiane con autostrade e capannoni sullo sfondo. Perché, se si vuole rimettere in moto l'edilizia, non puntare in modo molto più convinto sulla riqualificazione - urbanistica, energetica, ambientale - dell'esistente? In tutta Europa si progettano quartieri e angoli di città a zero emissioni, autosufficienti del punto di vista energetico, senza auto. Qui si continuano a chiedere più parcheggi in centro per lo shopping del sabato, o quasi. Suvvia, un po' di coraggio e di fantasia. Altrimenti l'elenco delle occasioni perdute, tra qualche anno, potrebbe essere ben più lungo e ben più pesante.
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